venerdì 14 aprile 2023

OMELIA DOMENICA 16 APRILE 2023

 



II DOMENICA DI PASQUA

At 2,42-47; Sal 117; 1 Pt 1, 3-9; Gv 20, 19-31

 

 Paolo Cugini

 

Siamo entrati nel tempo di Pasqua, un tempo liturgico ricco di prospettive nuove e di proposte dal grande impatto sulla vita delle comunità cristiane. C’è una novità nuova che orienta le scelte, una vita che resiste alle dinamiche del tempo e che si offre come dono gratuito per la nostra esistenza. C’è una luce che la resurrezione di Gesù fa brillare dentro alla storia e che orienta tutti coloro che sono alla ricerca di un modo nuovo di vivere. La Resurrezione di Gesù dice della bontà delle sue parole, della verità della sua proposta. Ascoltiamo, allora, le letture di questa domenica chiedendoci: dove possiamo incontrare i segni del risorto per riconoscerlo e seguirlo?

Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere (At 2,42). È nella comunità cristiana che dovremmo incontrare i tratti della presenza del risorto nella storia. Comunità cristiana non significa solo la comunità che celebra la liturgia, ma lo stile di vita di coloro che la frequentano, che si cibano del copro di Cristo e che ascoltano la sua parola. Come Giovanni ha riconosciuto la presenza del risorto vedendo i panni che avevano accolto il corpo morto di Gesù, così il mondo dovrebbe poter riconoscere la presenza del Signore risorto dai tratti caratteristici dell’umanità di Gesù nel modo di vivere della comunità. Vivere ciò che si ascolta e ciò che si riceve è fondamentale. C’è uno stile nuovo, un’attenzione mai vista prima nei confronti dei diseredati di questo mondo, che rivela la presenza del risorto. Quando la comunità propone cammini di condivisione, percorsi di giustizia e di uguaglianza, sentieri di perdono e di pace significa che nelle persone che vivono in questo modo c’è lo Spirito del Signore risorto. Per vivere come Lui e manifestare al mondo la sua presenza occorre aderire a Lui, rimanere nel suo Nome, perseverare. Nel Vangelo di Giovanni il verbo rimanere ricorre molte volte, soprattutto nei capitoli 15 e 16, che riportano le parole di Gesù dette ai discepoli nel contesto dell’ultima cena. È la parola di Gesù che contiene e, allo stesso tempo, rivela quel cammino nuovo che Lui stesso ha percorso e che comunica a coloro che lo cercano. L’aderenza a Lui, alla sua Parola è fondamentale per permettere al suo Spirito di modellarci, di formare in noi i tratti della sua umanità.

Per una speranza viva, per un'eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell'ultimo tempo (1 Pt 1,4). Questo cammino nuovo è possibile perché nel cuore della comunità c’è una speranza viva, che non è fantasia, ma una speranza che rimanda alla realtà narrata dai testimoni che hanno incontrato il risorto. La fede in Gesù e la fiducia nella sua proposta di vita nuova è possibile quando la comunità fa spazio alla speranza. Quelle di Pietro sono parole dette in un contesto in cui la comunità viveva un periodo di grande persecuzione e, di conseguenza, era facile cadere nella disperazione. Ebbene, Pietro rincuora i membri della comunità ricordando loro che la speranza sulla quale hanno impostato le loro vite non è vana, non frutto di illusioni e fantasie, ma  è un'eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce.

Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore (Gv 20, 20). Le tre letture proposte oggi sono caratterizzate da un grande realismo, da una profonda concretezza. Questo aspetto deve farci riflettere. Solitamente, infatti, i cristiani sono tacciati di essere persone credulone, che credono alle favole e, per questo motivo, molte persone non si sentono attratte dalla proposta del Vangelo. Spesso le comunità cristiane coltivano delle tradizioni religiose che non hanno molto a che fare con il realismo espresso dai vangeli, tradizioni espressioni più di sentimentalismo religioso sorto in epoche caratterizzato da una grande ignoranza della parola di Dio. Fa specie, allora, il modo di presentarsi di Gesù risorto ai suoi discepoli. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. È un corpo che manifesta la presenza del risorto nella storia. Un corpo che dice di una storia, racconta uno stile di vita che ha provocato il mondo circostante, perché non ha mai taciuto le ingiustizie dei signori del tempio. Un corpo che ha condiviso amore con i suoi amici e le sue amiche. Un corpo che ha amato tanto, fino alla fine e non si è tirato indietro nemmeno dinanzi ai colpi duri della flagellazione, alla morte umiliante in croce. Ecco perché Gesù ai suoi discepoli mostra le mani e il fianco. Quel corpo che ha amato in modo incredibile non è stato vinto dalla morte, ma è vivo e diventa il fondamento della vita della comunità. Alla stesso modo, anche la comunità cristiana non ha solo delle belle celebrazioni e dei pontificali da offrire al mondo, ma deve poter mostrare un corpo che porta i segni del conflitto con il mondo. Sono proprio questi segni che rendono visibile e, allo stesso tempo credibile, la presenza del Signore risorto. Solo così potremo dire: perché cercate tra i morti colui che è vivo!


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