venerdì 27 agosto 2021

SIATE CIO' CHE RICEVETE E VIVETE CIO' CHE DIVENTATE

 


Matrimonio di Debora e Antonio

Regina Pacis (RE) sabato 28 agosto 2021


(Ct 2,8-10.14.16a; 8,6-7°; Sal 138; 2 Cor 3,18; 7, 21.24-29)


C’è un detto rabbinico che afferma che, quando Dio creò l’uomo e la donna, camminava con loro nel giardino dell’Eden. Poi, quando vide che Eva mangiò il frutto dall’albero che Lui aveva proibito di mangiare, si ritirò nel primo cielo. In seguito, dopo che Caino uccise Abele, Dio si ritirò al secondo cielo. Anche la storia di Babele provocò la tristezza di Dio, che si ritirò nel terzo cielo. E così, di cielo in cielo, Dio arrivò all’ultimo cielo, il settimo, disgustato dal comportamento degli uomini e delle donne che, invece di partecipare alla felicità del creato, si erano messi a rivaleggiare gli uni con gli altri, sino al punto di disprezzare Dio. Però, dopo un certo tempo, Dio guardandosi intorno vide che la situazione di solitudine in cui si era venuto a trovare non era buona e, così, decise di tornare sulla terra. Non tornò, però, a mani vuote, ma con un regalo che spiegasse il senso dello stare al mondo, che contenesse il significato di quello che pensava quando creò l’uomo e la donna. E fu così che Dio consegnò all’umanità quel libretto che poi finì tra i libri della Bibbia: il Cantico dei Cantici.

Mi è sempre piaciuta questa storiella, sin dalla prima volta che l’ho ascoltata, perché contiene un messaggio molto profondo e vero. Se il Cantico dei Cantici è il dono di Dio ad un’umanità che si è persa nell’egoismo e nelle dinamiche di violenza e di rivalità, significa che dobbiamo imparare ad apprezzare il dono grande dell’amore e considerarlo la fonte di un’esistenza felice. C’è, comunque una sorpresa nella sorpresa in questa narrazione rabbinica ed è questa. La storia d’amore che ascoltiamo nel Cantico dei Cantici è narrata da una donna. Questo è un dato interessante sul quale vale la pena soffermarci. In una cultura patriarcale com’era quella ebraica (e com'è ancora la nostra!) in cui le narrazioni erano sempre al maschile e la storia narrata nella Bibbia è al maschile, si trova questo librettino, che vuole rivelare il senso della storia e della creazione così come Dio l’ha pensata, ed è al femminile. C’è uno sguardo sulla relazione che è diverso rispetto quello che troviamo solitamente. Abbiamo sempre e solo lo sguardo maschile, che è uno sguardo di possesso sulla donna. Qui troviamo qualcosa di nuovo, perché è uno sguardo che indica un cammino, che prende l’ascoltatore per mano per condurlo verso un senso profondo dell’amore. È Ravasi, infatti, che nel suo poderoso studio sul Cantico dei Cantici fa notare che più del 65% delle 1200 parole del Cantico sono pronunciate dalla donna, l’amata. È una storia d’amore che non va subito al dunque, che non arriva in modo immediato a pronunciare dei contenuti apodittici, ma che si perde in dettagli. Troviamo, infatti, la descrizione minuziosa del corpo dell’amato e dell’amata: Vengono narrati gli spasimi, gli ammiccamenti, le corse per le strade di Gerusalemme. Tutto questo per dire cosa? Qual è il messaggio?

Secondo Ravasi ci sono tre livelli di lettura che rappresentano il percorso che la donna e l’uomo sono invitati a compiere non solo una volta, ma continuamente. C’è il livello sessuale, che troviamo nella descrizione minuziosa dei corpi, che è importante, perché il corpo rivela l’identità, l’immagine di Dio di una persona. Discorso importante perché ci toglie dal rischio di spiritualizzare il discorso sull’amore, entrando a volte, come si osserva in alcune proposte di comunità cristiane, in cammini manichei, dove il corpo viene disprezzato e la sessualità bistrattata, sintomo di un platonismo di ritorno, che ha poco a che fare con il messaggio cristiano. Poi, c’è un secondo livello di lettura presente nel cantico, che è l’erotismo, simbolo della creatività, dell’arte, sentimento, passione, delicatezza, tenerezza. Questo secondo livello ci dice che anche il piacere sessuale fa parte del piano di Dio e va valorizzato. Terzo livello è l’amore in cui c’è la donazione reciproca, che richiede una scelta libera. L’amore, come espressione suprema significa in una dimensione di coppia, la consapevolezza di non poter più vivere senza l’altro, non tanto perché l’altro mi completa, come solitamente si dice, ma perché l’altro mi fa vivere, mi apre spazi inauditi di realizzazione, di vita. Questa è la lezione che dobbiamo prendere: mettere insieme i tre livelli.

