XXIX DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Lc 18,1-8
Paolo
Cugini
Il
vangelo di oggi si presenta con il tema della preghiera anche se poi, durante
la narrazione viene affrontato il tema della giustizia. Il tema della preghiera
appare con il tema dell’insistenza. In ogni modo, vale la pena accompagnare la
narrazione di Luca per entrare in uno dei temi centrali del Nuovo Testamento
che è, appunto, la giustizia. Possiamo affermare che il termine giustizia ha
due sensi nel NT: il primo è tipicamente anticotestamentario, ed equivale a
riconoscere l’uomo giusto, cioè innocente, senza colpa, mentre il secondo, più
propriamente neotestamentario, indica che il colpevole è restituito
all’innocenza che non aveva più o non ha mai avuto. Entra in campo la dottrina
della ‘giustificazione’.
In
una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno.
In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi
giustizia contro il mio avversario”.
Nella
parabola raccontata da Gesù la protagonista è una vedova che invoca giustizia. La
predicazione di Gesù si caratterizza per l’annuncio del Regno di Dio, che è una
società alternativa che Gesù ha manifestato anche con uno stile di vita semplice,
condiviso con i suoi discepoli e discepole. Questa società alternativa è ben visibile
nelle parole del Magnificat pronunciate da Maria:
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote (Lc 1, 51-53).
C’è
una presa di posizione decisa e definitiva di Dio nei confronti dei poveri, di
tutte le persone che hanno subito ingiustizia. La giustizia manifestata da Gesù
nell’annuncio del Regno consiste nel ristabilire l’armonia iniziale al momento
della creazione. In questa prospettiva, ogni ingiustizia è uno sgarbo nei
confronti del progetto di giustizia di Dio. I poveri sono il segno di ogni forma
d’ingiustizia e, non a caso, nel Regno di Dio, saranno loro a giudicare tutti
quanti.
E
Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso
di lui? Li farà forse aspettare a lungo?
È
questo il messaggio centrale del Vangelo di oggi: la certezza definitiva della
giustizia di Dio portata dal suo Figlio Gesù. Dio è un padre che ascolta la
preghiera dei poveri, do coloro che hanno subito ingiustizie. Gesù è la Parola definitiva
del padre che pone fine ad ogni forma d’ingiustizia e ristabilisce la giustizia
inziale. Non a caso la protagonista del brano è una vedova che, nel contesto
sociale del tempo, è annoverata tra le classi più povere. La preghiera
insistente dice della fiducia nel progetto di Dio di ristabilire la giustizia e
di garantirla assolutamente a coloro che la richiedono.
Ma il Figlio dell’uomo,
quando verrà, troverà la fede sulla terra?
Sappiamo
già che la risposta è negativa. Infatti, se la fede significa la risposta
positiva dei discepoli e delle discepole che hanno aderito alla collaborazione
della costruzione del Regno di Dio, Regno di giustizia e di pace, che comporta
la rottura radicale con ogni forma di usurpazione, ingiustizia e, dunque, della
presenza di distanza con il progetto ingiusto della religione del tempio,
allora Luca annota che i discepoli non sono stati fedeli. Alla fine del suo
Vangelo, troviamo i discepoli che hanno ripreso a frequentare il tempio e a
sottostare alla Legge mosaica. Non si può stare con i piedi in due staffe: è
questo uno degli insegnamenti centrali di Gesù. La radicalità evangelica esige
la rottura con tutte le forme di oppressione dei più poveri, comprese, dunque, anche le
strutture religiose.
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