ESERCIZI SPIRITUALI PRESBITERI DIOCESI DI REGGIO EMILIA-GUASTALLA
MAROLA 6-10 NOVEMBRE 2017
MONS. LUCIANO MONARI
Sintesi: Paolo Cugini
PRIMA
MEDITAZIONE
Il
senso della nostra vita è poter annunciare le meraviglie del Signore. Lasciare
che le opere del Signore ci entrino dentro.
Gv
3,16: Dio ha tanto amato il mondo da
donare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia ma abbia
la vita eterna.
Dio
nei confronti di questo mondo si è rivelato come sorgente di Luce e di
salvezza. Il mondo, l’umanità intera, lasciato a se stesso è destinato alla
morte. Se Dio non interviene questo modo decade in un destino inevitabile di
morte. Giovanni non ha un quadro tragico della condizione del mondo come Paolo
alla lettera ai Romani. L’uomo per Paolo, pensato senza il riferimento alla
salvezza di Dio, chiuso in se stesso è spiritualmente schizofrenico, perché
conosce il bene e il desiderio di realizzarlo, ma in concreto l’uomo compie il
male. L’uomo sperimenta una lacerazione dentro se stesso. Giovanni Battista
presenta Gesù come colui che toglie il peccato del mondo, sembra un peccato che
racchiuda tutta l’esistenza del mondo, che sembra essere dentro una situazione
di schiavitù. L’uomo è dentro l’ira di Dio e per sua natura sarebbe condannato
alla morte se non ci fosse un intervento di Dio. Cfr. Gv 5,24: chi ascolta la mia Parola passa dalla morte
alla vita. Tutto il mondo giace nel potere del maligno
1
Gv 2: tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza… Viene dal mondo. La
condizione del mondo è una condizione di condanna a morte.
Però
Dio ha tanto amato il mondo. Invece di essere in un giudizio di condanna a
motivo del suo peccato, il mondo è sotto un giudizio di amore che conduce alla
vita. L’atto di amore si sviluppa in una decisione a favore della vita
dell’altro. L’amore di Dio per il mondo: Dio dice che è bene che il mondo
esista e prende posizione a favore della sua esistenza. Ciò è visibile sin
dalla creazione del mondo. Dio disse: sia la luce e la luce fu. Questo atto di
volontà è accompagnato da un giudizio di valore: era cosa buona. Questo
significato è presente anche dentro la storia dell’uomo. Il diluvio non è
l’ultima parola di Dio, ma provvisoria. Infatti, Dio promette di non maledire
più il suolo e aggiunge una benedizione che riguarda Noè e i suoi figli.
Voglio
che l’uomo viva. E’ un giudizio che si trova anche nella storia d’Israele. C’è
un atto di amore efficace. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
unigenito. C’è un punto culminante dell’amore di Dio. La creazione parla
dell’amore di Dio, ma non ha una sua libertà e un suo cuore e quindi non può
dire tutto dell’amore di Dio. Ciò vale anche per l’uomo. Però l’amore dell’uomo
è ambiguo, perché è mescolato con situazioni di rifiuto dell’altro. L’amore di
Dio nel suo Figlio unigenito è il culmine della creazione. Il dono di Dio è il
dono che Gesù fa di se stesso nella croce, è il compimento definitivo e
completo. Quando l’amore arriva a donare la vita, l’amore è totale, perché non
rimane più nulla. Quando la vita si dona sino alla morte diviene un gesto
rivelatore. E’ l’amore definitivo, che rimane per sempre e non può essere
cancellato dall’uomo. Nel dono di Dio ci sta la vita eterna, cioè che non
finisce. Risponde alla condizione dell’uomo, che è una condizione di mortalità.