Lo sguardo femminile sull’amore dice parole profonde, inusitate: mettimi come sigillo sul tuo cuore. Sigillo: era la carta d’identità. La donna dice: io sono la tua carta d’identità. I due devono sentirsi l’un l’altro non per completarsi, ma per esistere. L’amore dice che lui, lei è l’unico, l’unica, è parte della vita. C’è la percezione che proviene dal cuore, che senza lui, lei, la vita non è più la stessa. Per questo il matrimonio: per unire per sempre ciò che viene percepito come tale.

Che cosa dice ancora lo sguardo femminile della donna sul tema dell’amore che vale la pena sottolineare in un giorno così importante per voi? forte come la morte è l’amore. Dice che la morte è forte, è una realtà incontrovertibile, ma anche l’amore non scherza. La morte in una relazione s’insinua a volte con il tradimento, con la superficialità della vita che congela la relazione, la rende fredda, senza slanci. Ebbene, lo sguardo femminile sull’amore dice che anche nelle situazioni di morte che possono sconvolgere la vita di coppia, l’amore è quella realtà che può riportare vita. Del resto, sono situazioni già viste, già narrate nella Bibbia. È infatti, l’amore di Rut che rinuncia a farsi una nuova vita per essere fedele a Noemi, che era rimasta vedova e senza figli, che gli permetterà d’incontrare Booz, che s’innamorerà di lei e il loro figlio sarà il padre di Davide. È ancora l’amore di Giuditta, il cui amore per Dio gli permette di vedere cammini di vita, proprio là dove il Popolo d’Israele non vedeva più nulla. E infatti, l’intelligenza alimentata dall’amore, gli permette di elaborare una strategia tale che sconfiggerà il nemico. L’amore che è più forte della morte è quello che ha nel cuore Maria di Magdala, che non crede all’evidenza della morte di Gesù e va sulla tomba a piangere, perché lo sente vivo, perché l’amore non accetta la morte del partner, e lo vede vivo grazie all’amore che aveva dentro per Lui, lo ritrova in una forma nuova, risorto, trasfigurato L’amore è una fiamma di Dio nel cuore, è il principio trasformatore della realtà, che ci permette di sperare contro ogni disperazione e di vedere vita là dove il senso comune vede morte.

Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica…

Non è l’invito ad un’obbedienza cieca nei confronti di un codice, di una dottrina: è un’altra cosa. Il riferimento all’obbedienza infatti, è il contenuto del discorso della montagna, che è il messaggio centrale di Gesù, della sua proposta. “Beati i miti, i misericordiosi, i costruttori di pace” E poi ancora: “siete luce del mondo, sale della terra”. Si capisce molto bene ascoltando il messaggio di Gesù che l’obbedienza richiesta è, in realtà, l’invito a verificare ogni giorno ogni scelta affinché tutto sia risposta alla proposta del Signore. La casa sulla roccia, è allora, il frutto di un cammino condiviso, che prende sul serio il dono dell’amore ricevuto e, prima d’immetterlo nei protocolli esistenti e d’innescare il pilota automatico della brava famiglia cristiana, accettate di viverlo ogni giorno, affrontando le sorprese, le novità che l’amore comporta, mettendo gli sbagli che possono avvenire, davanti al Signore, il cui Spirito, come ci ricorda san Paolo nella seconda lettura, trasforma tutto in amore. C’è un principio di vita vera, di vita eterna che Cristo con la sua morte e resurrezione ha impresso nella storia e nei cuori dei credenti, principio di vita che trasforma tutto in amore, tutte le situazioni negative in positive, perché tutto dev’essere trasformato in Cristo. Non fate l’errore che purtroppo tanti commettono anche in buona fede, di vivere il proprio amore unico e irripetibile, come tutti fanno, pensando che la cosa giusta sia fare come fanno tutti. In questo modo viene disperso il senso di un progetto originalissimo che Dio ha voluto dare all’umanità.

