DON CARLO PAGLIARI
RONCINA 22 MARZO 2018
Sintesi: Paolo Cugini
I quattro canti del Servo sono stati
determinanti delle comunità cristiane della prima ora. Comprendere la Pasqua
non è stata una passeggiata per i primi cristiani. Gesù è morto da solo.
Umanamente parlando la vita di Gesù è un solenne fallimento, perché con le sue
scelte e con le sue parole non è stato capito. Proprio i dodici lo hanno
lasciato nel momento più decisivo. Le stesse folle prima lo osannano, poi lo
tradiscono. La Pasqua è il riconoscimento che la croce non è un fallimento, una
sconfitta, ma una vittoria. La resurrezione è il riconoscimento che Dio ha
innalzato il crocefisso. Capire questo non è facile, perché occorre passare per
la morte, il fallimento. Il libro più citato dll’AT nel NT? E’ il libro dei
salmi, perché è il libro che utilizzavano nella preghiera. E’ leggendo la
Scrittura che la croce non è stata una sconfitta.
E’ impressionante la somiglianza del
IV canto del Servo e quello che è accaduto a Gesù.
“Ecco il mio Servo avrà successo…” Ci sono qui i verbi che il NT
utilizza per parlare della resurrezione, che è un innalzamento, è uno stare in
piedi, ristabilito, glorificato. Con un doppio senso perché l’innalzamento
vuole dire un vantaggio. Nel Vangelo di Marco l’unica professione di Fede la
farà un centurione romano e pagano sotto la croce, un uomo che non aveva
conosciuto Gesù. E’ sulla croce che si apre la strada del Regno: oggi sarai con
me in paradiso (cfr. Lc 22).
“Molti si stupirono di lui, tanto era
sfigurato il suo aspetto”. E’ una morte che serve per la salvezza di
tutti. E’ accaduto qualcosa di sconvolgente. Qualcosa che non è affascinante.
Gesù ha vissuto due condanne a morte, perché la flagellazione per i romani era
una condanna a morte. I cristiani prima di disegnare la croce ci mettono tre
secoli. Il salmo dice: è il più bello tra i figli dell’uomo. Pilato dice: Ecce
homo. Questo è il paradosso. Dov’è questa bellezza? E’ una bellezza che non
seduce. Non è uno che ti compra con l’apparente bellezza, con il suo fascino. Non
è un manipolatore. Si tratta di cogliere la bellezza che appare se la cerchi in
profondità e la percepisci dalla profondità delle sue scelte. E’ la bellezza di
colui che non cede dinnanzi al male. Gesù ti mostra il costo dell’amore: è
questa la vera bellezza che ti converte.
La croce è il nostro specchio.
Quell’uomo sfigurato è la mia immagine ferita dal peccato. Tutto il male del
mondo è rappresentato dai personaggi che circondano Gesù in quelle ore in cui scaricano
su di lui quello che loro non vogliono vedere. Il crocefisso è quello che
avviene nel peccato dell’uomo. L’innocente Gesù si fa carico dei peccati del
mondo. Gesù sceglie la mitezza perché sia chiara la violenza che è su di lui.
L’uomo sfigurato è il servo del Signore che diventa specchio della mia
bruttezza. Eppure, quell’uomo sfigurato, è anche specchio dell’amore paziente e
profondo del Dio che è capace di portare il peso degli alti. La croce è la
narrazione di come è profondo l’amore di Dio. Gesù è la spugna contro il quale
puoi scaricare la tua rabbia e ricevere perdono.
Dio non è assetato di sangue, ma la
salvezza è conoscere il volto di Dio e il mio. Il Servo si fa carico di questa
missione di liberazione. La mitezza, e il saper stare con forza in quella
posizione sarà liberazione della violenza del mondo.
La realtà cambia nel momento in cui
riconosciamo i nostri peccati. In tutti i Vangeli Pietro non ha vergogna di
dire quello che ha fatto a Gesù, perché è un perdonato. Geremia dirà: quando
saranno perdonati i vostri peccati conoscerete Dio.
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