XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Paolo
Cugini
Chi
è che nella chiesa ha il compito di evangelizzare? Che percorso formativo è
necessario per essere idonei a tanto? Sono queste alcune domande che soggiacciono
al testo di oggi. L’annuncio del Regno di Dio, che Gesù inaugura, è affidato ai
discepoli e alle discepole, a coloro, cioè, che hanno scelto di stare con Gesù,
accompagnarlo nella usa missione, per conoscerlo, ascoltarlo. Può parlare di
Gesù al mondo colui, colei che si è sentito avvolto dal suo amore al punto di
decidersi a seguirlo, rinunciando al resto. È questo il primo aspetto
fondamentale del discorso missionario. Si diventa collaboratori del Regno se si
è entrati in un percorso di discepolato. Ciò significa che, prima di tutto, i
missionari sono dei discepoli.
Andate.
Colpisce
la fiducia che Gesù dà ai suoi discepoli e discepole. Sono a metà di un
percorso che oggi definiremmo formativo e Gesù non si fa scrupoli di inviarli a
due a due nella mischia. Non ha paura di bruciarli, ma si fida di loro. È il
dono dell’assenza, che permette ai discepoli di divenire maestri. È nell’assenza
del padre e della madre che il figlio può sperimentare se stesso, ha la
possibilità di mettere in atto la propria creatività. Il dono dell’assenza,
infatti, stimola il soggetto, che non può più contare sulla figura di
riferimento, ma che è obbligato ad elaborare personalmente il materiale
appreso. Si diventa maestri quando si ha un padre e una madre che fanno il dono
dell’assenza ai figli, quando pongono fiducia in lui, gli permettono, ad un
certo punto del percorso, d’imparare a camminare con le proprie gambe.
lì inviò a due a
due davanti a sé.
Il
primo effetto del discepolato dietro al Signore è che ci toglie dalla
solitudine, dalla condanna di camminare da soli sulle strade della vita. Ecco perché,
anche la missione, non è una scelta privata di qualche avventuriero, ma un
mandato comunitario. Il vangelo nasce da un’esperienza di comunità ed è come comunità
che si annuncia il Vangelo. Si va insieme a qualcuno, qualcuna, perché ogni
persona è creata da Dio non per vivere da sola, ma con qualcuno: Non è bene
che l’uomo sia solo. È nel confronto con l’altro che impariamo a
conoscerci, a riconoscerci. Nella missione non portiamo semplicemente delle
parole, ma uno modo di vivere, uno stile di vita.
ecco, vi mando come
agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non
fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
La
missione esige un totale affidamento al Signore, manifestato dal distacco dalle
cose materiali, per dire che la missione non dipende dai beni che uno possiede,
ma dall’amore di Dio assimilato nel percorso. Questa spoliazione è necessaria
anche perché il missionario è chiamato a portare un annuncio di pace con
modalità non violente in un mondo violento e aggressivo. “Vi mando come
agnelli in mezzo ai lupi”, significa che il contenuto del messaggio di
amore del Signore dev’essere mediato dallo stile non violento dei discepoli-missionari.
Imparare a non rispondere in modo aggressivo alle provocazioni violente del
mondo è, prima di tutto, un dono dello Spirito Santo, coltivato e attuato nelle
relazioni quotidiane nella comunità cristiana e in famiglia.
In qualunque casa
entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace,
la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi… Ma
quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e
dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi,
noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”.
Il
discepolo missionario non annuncia il Regno di Dio con delle tecniche di
persuasione. L’adesione al Regno dei cieli non è un problema di numeri, per
questo non è un messaggio coercitivo. È una proposta fatta in libertà che esige
libertà. È un messaggio che dovrebbe stimolare il desiderio di vita vera in
coloro che la stanno cercando; un desiderio di senso della vita e di
autenticità in coloro che sono insoddisfatti di quello che vivono. L’annuncio
del Regno di Dio, infine, dovrebbe stimolare ill desiderio di giustizia e di
pace in tutti coloro che hanno fame e sete di Giustizia, che rimangono
perplessi con tanta corruzione e ingiustizia che c’è nel mondo. Per questo, il
discepolo-missionario, quando incontra un rifiuto, non insiste per convincerlo,
ma continua il proprio cammino, perché sa che l’adesione al Regno dei cieli non
dipende dai giochi di parole, ma dalle scelte di vita.
Non rallegratevi
però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i
vostri nomi sono scritti nei cieli.
Il discepolo-missionario ha imparato a fondare il proprio benessere spirituale sul rapporto d’amore con il Signore e non con il successo della sua azione evangelizzatrice. Anche questo è un punto cruciale nel cammino di discepolato, che consiste nell’imparare a trovare il punto in cui affidare le proprie motivazioni, per continuare il cammino imperturbati. La missione che il Signore ci affida è piena di momenti belli, ma anche di situazioni negative, che provocano profonde frustrazioni, Imparare a centrare le proprie motivazioni in una dimensione spirituale, nel rapporto filale e d’amore con il Signore, significa tutelarsi dalla tentazione di desistere dinnanzi ai tanti fallimenti e alle tante frustrazioni. Solo il Signore è la nostra forza e il senso del nostro cammino.
Nessun commento:
Posta un commento