V
DOMENICA DI PASQUA
At
6, 1-7; Sal 32; 1 Pt 2,4-9; Gv 14,1-12
Nel
tempo di Pasqua la liturgia ci permette di ascoltare alcune pagine del libro
degli Atti degli Apostoli, che riportano la narrazione dei primi inizi della
comunità cristiana. Mentre ascoltiamo questi brani, veniamo messi a contatto con
le scelte che i discepoli hanno dovuto affrontare una volta trovatisi da soli a
continuare l’opera del Maestro. Non è stato facile capire in che modo aiutare i
neofiti ad abbracciare il nuovo cammino, soprattutto quelli di provenienza
ebraica. Secoli di storia non si cancellano in poco tempo, soprattutto quando
si tratta di religione, di costumi, riti settimanali. Inoltre, problemi nuovi
insorsero da un’esperienza nuova com’era quella delle comunità cristiane, che
presentavano nuovi problemi che nessuno aveva mai visto e sperimentato e che
esigevano risposte nuove, evangeliche. Come hanno fatto i primi cristiani ad
affrontare in modo nuovo la vita? Che scelte hanno operato?
Non
è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense (At
6,1s). La prima lettura ci aiuta a rispondere alla domanda che ci siamo posti.
Infatti, il brano degli Atti degli Apostoli narra di un problema sorto nella
prima comunità. Si tratta di un problema concreto, molto reale, che esigeva
delle risposte chiare e immediate. Ci sono delle persone, nella prima comunità
che si sentono discriminate. Sono le donne di provenienza greca che percepiscono dei favoritismi che la comunità sta facendo nei confronti delle
donne di provenienza ebraica. Si tratta, dunque, di un tema
significativo, che riguarda la giustizia, il senso di carità. Gli apostoli sono
invitati a intervenire. La scelta che loro faranno è determinante per il
cammino della comunità a venire. Loro percepiscono che se vogliono
continuare lo stile di Gesù non possono staccarsi dal contatto con la sua
parola. Del resto, è stato proprio quello che Gesù ha detto loro prima di
morire. Nel Vangelo di Giovanni nel contesto dell'ultima cena Gesù rivolgendosi
ai suoi discepoli ripete diverse volte la stessa frase: rimanete in me
(Gv 15,12). Ecco perché dinnanzi al problema sopraesposto i discepoli non hanno
esitazione ad affermare che il punto di partenza di ogni scelta della comunità,
anche le più difficili come quelle che stavano affrontando, non poteva fare a
meno dell'ascolto della parola del Signore. Inoltre, percepiscono in questa
circostanza la loro stessa chiamata, la loro identità che è data dalla fedeltà
all'insegnamento del maestro contenuto nel Vangelo. Anche se il problema da
affrontare è delicato come quello di servire alla mensa, ai poveri, una
questione di carità, che nell'insegnamento del maestro è centrale, i
discepoli capiscono che il loro mandato è l'aderenza al Vangelo, che la
comunità per potere continuare sullo spirito di Gesù deve sempre fare
riferimento alla sua parola, al suo insegnamento. Per questo, nella comunità ci
devono sempre essere persone la cui priorità è l'ascolto del Vangelo,
l'approfondimento e lo studio della parola di Gesù, Affinché le scelte che
vengono fatte nella comunità siano sempre conformi all'insegnamento del Signore.
la
pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d'angolo e sasso
d'inciampo, pietra di scandalo (1 Pt 2,7). La prima
lettera di Pietro, ascoltata nella seconda lettura di oggi, ci ricorda un altro
criterio importante ispirato dal messaggio di Gesù, che la comunità deve
cogliere per guidare le proprie scelte. Si tratta di comprendere che la
comunità che segue l'esempio del Signore non cerca il successo, l'affermazione
sul mondo, in altre parole la gloria degli uomini. “Se hanno odiato me
odieranno anche voi” (Gv 15,8). È questo che dice Gesù ai suoi discepoli nel
contesto dell’ultima cena, allertandoli che ciò a cui andranno in contro
seguendo il suo cammino, sarà un contrasto aperto con quel mondo costruito sull’egoismo, che
no accetta la condivisone, la giustizia, l’attenzione agli ultimi. La comunità
cristiana si pone in alternativa alle logiche del mondo, ai dinamismi di
sopraffazione e di violenza, alle logiche di ingiustizia che creano un
mondo disuguale in cui i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più
ricchi. La comunità che si riconosce nella proposta di Gesù e che accoglie
il suo spirito deve prepararsi a vivere nella tensione, ad essere una pietra di
scarto, che alla distanza, però, diventa pietra d'angolo, fondamento di un
mondo nuovo, di un modo di stare al mondo che realizza Il Vangelo di Gesù.
“Chi
ha visto me ha visto il Padre (Gv 14,). Gesù ci ha
mostrato il Padre, ce lo ha rivelato nei suoi gesti nelle sue parole. Ci ha
fatto capire che il Padre non sta nei cieli, distante, nella sua presunta
onnipotenza, ma lo possiamo vedere quando lava i piedi ai suoi discepoli, quando
cura i lebbrosi, oppure quando dà da mangiare agli affamati. Tutto questo è
scandaloso, e provoca resistenze, tensioni, scandali. È difficile rinunciare
alla propria visione delle cose, soprattutto quando si tratta di religione, di
modi di intendere le tradizioni, i culti. In ogni modo, quando la comunità
riproduce questi gesti di Gesù, diviene pietra di scandalo, novità assoluta e
il mondo può vedere il Padre e credere in Lui.
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