 

Vivere il dono ricevuto significa porre attenzione al cammino che questo comporta, che modifica le nostre proiezioni che, a contatto con la realtà, che a volte è dura, molto dura, esigono la disponibilità al cambiamento. Vivete, allora, quello che siete e che ora ricevete nel sacramento. Siate ciò che ricevete e vivete ciò che diventate. 

LA VERA RELIGIONE

 


DOMENICA XXII/B






(Dt 4,1-2.6-8; Sal 14; Gc 1,17-18.21b-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23)

 

Paolo Cugini

 

      L’uomo e la donna cercano la religione per dare un senso alla vita, perché, cammin facendo, ci si accorge che la vita non ha senso quando è basata solamente sulle cose materiali. Abbiamo bisogno di significati che vanno al di là dei dati sensibili, che orientino l’esistenza dandole sapore, un significato profondo. Ebbene, la religione solitamente offre questi contenuti che aiutano l’umanità a camminare con la mente aperta e rivolta al cielo. Non basta, comunque, seguire una religione per sentirsi apposto, per avere un senso alla vita. È questo che sembra dirci Gesù nel Vangelo di oggi. Ci sono dei cammini che vengono spacciati come realtà che vengono da Dio e, invece, non si tratta altro che esigenze umane. Se da un lato è importante e giusto cercare di dare sapore all’esistenza attraverso i contenuti di una religione, dall’altro occorre essere attenti per non correre il rischio di orientare la propria vita su percorsi negativi, che invece di ampliare il senso della via, la diminuiscono. Come fare per capire se il cammino intrapreso è quello Giusto? Ci sono dei criteri?

“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini
(Mc 7, 6-8).

      Dinanzi al rimprovero dei farisei nei confronti dei discepoli di Gesù, che prendevano il cibo con le mani non lavate, che per loro significava mani impure, Gesù offre una risposta piena di indicazioni importanti. I farisei fanno riferimento ai capitoli che nel libro del Levitico parlano dei criteri che indicano l’impurità di una persona, i cibi e gli animali che non si possono mangiare. Secondo Gesù queste indicazioni, spacciate come parola e volontà di Dio non sono altro che aggiunte, precetti e dottrine di uomini. C’è dunque una religione che è fatta di dottrine umane e trascura il comandamento di Dio. La conseguenza è molto grande. Infatti, chi segue le dottrine e le tradizioni inventate dagli uomini diventa una persona dura, rigida, intransigente, come sono in questo specifico caso i farisei nei confronti dei discepoli di Gesù. Chi segue il comandamento di Dio, che è l’amore, orienta la propria vita nell’attenzione all’altro, soprattutto ai più poveri; impara a condividere il poco o il tanto che ha; impara a perdonare per il fatto che si sente continuamente inondato della misericordia di Dio. La scrupolosa osservanza della dottrina degli uomini e l’obbedienza al comando di Dio generano, dunque, due stili di vita ben diversi. Il criterio che Gesù offre per capire se una parola o un precetto viene da Dio o è qualcosa che viene dagli uomini è l’amore, che si traduce nella ricerca di relazione umane autentiche, nello sforzo di costruire ponti di pace e di uguaglianza, nella costante attenzione agli ultimi.

Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro. E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo (Mc 7, 14-23).

    Le parole di Gesù ai discepoli sono un’indicazione per coloro che intendono intraprendere un cammino di fede, di fiducia nella parola del Signore. Si parte dall’interno, dalla coscienza, dalla verifica di ciò che c’è dentro di noi. Se, come ha dichiarato Gesù, non sono le cose esterne che rendono impuro l’uomo e la donna, vale a dire, che impediscono la relazione con Dio, ciò significa che il punto di partenza del lavoro spirituale è la vita interiore, è la cura dell’anima, per liberarla dalle scorie create dagli istinti, che generano uno stile di vita improntato sull’egoismo e che sfocia in relazioni umane deleterie.

Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza.  Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo (Gc 1, 27).

Fare spazio alla Parola del Signore affinché, vivendola, purifichi la nostra coscienza da ogni forma di egoismo. È la Parola di Gesù che ci spinge verso l’altro, l’altra, verso i poveri, per un cammino di vita segnato dall’amore disinteressato e gratuito. È questa la vera religione, quella che ci ha insegnato Gesù con le parole e la vita e che ci ha trasmesso con il suo Spirito.

