Paolo Cugini
Gesù
convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le
malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi (Lc
9,1).
Essere
padre o madre non significa soltanto generare una vita, ma assumere la
straordinaria responsabilità di trasmettere un senso della vita. In un mondo
spesso segnato da incertezze e condizionamenti culturali, la paternità e la
maternità si rivelano come autentici percorsi di dono: donare forza positiva,
fiducia, gioia di vivere e desiderio di condivisione. Questi doni non sono
semplici parole, ma radici profonde che nutrono la crescita personale e
relazionale, rappresentando ciò di cui il mondo ha più bisogno oggi.
Ogni
gesto d’amore, ogni parola di incoraggiamento, ogni abbraccio sincero è una
scintilla che accende la fiducia e la gioia nei figli. La forza positiva che i
genitori trasmettono non nasce dal desiderio di controllo, ma dalla capacità di
educare con il cuore: insegnando la bellezza della vita e la speranza anche nei
momenti difficili. Così, la condivisione diventa uno stile di vita. Essere
genitori, educatori, cristiani chiama a una sfida interiore: confrontarsi con
le proprie fragilità e combattere il male che ciascuno porta dentro di sé. La
crescita personale è un cammino fatto di coraggio, consapevolezza e umiltà.
Solo attraverso la lotta contro il proprio egoismo, la paura e le ferite
passate, si può diventare testimoni autentici di forza positiva. Questo
processo di guarigione non è mai del tutto concluso, ma ogni piccola vittoria
sul male interiore si riflette in un esempio vivo per i figli, capace di
generare fiducia in chi ci circonda.
Le
conquiste interiori, le piccole e grandi vittorie contro le proprie ombre,
diventano patrimonio condiviso. I figli osservano, imparano, e si nutrono della
resilienza e della gioia che vedono incarnate nei loro genitori. Nella
quotidianità, ogni scelta di bene, ogni parola gentile, ogni gesto di perdono,
rafforza la comunità domestica e crea un clima di fiducia che si irradia anche
verso l’esterno. È come se il bene personale si moltiplicasse. La felicità è
reale solo quando è condivisa e la testimonianza della propria crescita diventa
seme di cambiamento anche per i compagni di viaggio.
Medico,
cura te stesso dice il Vangelo, ricordando che non si
può aiutare veramente gli altri se prima non si è affrontato il proprio dolore.
Prendersi cura delle proprie ferite, accettare le fragilità e cercare la
guarigione è un atto di responsabilità. I figli hanno bisogno di adulti che
sappiano essere sinceri, che non nascondano le proprie debolezze, ma che le
elaborino con coraggio. Solo così si diventa capaci di sostenere gli altri, di
offrire ascolto autentico e di trasmettere quella forza che nasce dalla
vulnerabilità accolta e trasformata. Il Vangelo propone una liberazione
radicale dai condizionamenti culturali e dalle paure che spesso bloccano la
trasmissione dei contenuti importanti della vita. Gesù annuncia una logica
nuova: il dono di sé come via privilegiata per la realizzazione personale e
comunitaria. Nel Regno di Dio, la grandezza si misura non con il potere, ma con
la capacità di servire e di amare senza riserve. Questa logica del dono rompe
gli schemi della tradizione, invitando i genitori e gli educatori a scegliere
la libertà, la giustizia e la fraternità come pilastri dell’educazione. Vivendo
il pensiero di Cristo, si inaugura una nuova cultura che supera i limiti delle
tradizioni umane. Il Regno di Dio non è una realtà futura, ma si costruisce
ogni giorno nella scelta di mettere al centro la persona, la relazione, il
rispetto e la dignità. Qui la paternità e la maternità trovano il loro
significato più vero: diventare strumenti di libertà, di giustizia sociale, di
uguaglianza concreta. Le scelte radicali che i genitori compiono per il bene
dei figli e della comunità sono semi di speranza che germogliano nel terreno
del mondo. La libertà, la giustizia e l’uguaglianza non sono conquiste
scontate, ma frutti di scelte coraggiose e radicali. Trasmettere ai figli il
desiderio di giustizia significa educarli a non accontentarsi dell’apparenza, a
cercare il bene comune, a diventare cittadini consapevoli e responsabili. La
cura delle ferite, la capacità di perdonare, la lotta contro il male interiore,
sono la base su cui si costruisce una comunità più giusta, libera, capace di
accogliere la diversità e di promuovere la pace. Questa è la cura di cui il
mondo ha bisogno oggi più che mai.
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