giovedì 12 gennaio 2023

VIII DOMENICA TEMPO COMUNE B

 




(Os 2,16.17b.21-22; Sal 102; 2 Cor 3,1b-6; Mc 2,18-22)

 

 

La presenza di Gesù nella storia offre un modo nuovo di pensare Dio e la religione, un modo nuovo di vivere nel tempo e nella storia degli uomini e delle donne. Se prima di Gesù prevaleva un discorso religioso segnato in modo negativo dal timore di un Dio terribile, signore degli eserciti, che mandava sterminare intere popolazioni, il Mistero manifestato da Gesù si offre in modo non violento e accogliente. Leggendo le pagine del Vangelo ci si rende conto di come secoli del messaggio del Dio violento abbiano lasciato il segno nelle coscienze, radicando in questo modo il messaggio di una religione che, prima di essere messaggio d’amore e di pace, è l’annuncio del Dio onnipotente e onnisciente, dove le creature vivono sottomesse e terrorizzate. Eppure, i profeti avevano intuito che le cose non erano proprio così come la classe sacerdotale sosteneva. C’è qualcosa di nuovo nel messaggio profetico che vale la pena ascoltare, anche perché apre la strada alla novità della proposta di Gesù.

 la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.  Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. Ti farò mia sposa per sempre (Os 2,16s).

C’è una storia che con l’andar del tempo viene interpretata in modo nuovo dai profeti. Sia Geremia, infatti, che Osea, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, interpretano il cammino del popolo d’Israele nel deserto vero la terra promessa, come il periodo del fidanzamento di Dio con il suo popolo. In questa interpretazione, la violenza lascia spazio all’amore, la sottomissione forzata, alla logica delle relazioni sponsali. Osea invita il popolo a percepirsi in modo nuovo, a considerare la propria storia in un’ottica nuova, non più segnata dal senso di colpa, ma da una relazione sponsale, nella quale i vincoli non sono più dettati da interessi di parte, ma dalla gratuità dell’amore. Chi muove tutto, infatti, è l’attrazione amorosa, il desiderio che rende unico il partner, al punto da sigillare con lui un patto eterno: ti farò mia sposa per sempre. Sono contenuti, quelli offerti dal profeta Osea, che conducono il discorso religioso su di un piano totalmente diverso da quello vissuto dal popolo d’Israele, invitato, dunque, ad uscire dalla logica del timore, che mantiene le persone in uno stato infantile, di sudditanza, per vivere il Mistero di Dio nella logica dell’amore, che apre il cuore alla speranza e alla possibilità di un cammino di collaborazione.

Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si pèrdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi (Mc 2,21-22).

Tra il modello religioso del secondo Tempio, caratterizzato da un reticolo di leggi proteso a controllare il rapporto con Dio e la proposta di libertà di Gesù c’è un rapporto di radicale idiosincrasia. Tra la religione del precetto, gestita da una classe sacerdotale che controlla l’ortodossia del culto e, soprattutto, la libertà dei fedeli e la proposta di una relazione diretta con il Mistero, segnata dall’amore e dalla percezione di essere figlie e figli la distanza è insormontabile. Per questo Gesù afferma che è impossibile cucire insieme questi due progetti religiosi: sono troppo diversi. Per accogliere il vino nuovo di Gesù, il Vangelo che rende liberi, è necessario abbandonare gli otri vecchi della religione dei precetti e delle norme, che non permettono agli individui di crescere, di diventare adulti e persone libere capaci di pensare con la propria coscienza. Non è possibile, dunque, tenere i piedi in due staffe, ma occorre scegliere, mettersi in un cammino di sequela, che esige l’abbandono delle logiche infantili della religione dei precetti. C’è un mondo di relazioni nuove da costruire, comunità libere dalla paura di disobbedire ai precetti, che mettono al centro del loro cammino le persone più deboli, i poveri, gli esclusi. Il vestito vecchio non può essere che abbandonato, perché ha ormai logorato la relazione con il Mistero ed è, dunque, incapace di permettere di vestire l’abito nuovo, quello della gioia, che indica una relazione sponsale. Uscire dalla religione triste, che rende le persone aride e dure, per immettersi con coraggio nel cammino di libertà che Gesù propone. Sembra semplice, ma in realtà, secoli di schiavitù religiosa hanno modellato negativamente le coscienze al punto da rendere difficile la rottura con il modello passato identificato, nonostante tutto, come il modello religioso che veicola il Dio in cui crediamo.

La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini (2 Cor 3,2).

Che cosa può cambiare il nostro cuore e muoverci a favore del messaggio di Gesù? A volte può essere una comunità che vive lo spirito di uguaglianza e di libertà proposta dal Vangelo. È quello che dice Paolo a proposito della comunità di Corinto. Il loro stile di vita evangelico rappresenta una lettera chiarissima e trasparente della novità di Gesù, che permette a chi la incontra di comprendere la bellezza della novità del Vangelo. È questo il più grande augurio che possiamo farci: essere una lettera di Dio per l’umanità, affinché il mondo creda.


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