 

venerdì 20 agosto 2021

DA CHI ANDREMO SIGNORE?




 XXI DOMENICA/B

(Gs 24, 1-18; Sal 33; Ef 5, 21-32; Gv 6, 60-69)

Paolo Cugini

 

      L’incomprensione di quello che Gesù dice ai suoi discepoli e discepole, è il tema del brano di oggi. Un’incomprensione che viene da lontano, dalla difficoltà di fare il salto di qualità che Gesù propone, di guardare, cioè, la realtà a partire dalla dimensione spirituale e interiore e abbandonare una visione materialista e istintiva della storia. È un cammino affascinante, ma allo stesso tempo difficile perché richiede un cambiamento di mentalità, di paradigma, di stile di vita possibile solamente a coloro che rispondono personalmente all’appello del Signore.

Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?

Perché è dura la Parola di Gesù? Ci sono diverse risposte che si possono dare. La prima, la più semplice, fa riferimento alle parole precedenti al vangelo di oggi, quando sosteneva che: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”. C’è dunque una resistenza con il contenuto letterale delle parole utilizzate da Gesù che, come sappiano, vanno interpretate. La carne e il sangue di Gesù sono la sua parola, il suo stile di vita, che vanno “mangiate”, nel senso di assimilare, per fare in modo che condizionino le scelte quotidiane. In secondo luogo è un discorso duro perché è radicale e non ammette alternative. Gesù pone con le spalle al muro i suoi discepoli e discepole: c’è un unico cammino che permette di entrare nella vita eterna adesso, ed è il cammino proposto dal Signore. Ciò significa che occorre scegliere e, scegliendo il Signore si tratta di abbandonare gli altri cammini. C’è poi un terzo livello per cui il discorso di Gesù appare duro ed è il suo ribaltamento della prospettiva religiosa classica. in quest’ultima, infatti, si propone di sacrificare la vita presente in vista di un premio futuro. Per Gesù, invece, la vita eterna inizia adesso, nel momento che una persona aderisce alla sua parola, la assimila, la “mangia”, ha la vita eterna, nel senso che i segni di eternità, che sono l’amore, la gratuità della vita, la capacità di perdonare di essere persone misericordiose, inizia ora. Questo discorso fa chiaramente paura e risulta duro per tutte le persone religiose abituate ad immagazzinare meriti per il dopo, sistema religioso che permette alle persone di rimanere quello che sono, di farsi gli affari propri e di giocarsi la religiosità, la possibilità di una vita eterna dopo la morte. A Gesù non interessano le nostre apparenze religiose, che ci fanno belli dinanzi al mondo, ma ipocriti davanti a Dio.

È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita.

     La carne è la vita guidata dalla parte istintiva, materiale dell’esistenza e non è in grado di orientarla verso l’amore autentico, che è disinteressato e gratuito. La carne guida l’esistenza verso il possesso dell’altro e delle cose, perché centra l’esistenza umana sui propri interessi. Carne vuole dire egoismo, alimentato dall’istinto di sopravvivenza, che riduce tutto all’io, persino i rapporti interpersonali. Per questo per seguire Gesù, comprendere la sua parola, che ci conduce verso uno stile di vita sobrio e attento agli altri, dimentichi di noi stessi, occorre fare delle scelte tali che orientino l’esistenza verso lo spirito, la vita interiore, affinché sia lei a guidare la nostra carne e non il contrario.

Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: Volete andarvene anche voi?

    Interessante la pedagogia di Gesù: dinanzi al disappunto e all’abbandono di molti suoi discepoli, non indietreggia, non abbassa la guardia, soprattutto, non diluisce il suo messaggio rendendolo più dolce e simpatico. Sa benissimo che il suo discorso è radicale e che molti suoi discepoli non lo stanno comprendendo. La posta in gioco è, comunque, alta. C’è uno stile nuovo di vita autentica che Gesù ha inaugurato, che manifesta l’immagine di Dio con cui siamo stati creati e che il nostro egoismo offusca. Per questo, Gesù non diminuisce la forza del suo annuncio, perché non cerca il numero di seguaci, ma coloro che il Padre sta chiamando e che Lui ne sta verificando la risposta.

Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio

     La simpatica risposta di Pietro ha un aspetto positivo e uno negativo. Positivo è lo slancio con cui Pietro riconosce il dato di fatto che un gruppo di uomini e donne abbiano scelto di seguirlo e, per farlo, hanno messo a soqquadro le loro vite e sono ancora disposti a seguirlo perché riconoscono la bontà della sua proposta. Negativo è l’espressione scelta da Pietro per identificare l’identità di Gesù: il santo di Dio, Si tratta, infatti, di un titolo messianico che fa riferimento al messianismo davidico, che vede nel futuro messia un re potente che sconfiggerà il nemico, in questo caso i romani, messia che veniva a dominare i pagani, a imporre la legge mosaica. È esattamente l’espressione che ha utilizzato l’uomo posseduto dal demonio sempre a cafarnao e sempre in una sinagoga, come si legge in Marco 4, 31-37. Niente di tutto questo vuole essere Gesù, come abbiamo visto. La risposta di Pietro apre domande inquietanti sul futuro del cammino che Gesù realizzerà con i suoi discepoli e discepole sino a Gerusalemme. 

martedì 17 agosto 2021

LASCIARE PER ESSERE

 



Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi (Mt 19,29-30).

È un versetto che mi ha sempre colpito, sin dall’infanzia. Allora lo leggevo come un versetto che riguardava coloro che dedicavano la propria vita totalmente al signore, come religiose, religiosi, preti. In realtà, anche queste parole riguardano tutti i battezzati, tutti coloro che vogliono seguire il cammino tracciato dal Signore. Ogni persona, infatti, ascoltando la Parola di Gesù è invitato ad operare una scelta radicale per fare spazio allo Spirito del Signore che trasforma tutto. C’è un lasciare come punto di partenza che significa affidamento al Signore, perché ci viene chiesto di lasciare tutto e andare dietro di Lui, senza sapere verso dove.

È questa precarietà sia materiale che esistenziale l’essenza della proposta di Gesù, che esige la disponibilità a lasciarsi condurre per mano giorno dopo giorno, senza conoscere la meta, l’orario di arrivo. È all’interno di questa fiducia, questo affidamento totale che lo Spirito ci modella a immagine di colui che seguiamo. Pieni delle nostre sicurezze, dei nostri calendari, della nostra organizzazione efficiente possiamo sperare di realizzare i nostri obiettivi: difficilmente capiremo qualcosa del Vangelo.

 

sabato 14 agosto 2021

ASSUNZIONE DI MARIA




(Ap 11,19a; 12,1–6a.10ab; 1Cor 15,20–27a; Lc 1,39-56)

 

Paolo Cugini

 

Nonostante il dogma dell’Assunzione di Maria sia recente (1950: è l’ultimo dogma formulato dalla dottrina cattolica), la riflessione su questo mistero della fede è antichissima. Infatti, la letteratura apocrifa sull’Assunzione della Vergine Maria al cielo è abbondantissima. Si contano circa una sessantina di opere, trasmesse in manoscritti databili dal V secolo in poi e scritte in lingue diverse: greco, latino, etiopico, arabo, armeno, copto, siriaco, slavo e gaelico. Inoltre, molto ricca è la produzione sul tema in questione durante l’epoca medievale, attestata in molte lingue. Secondo gli studiosi, l’inizio della tradizione sull’Assunzione di Maria risale al II secolo a.C. in ambito gnostico.

La tradizione della permanenza di Maria a Gerusalemme nell’ultimo periodo della sua vita è piuttosto solida, attestata dalla Scrittura (Gv 19,25; At 1,14; Gal 2,9) e il racconto si basa su un fatto piuttosto sicuro dal punto di vista della critica storica. E’ naturale pensare che Maria negli ultimi anni della sua vita sia vissuta protetta dalla comunità cristiana di Gerusalemme in una delle abitazioni che essa occupava. Della sua sepoltura, poi, dovettero occuparsi, con particolare attenzione, gli apostoli, e dovette essere sepolta nell’area funeraria di Gerusalemme, presso il torrente Cedron nella parte orientale della città. Tale area sepolcrale era già in funzione nel I secolo, conforme ai recenti scavi archeologici.

