[Annotazioni di Paolo
Cugini]
1-11: Gesù e l’adultera.
l capitolo inizia con un brano che senza dubbio non è di Giovanni, però è
finito nel suo vangelo. Bisogna arrivare al XII secolo per trovare un commento
in lingua greca del brano e solo nel V secolo è stato usato nella liturgia.
Cosa c’è di tanto scandaloso nel brano dell’adultera perdonata da Gesù, che
nessuna comunità voleva ed è stato censurato per 500 anni, prima di entrare
nella liturgia eucaristica?
12-20: Gesù luce del
mondo. Con Gesù non sono gli uomini che vanno incontro a
Dio, ma è Dio che prende l’iniziativa e va verso gli uomini. Il Dio di Gesù non
è il traguardo dell’esistenza delle persone; è all’inizio e li inonda del suo
amore. Non siamo stati noi ad amare Dio - dice il Nuovo Testamento - ma è Dio
che ha preso l’iniziativa. Nella fede è Dio che si vuole avvicinare all’uomo, e
l’istituzione religiosa che si intromette tra uomo e Dio, è una barriera che
impedisce a Dio di comunicare il suo amore all’umanità. Chi segue me, non
cammina nelle tenebre e la tenebra in Giovanni indica l’istituzione religiosa
giudaica, che si credeva avrebbe dovuto permettere la comunione con Dio, in
realtà l’impediva. I capi religiosi per il proprio interesse avevano presentato
l’immagine di un Dio inavvicinabile; avevano inventato il peccato per dominare
le persone e per inculcare il senso di colpa, tenendole sottomesse. Gesù è
venuto a compiere una liberazione dal dominio della religione, non da un
dominio politico dei romani. Gesù in questa immagine, si richiama alla storia
di Israele, all’esodo, in cui Dio camminava con il popolo come colonna di fuoco
da seguire.
Negli annuncia profetici
il messia è chiamo luce delle nazioni e ha il compito di diffondere tra tutti i
popoli la legge, che è la luce del popolo (cfr. Is 42,4-6; 49,6; 51,4). Gesù
sembra avere la coscienza di essere il realizzatore di queste profezie. La
parola di Gesù è coinvolgente, fa decidere, una parola che vuole illuminare
ogni uomo. Solo chi lo accoglie come luce viene tolto dalle tenebre. Occorre
incontrare qualcuno che già sappia chi è Gesù. Possiamo conoscere Gesù solo se
ci lasciamo ammaestrare da Dio, cioè dalla Scrittura.
Gesù dice: ma avrà la
luce della vita. Come chi accoglie Gesù come acqua, questa comincia a
gorgogliare e lui stesso diventa fonte zampillante di acqua, così chi accoglie
questa luce diventa lui stesso luce.
15 Voi giudicate secondo
la carne; io non giudico nessuno. Giudicare secondo la carne, indica nel mondo
ebraico l’uomo nella sua incompletezza, nella sua debolezza e ha un duplice
significato: non riuscendo a percepire lo Spirito in Gesù, non sanno da dove
viene né dove va, vedono soltanto la realtà umana. Per loro è inammissibile che
in un uomo si manifesti la pienezza della condizione divina.
18 Io sono il testimone
di me stesso e di me testimonia chi mi ha inviato, il Padre. Ogni qualvolta in
Giovanni troviamo Io sono, indica il nome di Dio. Quando Mosè ha chiesto il
nome al misterioso fenomeno che gli è apparso nel roveto ardente, Dio ha
risposto Io sono, maniera con cui la tradizione ebraica predicava un Dio sempre
presente nel suo popolo. Gesù rivendica la pienezza della condizione divina,
motivo per il quale hanno già deciso di ammazzarlo: perché tu sei uomo e ti fai
Dio. Il progetto di Dio sull’umanità, che l’uomo diventi Dio, (Gv. 1,12).
