domenica 22 gennaio 2023

III DOMENICA TEMPO ORDINARIO A

 




(Is 8,23b - 9,3; Sal 26; 1 Cor 1,10-13. 17; Mt 4,12-23)

Paolo Cugini

Siamo sempre in cammino alla ricerca della comprensione del Mistero. C’è un percorso da compiere che facciamo fatica a realizzare. Il contesto culturale certamente non aiuta in questo cammino. Siamo costantemente sollecitati da messaggi che ci portano a valorizzare l’apparenza e, in questo modo, trascuriamo il cammino interiore, la cura della coscienza. Sarebbe interessante capire se c’è un modo, un punto di partenza privilegiato da cui partire per la comprensione del Mistero che Gesù ha rivelato e che rende possibile la sequela?

si ritirò nella Galilea, lasciò Nazareth e andò ad abitare a Cafarnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zabulon e di Neftali (Mt 4,12).

Bisogna partire dalla Galilea. È qui il punto di partenza privilegiato, che apre la mente al mistero. Mentre la Giudea ha una nobile discendenza – il nome infatti, deriva da Giuda, uno dei Patriarchi – la Galilea non ha niente di nobile: tutt’altro. Gli storici ci dicono che era una terra abitata da gente povera, violenta, mal vista dagli altri. È questo luogo che Gesù scegli per iniziare il cammino e per chiamare i primi discepoli. La scelta non è casuale. È possibile comprendere il Mistero che si è manifestato in Gesù scegliendo il punto giusto di partenza. La Galilea, uscendo dalla metafora, indica che per avere delle possibilità di comprendere il Mistero occorre mettersi nelle condizioni di accogliere e, di conseguenza, occorre cercare la povertà evangelica. Abitare nella Galilea, abitare la semplicità evangelica per seguire il Maestro nell’esodo verso la pienezza di vita. Spogliarsi per lasciarsi rivestire da Lui.

Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta.

Per aiutare i lettori a comprendere il senso del cammino da intraprendere, l’evangelista Matteo cita un brano di Isaia al capitolo 8, in cui si parla del contrasto tra luce e tenebra. Di che tenebre si tratta? È un’immagine simbolica per parlare della religione del tempio, che si era instaurata all’epoca del ritorno del popolo dall’esilio in Babilonia e ricostruita attorno al secondo tempio. È una religione che media il rapporto con Dio con una serie di precetti e prescrizioni, con sacrifici cultuali che vedono protagonista non Dio, ma la classe sacerdotale. Le tenebre sono costituite dalla schiavitù causata da questo rapporto malato con Dio, che mantiene gli uomini e le donne in uno stato infantile, sottomessi da una lista immensa di decreti e prescrizioni impossibili da osservare e che, di conseguenza, creano i sensi di colpa e una vita da schiavi. Gesù in mezzo a queste tenebre, porta la luce del Vangelo, un cammino di liberazione dalla religione dei precetti, per impostare un rapporto nuovo con Dio che, d’ora innanzi non è più un tiranno, ma un Padre.

Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino. Per entrare nello spazio dell’umanità nuova dell’amore e della giustizia portato da Gesù occorre un percorso di conversione, un cambiamento di mentalità. È il nuovo Esodo proposto da Gesù, il nuovo Mosè. Per questo il testo dice che Gesù andò a Nazaret sulla riva del mare: è un’indicazione simbolica, che fa riferimento al Mar Rosso, che segnò il momento di passaggio del popolo d’Israele dall’Egitto verso Gerusalemme, dalla schiavitù alla liberazione. Cammino, dunque, non facile, perché come ci ricorda sempre Gesù, il suo vino nuovo del Vangelo non può essere contenuto negli otri vecchi della religione del tempio. Il cammino di libertà proposto da Gesù esige persone disposte a lasciare la vecchia mentalità per assumerne una nuova. La chiamata dei primi discepoli che abbiamo ascoltato nella pagina di Vangelo di oggi, ha questo significato: chiamati per entrare nello spazio dominato dall’amore del Signore, dalla sua giustizia e misericordia.

Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire (1 Cor 1,10).

Il cammino che Gesù propone non è individuale, ma comunitario. È nella comunità, infatti, che impariamo a volerci bene, che sperimentiamo il dono del perdono e della misericordia. È sempre nella comunità che comprendiamo che Dio non fa preferenze di persone (At 10,34) e che ci accompagna nello stile accogliente ed inclusivo che è stata la proposta specifica di Gesù. Seguire Gesù significa, in questa prospettiva, essere disposti ad abbandonare la mentalità individualistica del merito, per entrare nella logica della comunione e della condivisione. L’amore gratuito del Signore si può solo accogliere, non ha bisogno di sacrifici speciali, di fioretti per essere conquistato. L’accoglienza dell’amore gratuito del Signore genera comunità accoglienti, disinteressate, disponibili al servizio tra i fratelli e le sorelle, pronte in ogni momento a ricucire le divisioni che l’egoismo umano possono causare. Come lo stesso Gesù dirà nel contesto dell’ultima cena narrata da Giovanni (Gv 13,34-35), la comunione, l’amore reciproco, è il segno visibile della presenza del Signore Gesù, è la carta d’identità dello stile della comunità che si ritrova nel nome del Signore. Rispondiamo, allora, positivamente alla sua chiamata per metterci in cammino dietro di Lui, disponibili ad accogliere il suo amore gratuito, per costruire assieme a Lui quell’umanità nuova che rivela al mondo l’amore infinito del Padre. 

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