Anche il mondo è destinato a morire. E’ a questa condizione che Dio risponde
con il suo amore. La resurrezione di Gesù risponde di questo amore. Gesù è
fatto di carne e ossa come noi. Nella resurrezione un pezzetto di mondo entra
nella vita di Dio. La nostra condizione è una condizione mortale. Cfr. Eb.: il
diavolo si serve della paura della morte per rendere l’uomo schiavo per tutta
la vita. L’uomo che entra in questo mondo non è sicuro di nulla. Il futuro esce
dal controllo dell’uomo e questa situazione pesa. La vecchiaia è un inizio
della morte, fa percepire il senso della morte. E così anche la malattia. La
paura ce la portiamo dietro e anche l’uomo di oggi si porta con sé le paure. Il
diavolo, dice la lettera agli Ebrei, si serve di questa paura. L’uomo dominato
da questa paura si aggrappa al mondo, alle sicurezze che il mondo offre.
L’idolatria del mondo nasce così. L’uomo s’illude di trovare nel mondo la risposta
il suo bisogno di vita. La promessa di vita eterna permette di superare la
paura della morte.
Gv
3,14: chiunque crede
in Lui abbia la vita eterna. Il deserto è l’immagine del tempo intermedio
tra un’esperienza di salvezza e una speranza di salvezza da raggiungere. Nel
deserto Israele deve credere che Dio porterà a compimento la sua opera di
salvezza, nonostante un presente pieno di disagi, fatto di sete, fame, nemici:
tutte esperienze di limite. Israele deve dimostrare che non si abbatte davanti
ai limiti. Israele ad un certo punto comincia a dubitare, a rimpiangere
l’Egitto, dove la vita anche se era da schiavi era più sicura, ci si poteva
adattare. Israele nutre il desiderio di fuggire dalla salvezza di Dio, che è
grande, ma è molto impegnativa. Vivere in pienezza la vita è un coinvolgimento
di tutti i pensieri e azioni. Mosè fa un serpente di bronzo, il cui scopo è
quello di sciogliere l’incanto d’Israele, che vede solo il mondo e il deserto
con i suoi pericoli e non riesce a sollevare lo sguardo verso Dio. Camminare
nel deserto non da avvilito: ci riusciamo quando guardiamo al Signore, quando
alziamo lo sguardo. Vedere nel crocefisso l’amore di Dio: solo così possiamo
vivere nel mondo da persone libere. Vincere le seduzioni della vita: questo è
il dono di Dio. Nella croce il male è trasformato in amore e obbedienza. C’è
nella storia umana un luogo di trasfigurazione della storia, un luogo in cui il
male può essere trasformato e vinto.
Sacrificio d’Isacco Gen 22.
Abramo è chiamato a sacrificare il figlio dal quale deve avere una discendenza.
Isacco non è un figlio sostituibile perché è il figlio della promessa. Abramo
deve credere in Dio contro ogni speranza, facendo quello che Dio gli sta
chiedendo ma che gli impedisce ogni speranza. Dovrebbe credere nella risurrezione
di Isacco. Abramo deve credere in Dio anche quando appare incoerente con se
stesso. L’uccisione nella croce appare disumano. Dio crede nell’uomo anche
quando l’uomo è disumano. Si tratta di credere nell’amore di Dio, che vuole
dire anche amare il mondo. La fede nell’amore di Dio significa che all’origine
del mondo c’è il giudizio dell’amore di Dio. Occorre uscire da sentimenti da
delusione o di risentimento e tristezza. Spesso passiamo attraverso momenti di
tristezza. Può venire la tentazione di una critica amara. Possibilità di amare
tutto in Dio, di amare Dio nella creazione e anche nella nostra storia,
riconoscendo nella nostra storia la riconciliazione di Dio. Non significa
guardare il mondo con occhi ingenui. La gravità del male è fuori discussione
perché genera la morte. Però esiste la croce di Cristo che trasforma la morte
in amore. La croce ci permette di amare il mondo.
Obiettivo:
vedere la mia realtà e farla diventare oggetto di amore. Perché Dio in Cristo
ha amato questa realtà concreta.
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