19 Gli dicevano
dunque:“Dov’è tuo padre?. I farisei cadono nella sua provocazione e chiedono
dov’è il secondo testimone, il Padre. Rispose Gesù: Non conoscete né me né il
Padre mio; se conosceste me, anche il Padre mio conoscereste. È il dramma
religioso dell’istituzione religiosa. Un’istituzione religiosa che deve
proporre al popolo un Dio, che lei per prima non conosce. Gesù dice che se i
capi conoscessero lui, conoscerebbero anche il Padre, perché la sua presenza
comporta quella del Padre. Quando Filippo gli chiede: mostraci il Padre, ci
basta, risponde: chi ha visto me, ha visto il Padre. Al termine del prologo
l’evangelista dice: Dio nessuno lo ha mai visto, solo il Figlio ne è la rivelazione.
Centratevi su Gesù, avete tante cose in testa su Dio nate dalle paure, dalle
tradizioni religiose, dalle superstizioni, dalle filosofie. Se quello che
vedete sulle attività, sull’insegnamento di Gesù corrisponde alla idea che voi
avete di Dio, mantenetela, altrimenti sbarazzatevene. E sono molte le idee su
Dio, conoscendo Gesù, che devono essere eliminate. Il Dio di Gesù è un Dio
amore, che per amore si mette a servizio degli uomini. È un Dio che non
condanna, ma salva. Un Dio che non domina, ma che potenzia. Le immagini di un
Dio contrario a questo vanno eliminate. Gesù è l’unica immagine di Dio. Chi non
conosce Gesù, non può sapere chi è il Padre, il creatore che è sempre a favore
degli uomini. Il criterio per capire se una persona viene da Dio o no è la sua
attività. Se è a favore degli uomini, viene da Dio, altrimenti bisogna essere
dubbiosi.
21-30: Com’è triste
rifiutare Gesù. Gesù interpreta la sua ora come un
ritorno al Padre. I suoi interlocutori lo interpretano, invece, come un
desiderio di uccidersi. Chi non riconosce Gesù pecca contro lo Spirito Santo e
di conseguenza, non può certo andare dove sta andando lui. Si tratta di credere
che Gesù è, altrimenti non c’è salvezza. Di fronte a Gesù c’è ora la via della
morte.
Mi cercherete, ma
morirete nel vostro peccato. Parla ai farisei,
persone maniache della purezza, che stavano attente a non mangiare nulla di
impuro, che osservavano 365 comandamenti e 248 proibizioni per un totale di 613
regole da osservare tutto il giorno. Sono riportate in un libro che non può non
essere tragicomico, come ogni regola religiosa, anche nostrana. Le 613 regole
indicavano ai farisei come comportarsi dal mattino fino a sera: appena ti
svegli apri l’occhio destro e dici benedetto colui che ha mandato la luce nel
mondo, poi l’occhio sinistro ringraziando il Signore che ha fatto l’aurora… ti
benedico Signore perché hai creato l’uomo con sapienza, infatti hai creato dei
buchi che stanno aperti e degli altri che stanno chiusi…Gesù dice: siete nel
peccato fino al collo, morirete nel vostro peccato, perché per la tradizione
religiosa il peccato è la trasgressione della legge; con Gesù il rapporto con
Dio non è basato sulla legge, ma sull’accoglienza dell’amore, della vita. È la
seconda volta che Gesù parla di peccato e in entrambe le volte lo fa nel
recinto del Tempio. Al termine del capitolo V, dopo la guarigione dell’infermo,
lo ritrova al Tempio e gli dice: non peccare, perché non ti capiti di peggio.
Una volta che Gesù ha liberato la persona, se questa ritorna nell’ambito della
religione, causa dell’infermità, per lei non c’è più alcuna speranza. Per i
farisei il peccato è in relazione alla legge, se la obbedisci o no; per Gesù è
in relazione alla vita e consiste nel privare o privarsi della libertà e per
questo è il peccato delle autorità religiose, che privano gli altri della
libertà. Quelli che si privano della libertà sono in peccato e paradossalmente,
quelli che appartengono al mondo della religione vivono nel mondo del peccato,
perché la religione tollera tutto eccetto la libertà degli individui. Ha
bisogno di mantenere le persone in una condizione infantile, immature bisognose
di un capo, che loro riconoscono come tale, che dica loro cosa fare, come fare
e quando fare. È un bambino che ha bisogno del genitore! La persona adulta,
matura, si rende indipendente. Il peccato consiste anche nell’esercitare e
nell’accettare l’oppressore e infine nel rendersi complici di questa
ingiustizia.
