DOMENICA DI PASQUA/B
(At
10, 34a. 37-43; Col 3,1-4; Gv 20,1-9)
Paolo Cugini
La
settimana santa, con le sue liturgie cariche di ricordi significativi degli
ultimi momenti cruciali della vita di Gesù, ci devono aver aperto il cuore e la
mente alla novità che il Signore porta con la sua resurrezione. Passiamo,
infatti, dal piano della storia al piano della fede. Non a caso nella prima lettura
Pietro ci avverte che Gesù è apparso dopo la sua resurrezione solamente “a
noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua resurrezione dai morti”
(At 10, 41). E’, dunque, ai discepoli e alle discepole, che Gesù appare dopo la
sua resurrezione e non a tutto il popolo, come faceva quando era in vita. È un’indicazione,
a mio avviso, importante, perché rivela che per entrare nel mistero della
resurrezione di Gesù occorre venire da un cammino, mosso dal desiderio di
conoscere il Signore, che ci aiuta a compiere delle scelte, che ci orientano
decisamente verso di Lui. È come se Gesù, in un certo senso, ci volesse separare,
isolarci, per incontrarci. Questa nuova presenza di Gesù nella storia esige un
tipo di conoscenza nuova, che ci permette di percepire la sua presenza
cogliendo degli indizi, interpretando delle assenze, che dicono di un passaggio,
una presenza, uno stile, un modo di essere.
In
questo cammino di percezione del risorto ci offre alcuni spunti significativi
il Vangelo di oggi. Qual è il significato di quel correre da parte di Maria di
Magdala, di Pietro e del discepolo che Gesù amava? La prima scena della
resurrezione narrata da Giovanni è caratterizzata da una ricerca in un luogo in
cui Gesù non può essere e che, in seguito, genera una serie di movimenti veloci,
di corsa. C’è una ricerca e un movimento rapido, che rivela un profondo
sentimento di amore dei discepoli e delle discepole nei confronti di Gesù,
rivela la profondità dei legami che in poco tempo Gesù era risuscito ad instaurare
con coloro che lo seguivano. Quella di Gesù era una presenza che riempiva, che
dava senso alle cose, ai gesti, alle scelte. L’esperienza del gruppo di
discepoli e discepole è caratterizzata da un contatto quotidiano con Gesù, da
gesti quotidiani, dal condividere tutto con Lui ogni giorno. Questo dice molto
sul significato della comunità cristiana, che non può essere relegato a qualche
rito settimanale o a qualche evento durante l’anno. C’è un’umanità che dev’essere
coinvolta, ci sono contatti umani quotidiani, che dicono della verità di un
cammino di fede. La mancanza di Gesù genera in coloro che avevano vissuto con
lui, un senso profondo di smarrimento, disperazione e quindi lo cercano e la
percezione che il suo corpo non è lì dove uno sguardo umano si immaginava che
fosse, genera il panico, un annuncio: “Hanno portato via il Signore dal
sepolcro” (Gv 20, 2), che tradotto significa: “non si può cercare tra i
morti colui che è vivo” (cfr. Lc 24,5). D’ora innanzi la ricerca di Gesù,
lo stare con Lui, dovrà essere impostata in modo diverso e dovrà basarsi su di
una modalità nuova di relazione.
Nella
seconda parte del Vangelo di oggi colpisce il fatto che Pietro e Giovanni
vedono le stesse cose, ma solo di Giovanni si dice che: “vide e credette”
(Gv 20,8). C’è un vedere, dunque, che non provoca la fede nel risorto e un
vedere che, invece, apre gli occhi sulla presenza nuova di Gesù. Dalle
narrazioni dei vangeli si percepiscono dei tratti delle personalità e delle
intenzioni dei discepoli. Così, se Pietro probabilmente seguiva Gesù per quello
che poteva rappresentare nel processo di liberazione del popolo d’Israele dalla
presenza dei romani, Giovanni, da parte sua, era affascinato dalla personalità
di Gesù e sentiva verso di lui un affetto fraterno, al punto da essere attento
ai minimi dettagli. Per questo, entrando nel sepolcro vuoto e vedendo “i
teli posati là e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i
teli, ma avvolto in un luogo a parte” (Gv 20, 6-7), Pietro non “vede” nulla
di particolare, mentre Giovanni capisce che quel modo di mettere i teli e il
sudario era tipico di Gesù e, quindi, riconosce i segni della sua presenza, del
suo passaggio.
La
Pasqua di Gesù ci dice che la conoscenza di Lui passa attraverso dei dettagli, degli
indizi che possono essere riconosciuti solamente da coloro che dedicano tempo a
Lui, che stanno volentieri con il Signore, che amano ascoltare la sua Parola perché
è proprio lì il primo indizio della sua presenza misteriosa: “non avevano
ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti” (Gv
20,9). Volgiamo incontrare il risorto? Iniziamo a leggere la Scrittura!