sabato 7 febbraio 2015

DOCILITA'





 IV DOMENNICA DI AVVENTO/C
(Mic, 5,1-4; Sal 79; Eb 10, 5-10; Lc 1,39-48)

Paolo Cugini
1. Natale é alle porte e la liturgia del tempo di avvento, alla quale stiamo partecipando, ci aiuta a compiere un passo in piú nella direzione dell’accoglimento del Mistero, che é la venuta del Figlio di Dio in mezzo a noi. Occorre davvero lasciarsi condurre dalla Parola, per non correre il rischio di anticipare ancora una volta il Mistero con le nostre pseudo- conoscenze, le nostre aspettative umane e mondane. Il pericolo é che il Natale non ci dica nulla di piú di quello che sapevamo giá e che, quindi, la grandezza del Mistero rimanga fuori dalla porta di casa, lasciando spazio all’ovvio e al banale che, da queste parti, ce né a pacchi. Per lasciarsi sconvolgere dal Mistero del Natale, dal Verbo di Dio fatto carne, dal mistero dell’eternitá entrata nel tempo, dalla Luce che irrompe nelle tenebre, occorre lasciarsi prendere per mano dalla liturgia di questa quarta domenica di avvento, per aggiungere quegli elementi necessari, per completare il cammino intrapreso, alla ricerca di una spiritualitá specifica del tempo di avvento. E cosí scopriamo che accanto alla gioia, alla spiritualitá dell’attesa, all’esigenza di mettersi in discussione, come suggeriva la liturgia di domenica scorsa, divengono necessari altri elementi spirituali. Sfogliamo,allora, le letture di oggi per cogliere il percorso che la Parola c’intende proporre, per condurci allla soglia del mistero del Natale pronti a contemplarlo nella sua grandezza.

2. “Ecco io vengo per fare la tua volontá” (cfr. Eb 10, 5s)
Ci vuole un cuore veramente puro per giungere ad una disponibilitá cosí incondizionata e generosa. Per fare la volontá del Signore bisogna aver iniziato il Cammino di conversione, che é un cammino di disponibilitá al cambiamento, cammino doloroso perché richiede la capacitá di spogliarsi di se stessi, la disponibilitá a depositare le proprie ragioni, le prorpie presunzioni, in una parola: la propria visione del mondo. Il Verbo di Dio si é fatto carne per immettere nelle nostre carni fredde un pó di calore umano, un pó di amore, di giustizia, un pó di umanitá. Visitando, in questi giorni, varie comunitá della zona rurale di Tapiramutá, un mio amico italiano, che si trova qui con me in questo periodo, é rimasto sconvolto dal contrasto tra la ricchezza e la vastitá della terra presente nella regione e l’estrema povertá nella quale vive la gente incontrata. Stringe davvero il cuore passare tra gli assentamenti dei “Senza terra” e vedere le pessime condizioni igieniche nelle quali vivono intere famiglie, accampati sotto tendoni improvvisati. E, allora, tutti i giorni mi chiedo: “Signore, che cosa devo fare? Che cosa significa fare la tua volontá in mezzo a questa gente?”. Apprendere ad aspettare i tempi del Signore, convidendo con le persone che incontro la loro vita, le loro sofferenze,cercando di fargli sentire l’attenzione del Signore per loro attraverso momenti di preghiera e d’incontri, é tutto quello che riesco a dare. Anche perché ho scoperto che é inutile parlare con i fazendeiros, la maggior parte dei quali pensano solo a loro stessi, ai loro interessi, disposti a bruciare anche le tende dei poveri disperati accampati sul ciglio della strada, pur di togliere di mezzo quello che considerano un problema e non persone con le quali parlare e discutere. Basterebbe, invece, un pó di cuore, un pó d’amore, un gesto di condivisione e a molta gente tornerebbe il sorriso fra le labbra. E invece no, chi piú ha piú vuole avere, chi piú ha piú diviene cieco nei confronti dei poveri, li considerano una piaga dell’umanitá, una razza da estirpare. Forse é per questo che Gesú é nato a Betlemme e non a Gerusalemme (é la prima lettura di oggi)? Forse con questa indicazione geografica voleva suggerire qualcosa? Fare la Tua volontá, Signore, significa credere nel Tuo passaggio, nella Tua giustizia: a noi basta aspettare. L’importante in questa storia é farsi trovare dalla parte giusta nel momento del Tuo passaggio. E da queste parti non c’é alcun dubbio che la parte giusta é la parte dei poveri, dei diseredati, dei dimenticati, degli esclusi da tutto e da tutti: dei Gesú bambino escluso dalle case e costretto a nascere in una mangiatoia (é il Vangelo che acolteremo nella Vigilia di Natale). Problema: c’é forse qualche legame tra queste storie parallele?

3. “In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una cittá di Giuda” (Lc 1,39)
L’esempio di Maria che si mette in cammino “in fretta” per annunciare la meraviglia di ció che il Signore  ha compiuto nella sua vita, ci dice qualcosa d’importante per tutto ció che stiamo tentando di comprendere nel nostro cammino di fede. La Parola accolta con disponibiltá produce una storia che esige la condivisione. Quando il Signore trova spazio nella nostra vita, la riempie cosí tanto che no riusciamo a contenerci: dobbiamo raccontarlo a qualcuno. Una comunitá che accolgie la Parola con quella semplicitá e disponibiltá che incontriamo in Maria, diventa immediatamente missionaria, perché la forza del mistero ricevuto é incontenibile. Se, allora, abbiamo bisogno di dirci e ridirci che la parrocchia de- ve essere missionaria significa, forse, che sta mancando la semplicitá e la disponibiltá all’accoglienza alla Parola, cosí com’é, cioé invito ad un cammino di conversione. Se abbiamo bisogono di dirci quello che la Parola produce per natura, significa che, questa Parola di salvezza, sta incontrando qualche resistenza. Tempo di avvento é tempo di verifica sull’essenziale, per giungere a creare qello spazio necessario alla Parola di generare una vita nuova, famiglie con uno stile di vita piú umano e fraterno, comunitá i cui rapporti interpersonali sono guidati dalla caritá, cittá in cui i cristiani si sforzano di creare condizioni in cui la gustizia e la pace dimorino stabilmente.

4.E tu Betlemme di Efrata cosí piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirá colui che dev’essere il dominatore in Israele” (Mic 5,1).
Eccoci allora giunti al significato del cammino di avvento: portarci ai piedi del Mistero dell’Incarnazione, per accoglierlo e portarlo in grembo cosí com’é, senza modifiche, senza volerlo tirare dalla nostra parte, senza volerlo interpretare con le nostre logiche, le nostre filsofie, le nostre teologie, senza anticiparlo con le nostre idee bellefatte per lasciarlo germogliare nella nostra carne, nella nostra storia. Solo cosí potrá nascere. Sei nato a Betlemme, cosí come era stato predetto: che cosa ci hai voluto dire? Sei nato nella piccola cittá di Betlemme: perché non a Gerusalemme? Signore, donaci in questi giorni di portare a frutto il cammino intrapreso in questo tempo di avvento per ascoltarti e, cosí, poterti seguire dove vuoi Tu.


Nessun commento:

Posta un commento