XIX
DOMENICA TEMPO ORDINARIO
1
Re 19,9a.11-13a; Sal 84; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33
Paolo
Cugini
Mentre
stiamo accompagnando il cammino che Gesù compie dal Nord al Sud, da Nazaret a
Gerusalemme, diventa sempre più chiara e, allo stesso tempo, imbarazzante l’incomprensione
dei discepoli nei confronti della proposta della sua proposta. In fin dei conti
i discepoli, anche con tutta la loro buona volontà, erano portatori dell’ideale
messianica coltivata all’interno della tradizione ebraica, vale a dire, un
messia potente, che sarebbe venuto con il suo esercito per distruggere i
nemici. Gesù, al contrario, si presenta come portatore di pace, incarnando le
profezie messianiche di Isaia, che annunciava l’avvento di un mondo senza
violenza: “non impareranno più l’arte della guerra” (Is 2,4). Vediamo il
brano di oggi.
Gesù
costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva. Versetto
strano ma molto rivelativo. Perché Gesù deve costringere i suoi discepoli a
salire sulla barca? La risposta più immediata è: perché non ci volevano andare.
Qui si pone, allora, un problema: perché i discepoli non volevano andare con
Gesù sull’altra riva? Che cosa c’è sull’altra riva? Ci sono i pagani e i
discepoli, non ne vogliono sapere di ascoltare l’annuncio di un amore
universale, di una misericordia infinita anche per loro. Il messaggio di Gesù è
sconvolgente e, prima di tutto, ha sconvolto gli uditori del suo tempo e, tra
questi, gli stessi discepoli. Erano, infatti abituati ad ascoltare parole di
odio contro i nemici, e invece Gesù li invita ad amarli e a pregare per loro. Gesù
sta annunciando un Dio totalmente diverso da quello a cui erano abituati non
solo i discepoli, ma tutto il popolo. Quella di Gesù è una novità così grande
che crea resistenze, rifiuto, polemiche a non finire.
Congedata
la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne
stava lassù, da solo. C’è molta solitudine nella vita di
Gesù, frutto dell’incomprensione di chi lo segue. L’annuncio del Vangelo,
quando è autentico, crea questo tipo di situazione esistenziale. È proprio in
questi momenti difficili, che troviamo Gesù in preghiera. Se volgiamo imparare
a pregare come Gesù pregava, dobbiamo guardare a questi momenti. La preghiera
di Gesù non è fatta di ripetizione di parole, di formule, di richieste
personali. C’è molto silenzio attorno alla sua preghiera, silenzio che dice di
ascolto profondo e prolungato del Padre. Senza dubbio, esiste una preghiera
comunitaria, che ha un suo valore intrinseco. La stessa preghiera comunitaria,
però perde molto del suo significato se non è accompagnata da una preparazione,
da prolungati momenti di preghiera personale, con quello stile che Gesù ha
insegnato nel Vangelo.
La
barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il
vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro
camminando sul mare. Chi cammina sulle acque, nella tradizione
ebraica, è solamente uno: Dio. Le acque del mare sono il simbolo dell’ignoto, ma
anche della morte, perché sotto le acque vivono i predatori, ma anche quei
pesci che, come il Leviathan o l’ippopotamo, possono distruggere l’uomo. Chi
può, allora, camminare tranquillamente sopra le acque senza farsi sommergere
dalla paura? In questo versetto c’è una profonda indicazione della vita
spirituale che è tale, quando ci permette di affrontare i problemi più drammatici
della vita senza perdere la calma e l’equilibrio. In questo, si manifesta la
divinità di Gesù: è la sua umanità che contiene dei tratti divini, che sono
alla nostra portata, perché Gesù ha assunto la nostra stessa natura umana e l’ha
redenta.
Vedendolo camminare sul mare, i discepoli
furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito
Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». I discepoli
non riescono a vedere in Gesù la presenza di Dio. Sono accecati dall’idea del Dio
veterotestamentario, il Dio potente e glorioso, il Signore degli eserciti, per
usare un’espressione di Isaia e, per questo, hanno paura, proprio perché il Dio
dell’antica alleanza fa paura. Dinnanzi al Dio manifestato da Gesù non c’è più
da aver paura, perché è il vero Dio, il Dio misericordioso, che è venuto a
portare l’amore per tutti e tutte, che ci accoglie e s’inginocchia davanti a
noi per lavarci i piedi. Sono le nostre idee che ci tengono lontano da Dio,
quelle idee assimilate nell’infanzia e mai approfondite, soprattutto, mai
verificate seriamente alla luce del Vangelo. Il cammino che Gesù ci invita a
compiere, esige la disponibilità a cambiare idea, a lasciarsi trasformare per
fare spazio all’amore del Padre che viene in noi per farci sentire il suo amore
e aiutarci a riscoprire la nostra natura di figli e figlie.
Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». I discepoli che hanno assistito all’evento prodigioso arrivano ad una solenne professione di fede. Per come sono andate le cose sappiamo che, il loro cambiamento di prospettiva avverrà solo dopo la resurrezione di Gesù. La conversione, il cambiamento di mentalità è un processo lento che esige pazienza e attenzione agli eventi. Solo il Signore della storia e della vita ci può aiutare in questo cammino: rimaniamo fedeli al Vangelo che, come dice san Paolo, è il cammino della nostra salvezza (cfr. Ef 1, 13).
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