Se non mangiate la carne
del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò
nell'ultimo giorno (Gv 6, 53-54).
C’è
in queste parole di Gesù quello che potremmo chiamare un realismo simbolico. Si
tratta infatti, veramente di mangiare e bere, ma va interpretato. Mangiare e
bere nel senso di assimilare e assumere, di masticare, ruminare. È un realismo
che colpisce, ma che rivela la verità del cammino di fede. Senza alimentarci quotidianamente
del Signore, moriamo, l’anima si rattrappisce e le nostre scelte si conformano alla
logica del mondo: questo è il problema.
Mangiare
e bene rimandano alla dimensione biologica dell’esistenza, che è sorretta da
ritmi quotidiani. Solo la relazione costante con Lui, l’ascolto attento e
quotidiano del Vangelo può permettere il formarsi in noi della mentalità del
Regno di Dio, regno di pace, di amore e di giustizia.
È
il realismo della vita che è, allo stesso tempo, il realismo dell’amore: non si
sviluppa se non è coltivato quotidianamente.
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