(Mic, 5,1-4; Sal 79; Eb 10, 5-10; Lc
1,39-48)
Paolo Cugini
1. Natale é alle porte e la liturgia del
tempo di avvento, alla quale stiamo partecipando, ci aiuta a compiere un passo
in piú nella direzione dell’accoglimento del Mistero, che é la venuta del Figlio
di Dio in mezzo a noi. Occorre davvero lasciarsi condurre dalla Parola, per non
correre il rischio di anticipare ancora una volta il Mistero con le nostre
pseudo- conoscenze, le nostre aspettative umane e mondane. Il pericolo é che il
Natale non ci dica nulla di piú di quello che sapevamo giá e che, quindi, la
grandezza del Mistero rimanga fuori dalla porta di casa, lasciando spazio
all’ovvio e al banale che, da queste parti, ce né a pacchi. Per lasciarsi
sconvolgere dal Mistero del Natale, dal Verbo di Dio fatto carne, dal mistero
dell’eternitá entrata nel tempo, dalla Luce che irrompe nelle tenebre, occorre
lasciarsi prendere per mano dalla liturgia di questa quarta domenica di avvento,
per aggiungere quegli elementi necessari, per completare il cammino intrapreso,
alla ricerca di una spiritualitá specifica del tempo di avvento. E cosí
scopriamo che accanto alla gioia, alla spiritualitá dell’attesa, all’esigenza
di mettersi in discussione, come suggeriva la liturgia di domenica scorsa,
divengono necessari altri elementi spirituali. Sfogliamo,allora, le letture di
oggi per cogliere il percorso che la Parola c’intende proporre, per condurci
allla soglia del mistero del Natale pronti a contemplarlo nella sua grandezza.
2. “Ecco
io vengo per fare la tua volontá” (cfr. Eb 10, 5s)
Ci vuole un
cuore veramente puro per giungere ad una disponibilitá cosí incondizionata e
generosa. Per fare la volontá del Signore bisogna aver iniziato il Cammino di
conversione, che é un cammino di disponibilitá al cambiamento, cammino doloroso
perché richiede la capacitá di spogliarsi di se stessi, la disponibilitá a
depositare le proprie ragioni, le prorpie presunzioni, in una parola: la
propria visione del mondo. Il Verbo di Dio si é fatto carne per immettere nelle
nostre carni fredde un pó di calore umano, un pó di amore, di giustizia, un pó
di umanitá. Visitando, in questi giorni, varie comunitá della zona rurale di
Tapiramutá, un mio amico italiano, che si trova qui con me in questo periodo, é
rimasto sconvolto dal contrasto tra la ricchezza e la vastitá della terra
presente nella regione e l’estrema povertá nella quale vive la gente
incontrata. Stringe davvero il cuore passare tra gli assentamenti dei “Senza
terra” e vedere le pessime condizioni igieniche nelle quali vivono intere
famiglie, accampati sotto tendoni improvvisati. E, allora, tutti i giorni mi
chiedo: “Signore, che cosa devo fare? Che cosa significa fare la tua volontá in
mezzo a questa gente?”. Apprendere ad aspettare i tempi del Signore, convidendo
con le persone che incontro la loro vita, le loro sofferenze,cercando di fargli
sentire l’attenzione del Signore per loro attraverso momenti di preghiera e
d’incontri, é tutto quello che riesco a dare. Anche perché ho scoperto che é
inutile parlare con i fazendeiros, la maggior parte dei quali pensano solo a
loro stessi, ai loro interessi, disposti a bruciare anche le tende dei poveri
disperati accampati sul ciglio della strada, pur di togliere di mezzo quello
che considerano un problema e non persone con le quali parlare e discutere.
Basterebbe, invece, un pó di cuore, un pó d’amore, un gesto di condivisione e a
molta gente tornerebbe il sorriso fra le labbra. E invece no, chi piú ha piú
vuole avere, chi piú ha piú diviene cieco nei confronti dei poveri, li
considerano una piaga dell’umanitá, una razza da estirpare. Forse é per questo
che Gesú é nato a Betlemme e non a Gerusalemme (é la prima lettura di oggi)?
Forse con questa indicazione geografica voleva suggerire qualcosa? Fare la Tua volontá, Signore,
significa credere nel Tuo passaggio, nella Tua giustizia: a noi basta
aspettare. L’importante in questa storia é farsi trovare dalla parte giusta nel
momento del Tuo passaggio. E da queste parti non c’é alcun dubbio che la parte
giusta é la parte dei poveri, dei diseredati, dei dimenticati, degli esclusi da
tutto e da tutti: dei Gesú bambino escluso dalle case e costretto a nascere in
una mangiatoia (é il Vangelo che acolteremo nella Vigilia di Natale). Problema:
c’é forse qualche legame tra queste storie parallele?
3. “In
quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta
una cittá di Giuda” (Lc 1,39)
L’esempio di
Maria che si mette in cammino “in fretta” per annunciare la meraviglia di ció
che il Signore ha compiuto nella sua
vita, ci dice qualcosa d’importante per tutto ció che stiamo tentando di
comprendere nel nostro cammino di fede. La Parola accolta con disponibiltá
produce una storia che esige la condivisione. Quando il Signore trova spazio
nella nostra vita, la riempie cosí tanto che no riusciamo a contenerci:
dobbiamo raccontarlo a qualcuno. Una comunitá che accolgie la Parola con quella
semplicitá e disponibiltá che incontriamo in Maria, diventa immediatamente
missionaria, perché la forza del mistero ricevuto é incontenibile. Se, allora,
abbiamo bisogno di dirci e ridirci che la parrocchia de- ve essere missionaria
significa, forse, che sta mancando la semplicitá e la disponibiltá
all’accoglienza alla Parola, cosí com’é, cioé invito ad un cammino di
conversione. Se abbiamo bisogono di dirci quello che la Parola produce per
natura, significa che, questa Parola di salvezza, sta incontrando qualche
resistenza. Tempo di avvento é tempo di verifica sull’essenziale, per giungere
a creare qello spazio necessario alla Parola di generare una vita nuova,
famiglie con uno stile di vita piú umano e fraterno, comunitá i cui rapporti
interpersonali sono guidati dalla caritá, cittá in cui i cristiani si sforzano
di creare condizioni in cui la gustizia e la pace dimorino stabilmente.
4. “E
tu Betlemme di Efrata cosí piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te
mi uscirá colui che dev’essere il dominatore in Israele” (Mic 5,1).
Eccoci allora
giunti al significato del cammino di avvento: portarci ai piedi del Mistero
dell’Incarnazione, per accoglierlo e portarlo in grembo cosí com’é, senza
modifiche, senza volerlo tirare dalla nostra parte, senza volerlo interpretare
con le nostre logiche, le nostre filsofie, le nostre teologie, senza
anticiparlo con le nostre idee bellefatte per lasciarlo germogliare nella
nostra carne, nella nostra storia. Solo cosí potrá nascere. Sei nato a
Betlemme, cosí come era stato predetto: che cosa ci hai voluto dire? Sei nato
nella piccola cittá di Betlemme: perché non a Gerusalemme? Signore, donaci in
questi giorni di portare a frutto il cammino intrapreso in questo tempo di
avvento per ascoltarti e, cosí, poterti seguire dove vuoi Tu.
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