L’elaborazione della narrazione della fine della vita di Maria si ispira, e fino ad un certo punto segue, la fine della vita di Gesù, in base ai vangeli e alla tradizione cristiana sviluppatasi successivamente. Questa è la sequenza: un angelo consola Maria nei momenti di angoscia e di tormento prima della sua morte e le annuncia ciò che avverrà, così come un angelo aveva consolato Gesù poche ore prima della morte (cfr. Lc 22,43-44). Tutti gli apostoli, compreso Paolo, accompagnano Maria durante la sua morte e sepoltura, cosa che non era successa nel caso di Gesù. Maria viene accompagnata da tre vergini che l’assistono, così come Gesù venne accompagnato venne vegliato sulla croce da tre donne (Gv 19,25). Maria non sarà vittima di alcun attacco del diavolo e, come accadde con Gesù, non cadrà nelle mani di Satana, ma lo vincerà protetta dalla forza divina. Maria, infine, viene deposta in un sepolcro nuovo fuori di Gerusalemme e il terzo giorno il suo corpo e la sua anima, come per Gesù, sono glorificati.

Il racconto dell’Assunzione così come si trova riportato nei testi apocrifi dei primi secoli della Chiesa, non si limita a narrare la fine della vita di Maria, ma cerca di spiegare anche il significato del suo trapasso e della ricompensa celeste di cui si è resa meritevole. La narrazione mira ad affermare che Maria morì veramente (nonostante la discussione dei teologi su questo punto) e che realmente è stata glorificata (la modalità è anch’essa oggetto di discussione).

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti (1 Cor 15,20).

La seconda lettura di oggi vuole aiutarci a riflettere sul significato dell’Assunzione di Maria e perché è importante nel cammino della fede. L’Assunzione di Maria rende vero il discorso di Paolo che ci ricorda nella prima lettera ai Corinti che la resurrezione di Cristo non è un fatto isolato, circoscritta solamente a Lui, ma è “primizia di coloro che sono morti”. Gesù, dunque, è il primo di una lunga serie e Maria è l’esempio della verità di quanto Paolo afferma. Gesù con la sua passione, morte e resurrezione ha aperto un varco nel cielo, affinché tutti coloro che seguono il suo cammino possano entrarvi. “Abbassò i cieli e discese” dice il salmo 18. Con la sua Resurrezione Gesù non ha abbassato i cieli, ma ha aperto una breccia per tutti coloro che ascoltano la sua Parola e la mettono in pratica.

Invochiamo, dunque, Maria affinché ci aiuti ogni giorni a vivere come il Suo Figlio e, così, passare anche noi con lei, da questo mondo di morte, al mondo della vita. 

sabato 7 agosto 2021

ATTIRATI DAL PADRE

 





DOMENICA XIX/B


Paolo Cugini

 

    In queste domeniche estive stiamo meditando il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, che ci propone una riflessione sul mistero dell’eucarestia, il suo significato più profondo. È un testo complesso, di non facile intendimento, che richiede attenzione, disponibilità al cambiamento, alla messa in discussione. È un testo che ci dice chiaramente che Gesù, la sua parola e la sua azione non possiamo leggerla e comprenderla semplicemente con uno sguardo orizzontale, umano: c’è qualcosa di più, di qualitativamente molto diverso.

Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?

È questo il problema: pensare che Gesù sia qualcosa che possiamo valutare solamente dal punto di vista umano. E così, dinanzi alla novità del suo messaggio, dei suoi gesti, del suo stile, lo schiacciamo immediatamente verso ciò che conosciamo e riduciamo la novità al già dato, al già conosciuto. Sono le strutture culturali assimilate nel tempo, formatesi e consolidatesi dalla forza istintuale che plasma la realtà e la stessa coscienza, al punto da non accettare nulla che la possa mettere in discussione, perché avverte la minaccia. La proposta di Gesù di una comunità di discepoli e discepole uguale, il suo modo di proporre la condivisione dei beni, la priorità della vita spirituale sulla vita materiale: tutto proposte considerate come minaccia per le stesse strutture religiose dominati.

Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato

Dinanzi alle obiezioni dei Giudei Gesù pone questa affermazione strabiliante. L’incontro con Lui, la comprensione del suo Mistero, non è il mero frutto di ricerche personali, di fioretti, digiuni, di artifizi meritocratici, ma si tratta di un dono gratuito del Padre. Siamo, dunque, fuori da una mera ricerca individuale, di una proiezione antropomorfica: c’è qualcosa di più, che va oltre le speculazioni razionali, gli sforzi morali. C’è questo primo livello da accettare per proseguire il discorso, per immergersi nel mistero del Figlio che si offre come alimento per la nostra vita. Ciò significa che non è possibile capirlo con logiche umane, ma si tratta di affidarsi, di lasciarsi attrarre.

Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me.

 

C’è una bellissima indicazione sul cammino da compiere. Come arrivare a Gesù? In che modo essere attratti dal Padre per essere condotti a Lui? La risposta di Gesù è chiarissima: ascoltando il Padre che ha parlato ai profeti. Il Padre che parla nei profeti, che parla nella creazione, che parla ogni volta che nella storia si realizza un’esperienza di amore, di uguaglianza, di accoglienza e così ci sentiremo attratti verso Gesù.

chi crede ha la vita eterna

    Fiducia in Gesù, nella sua parola, nella su proposta significa lasciarsi plasmare da Lui, dalla sua parola, che trasforma la nostra esistenza in amore, che ci aiuta a costruire pace là dove ci sono situazioni di odio; che ci aiuta ad entrare nel mondo di lupi come pecore; che ci aiuta a conquistare il mondo non con l’arroganza, ma con la mitezza. Questa è la vita eterna: la partecipazione degli stessi sentimenti, dello stesso stile che ha caratterizzato la vita di Gesù, che è passato da questo mondo di morte al mondo di vita del Padre.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo

Gesù si offre come alimento per ricordarci che abbiamo bisogno di una relazione quotidiana e costante con Lui se volgiamo vivere degnamente, facendo brillare l’immagine di Dio che portiamo. Mangiare il pane che è Lui significa masticare ogni giorno la sua parola, affinché diventi mentalità nuova, capace di influenzare i nostri pensieri, le nostre scelte. Abbiamo bisogno come l’aria di quel pane che è Gesù quando ci accorgiamo del vuoto che abbiamo dentro e che si è formato per i cibi scandenti che mangiamo, quegli alimenti di cui ci riempiamo la testa, ma che ce la fanno svuotare di senso e di significato autentico. Vivere in eterno significa che le scelte che metteremo nella nostra vita come conseguenza del pane del cielo che mangeremo quotidianamente, che assimileremo, non moriranno mai. 

martedì 3 agosto 2021

CAMMINO DI UMANIZZAZIONE




 Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo (Mt 14,23).

Versetto che rivela molto di Gesù, dell’origine della sua forza, della sua capacità di vedere dentro al cuore delle persone, della sua chiarezza di vedute. Gesù è l’uomo che viene dal silenzio, che si separa dalla folla per salire sul monte a pregare in disparte. Gesù quando prega si separa dalla folla, cerca un luogo isolato. Gesù è l’uomo che cura la sua anima, gli dedica tempo. In che modo Gesù prega, che cosa fa quando prega? Non c’è scritto. Viene solo detto che quando prega si ritira in disparte, in questo caso salendo verso il monte, che è il luogo per antonomasia dell’incontro con Dio.

La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare (Mt 14,24).

Sono versetti strettamente collegati fra di loro. Colui che cura la propria anima, che cerca la solitudine per immergersi nella preghiera, è lo stesso che è capace di dominare gli eventi della storia. Per il fatto che cerca il silenzio per entrare in se stesso e porsi personalmente davanti al Padre, è capace di dominare gli eventi esterni, vale a dire, non si lascia dominare da ciò che è fuori di sé. Gesù è l’uomo che domina la realtà circostante per il fatto che ha il dominio si di sé. Il brano di oggi è, dunque, una bellissima indicazione per la vita quotidiana, un insegnamento di grande profondità spirituale. Non mi salva la partecipazione ad una religione. Mi salva il cammino che ha percorso il Signore, che esige dedicazione, impegno quotidiano per uscire da una vita autocentrata, in balia delle passioni e degli istinti, verso una vita in cui è lo Spirito del Signore che guida i miei passi. Cammino di fede nel Signore, di fiducia in Lui e nella sua parola, significa cammino di umanizzazione, in cui non c’è un punto di arrivo, ma che si realizza camminando.

Dedicare tempo a questo costante lavoro di pulizia interiore, di rilettura del proprio vissuto alla luce della parola di Dio. Imparare ad isolarsi, a prendersi momenti quotidiani di solitudine, per imparare a non permettere alle passioni, agli istinti di devastare l’anima. Questo significa prendersi cura, ed è questo uno dei più grandi insegnamenti di Gesù, che non si trovano scritti in modo esplicito nei vangeli, ma che si comprende leggendo tra le righe e ponendo domande al testo.