(Nm
6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21)
Paolo Cugini
Iniziare l’anno nel nome di Maria. È
un’indicazione che andrebbe presa sul serio, soprattutto considerando la
situazione sociale in cui viviamo, in cui aumentano in modo esponenziale il
numero di femminicidi, segno di una cultura patriarcale che non smette di
riprodurre una misoginia che non dà tregua. Alcune teologhe italiane come
Selene Zorzi e Cristina Simonelli, ci ricordano spesso nei loro interventi, che
la situazione sociale in cui viveva Maria non era certamente favorevole alle
donne. Pensare alla Maria reale e non quella idealizzata spesso divinizzata da
una certa devozione distorta, potrebbe aiutarci a rivedere il nostro modo di
relazionarci con le donne anche dentro la comunità cristiana. Nonostante,
infatti, Gesù ci abbia mostrato la possibilità di creare comunità di discepoli
e discepole uguali, l’atavica tentazione maschile di sentirsi superiore e di
creare dinamismi di disuguaglianza e di potere è sempre alle porte. Invocare
Maria, in questa prospettiva, potrebbe aiutarci a proci in quell’atteggiamento
d’ascolto che ci potrebbe permettere di cogliere segni nuovi dell’universo
femminile, così deturpato dalla cultura machista e, in questo modo, poter
intraprendere cammini nuovi di uguaglianza da porre dentro la comunità.
Il
Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace (Nm 6,26).
È
anche di pace che abbiamo bisogno in un mondo divenuto sempre più violento. Ce
lo ricorda anche il Papa ogni anno proprio in questo giorno dichiarato Giornata
Mondiale della pace. Iniziare l’anno nel segno della pace, nel proposito di
seminare pace e di divenire noi stessi strumenti di pace è un grande regalo che
possiamo fare a noi stessi e alle persone che ci sono vicine. Portare pace con
il metodo che ci ha insegnato Gesù, non distruggendo il nemico, ma attirando
l’odio su di noi (cfr. Ef 2,14), per distruggere i conflitti con l’amore (cfr.
Rom 12,21) Parole profonde che richiedono una spiritualità non indifferente,
una forza interiore capace di dominare l’istinto di vendetta, di farsi
giustizia con le proprie mani. È sempre nella comunità cristiana che abbiamo la
possibilità di sperimentare lo stile nuovo inaugurato da Gesù con i suoi
discepoli e le sue discepole, quel modo di stare al mondo fatto di attenzione e
di cura dell’altro, che crea relazioni autentiche capaci di modellare
un’umanità nuova, segno della pace di Dio in noi e in mezzo a noi.
quando
venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto
la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo
l’adozione a figli (Gal 4,4-5).
La
doppia nascita di Gesù, espressa in questi versetti di Paolo e ancor meglio in
Rom 1,3-4 ci ricordano un dato significativo da prendere como ulteriore augurio
all’inizio di quest’anno. Paolo, infatti, ci ricorda che con l’incarnazione del
Verbo siamo invitati a vedere la divinità attraverso l’umanità di Gesù. Sono i
gesti umani di Gesù, il suo modo di relazionarsi con le persone, la sua
attenzione ai poveri, l’accoglienza alle donne in una cultura patriarcale, il
suo modo di accogliere e abbracciare gli esclusi della società, come i
lebbrosi: sono questi spazi umani che ci permettono d’ora innanzi d’incontrare
dio. Iniziare l’anno con questa presa di coscienza evangelica, ci permetterebbe
di entrare nelle nostre liturgie con occhi e attenzioni diversi. Probabilmente
smetteremmo di concentrarci sui detriti pagani del sacro – pontificali, pizzi,
candelabri, turiboli, ecc.- per concentrarci su ciò che può renderci più umani.
Del resto, se ci pensiamo bene, Gesù venendo al mondo in quel modo strano narrato
anche dal Vangelo di oggi, ci ha allertato che d’ora innanzi non abbiamo più
bisogno di cercarlo tra le stelle, perché è venuto in mezzo a noi. In questo
modo, non abbiamo nemmeno bisogno di offrire chissà quali sacrifici per
ottenere i suoi favori, perché attraverso il suo Figlio Gesù, si è donato
gratuitamente ad ognuno di noi.
[i
pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il
bambino, adagiato nella mangiatoia (Lc 2,16).
È
un cammino di ascolto e attenzione che siamo invitati a compiere all’inizio
dell’anno. Cammino che dovrebbe condurci ad una mentalità nuova, un pensiero
nuovo o, come ci ricorda san Paolo, ad avere il pensiero di Cristo (1 Cor 2,
16). Di che pensiero si tratta? Il pensiero del dono gratuità di sé, che non
esige particolari meriti, ma solamente la disponibilità ad accoglierlo, Non a
caso nel brano di oggi, sono i pastori che si dirigono alla mangiatoia per
incontrare Gesù. Cammino di ascolto che dovrebbe condurci ad un atteggiamento
umile nei confronti del Mistero, per abbassare l’arroganza delle nostre
argomentazioni e, così, fare spazio alla verità del Mistero che si è fatto
carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.
Nessun commento:
Posta un commento