giovedì 9 novembre 2017

LE DIECI VERGINI


Paolo Cugini


Siamo alla fine dell’anno liturgico e le pagine di Vangelo che ascoltiamo ci spronano ad una verifica del nostro cammino di fede.

Le dieci vergini sono una metafora del Regno dei cieli, e cioè dicono qualcosa del nostro cammino di sequela dietro al Signore che stiamo realizzando qui sulla terra. Regno dei cieli, che non è la Chiesa, se no Gesù avrebbe detto proprio quella Parola. Gesù ha detto Regno dei cieli, che fa riferimento a quel progetto di vita visibile nello stile di Gesù, nelle sue scelte e nei suoi gesti. Regno dei cieli, allora, significa ampiezza di vedute, volontà di salvare tutti, capacità di vedere in ogni uomo e in ogni donna un fratello e una sorella da amare. Vuole dire anche fame e set di giustizia, desiderio immenso affinché non vi siano discriminazioni e che ogni persona possa percepirsi come amata dal Signore. Regno dei cieli è ben visibile in Gesù, nel suo dare la vita per gli altri, nel morire per i suoi amici. Ebbene nella nostra vita di fede ci sono giorni in cui questo desiderio di vita piene è molto forte, e altri che quasi scompare. Per questo, a mio avviso, non bisogna separare le cinque sagge dalle cinque stolte, perché l’immagine, la somiglianza le tiene insieme. E vuole dire che, nonostante tutti gli sforzi, il nostro cammino rimane segnato da un po’ di stoltezza, da quell’egoismo che è la radice di tutti i mali e che è dentro di noi e ne condiziona il cammino. Allo stesso tempo, però, c’è una parte sana, quella parte che desidera continuamente aprirsi al Signore, fare spazio a Lui e alla sua Parola, che crede che sia Lui la fonte della vita e che la Sua Parola sia la porta per entrare nel suo Regno.

Proviamo ad interpretare, allora, la parabola per tentare di coglierne in profondità il messaggio. Chi sono queste dieci vergini e a che cosa si riferiscono? Lo dice la stessa parabola, vale a dire siamo in un contesto di nozze. Era così che veniva immaginato e profetizzato l’avvento del Regno di Dio e del suo messia: come un banchetto di nozze di grasse vivande e di vini eccellenti (cfr. Is 24). Siamo, allora, in un contesto biblico di aspettative messianiche, dove il Signore, lo sposo è già in mezzo a noi nella notte della nostra vita e si aspetta che lo attendiamo e accogliamo. Come fare a camminare nella notte della vita per andargli incontro? Ci sono le lampade, che come sappiamo simbolizzano la Parola di Dio che, come dice il Salmo: Lampada per i miei passi è la tua Parola, Signore. Il testo enfatizza il fatto che non basta avere la lampada in mano, vale a dire, non basta ascoltare la sua Parola, avere la Bibbia sul comodino: occorre osservarla e metterla in pratica. E’ proprio questo che Gesù nel Vangelo di Matteo diceva a chiusura del discorso delle beatitudine: “Non chiunque mi dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7, 21). La stessa idea è visibile nella narrazione della Vocazione di Pietro narrata dall’Evangelista Luca, in cui Pietro sollecitato dal Signore a gettare le reti, fa esattamente quello che il Signore gli chiede nonostante avesse pescato tutta la notte. “E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci” (Lc 5, 6). E’ perché fa quello che il Signore gli chiede che Pietro vede il Signore e la sua gloria. E, allora, se la lampada della Parola ci viene donata da Dio, l’olio della pratica dobbiamo mettercelo noi.


La Verità contenuta nella Parola che rivela il senso del cammino della nostra vita, lo scopriamo non imparando a memoria i versetti, ma vivendo quello che ascoltiamo. Sembra semplice, ma non è proprio così facile. Siamo, infatti, continuamente disturbati dalle tante parole che ascoltiamo e, soprattutto, sedotti dalle proposte delle parole del mondo, che colpiscono l’immediatezza dei nostri sensi, che lentamente lasciamo in secondo piano la Parola di Dio. Ci appare con l’andare del tempo qualcosa che riguarda il passato, che non ha più nulla da dire di vero alla nostra storia presente e ci lasciamo così lentamente riempire dal vuoto delle parole del mondo, che però non soddisfano mai completamente i desideri. Abbiamo continuamente bisogno di soddisfare i nostri desideri con ciò che il mondo ci propone. La Parola di Dio, invece, esige pazienza e, in un certo senso cresce con noi perché rispetta i ritmi della nostra vita. Non solo ci mostra il cammino e soddisfa una volta per tutte la fame dei nostri desideri, ma ci fa diventare sorgente di vita in modo tale da avere parole di vita per le persone che abbiamo attorno a noi. E’ questo che ci ricorda il Vangelo di Giovanni: “Se qualcuno ha sete venga a me e beva chi crede in me. Come dice la scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo grembo” (Gv 7,37-38). 

2 commenti:

  1. Mi conforta il fatto che tutte si addormentino.
    La nostra fatica, la nostra debolezza, che è di tutti, e nessuno si deve vergognare o affliggere di questa debolezza. La differenza è nei momenti nei quali siamo svegli, nei momenti di grazia se ne approfittiamo per cumulare olio, se mettiamo in pratica le Beatitudini, se testimoniamo il Vangelo. In questo modo riempire o di olio le nostre lampade in modo da essere pronti.

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  2. Mettiamo l'olio della pratica in piccoli vasi e facciamone scorta
    Grazie don Paolo per questa meditazione

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