Voi morirete nel
vostro peccato. Non c’è speranza perché Dove io vado voi
non potete venire. Non è che i capi non vogliono andare dove va Gesù, non
possono andare, perché per lasciare quel mondo di peccato e seguire Gesù, dovrebbero
abbandonare la loro pretesa di dominare il popolo, di ergersi sopra gli altri,
di disporre della vita degli altri e di imporre loro quello che è giusto o che
non è giusto.
23 E diceva loro:
sembra un dialogo tra sordi, Gesù dice una cosa e loro ne capiscono un’altra
Voi siete quelli del basso, io in quello dell’alto; voi siete di questo mondo,
io non sono di questo mondo. Sono due mondi incompatibili. Quello dell’amore
che si fa servizio - il mondo del Padre, che secondo la cosmologia dell’epoca apparteneva
all’alto, in alto c’è la luce, la vita, - è contrapposto al basso, dove c’è la
morte, dove ci sono le tenebre. Sono due mondi contrapposti. L’amore di Dio che
si traduce in servizio verso gli altri, è incompatibile con il mondo del
potere, dove c’è il dominio delle persone. Sono due sfere diverse, senza alcuna
comunicabilità tra di loro, c’è impossibilità di dialogo. Gesù si muove nella
sfera dell’amore del Padre, attento ai bisogni degli uomini, i capi si muovono
nella sfera della legge di Dio, attenti solo ai bisogni della casta sacerdotale
che loro rappresentano. Sono nell’ambito dell’egoismo, causa di divisione e
ingiustizia e sono spinti da una insaziabile ambizione di potere e di dominio
delle persone. Sono rosi dentro dal possesso del potere. Non sono disposti a
dare la vita per il popolo e per questo non sono capaci di andare con Gesù. Le
autorità non alleviano le sofferenze, sanno solo infliggerle.
25 Gli dicevano
allora: Tu, chi sei? È la stessa domanda dell’inizio del
vangelo, subito dopo il prologo, quando Giovanni Battista comincia a predicare
e immediatamente da Gerusalemme si scatenano sacerdoti e leviti, la polizia del
Tempio. Raggiungono Giovanni e gli chiedono subito: Tu, chi sei? Era scattato
l’allarme. Quelli che detengono il potere non stanno mai tranquilli, sanno di
essere in una posizione di ingiustizia e temono che qualcuno li possa
spodestare dal loro potere. Chi detiene il potere ha sempre lo sguardo
sospettoso. Qualunque persona che può turbare l’istituzione religiosa, è considerata
un pericolo. Le stesse parole rivolte dalla polizia del Tempio a Giovanni il
Battista sono ora rivolte a Gesù,Tu chi sei? Si scatena l’allarme.
Nell’ipocrisia dell’istituzione religiosa si diceva di pregare per la venuta
del Messia, che se tutta Israele avesse per una volta osservato il sabato,
sarebbe venuto il Messia, ma non sarebbe mai stato osservato! Tutta la
predicazione era per la venuta del Messia, che non veniva a causa dei peccati
del popolo. Ma in cuor loro speravano che non solo il Messia ritardasse la
venuta, ma non venisse mai e dicevano alla gente di pregare per la venuta del
Messia, che tra le opere che avrebbe dovuto compiere, ci sarebbe stata
l’eliminazione della stessa classe dirigente di Israele. Così si spiega il loro
comportamento per la venuta del Battista: Tu chi sei? I sacerdoti erano andati
per interrogarlo, la polizia per arrestarlo; se Giovanni il Battista avesse
ammesso di essere il Messia, lo avrebbero eliminato.
29 E colui che mi
ha inviato è con me: non mi lascia solo, perché io faccio sempre ciò che gli è
gradito. È una catechesi: colui che mi ha inviato
è con me. Per chi collabora all’azione creatrice di Dio (cioè fa scelte che
favoriscano, arricchiscano e restituiscano vita agli altri), per chi orienta la
propria esistenza al bene degli altri, Gesù garantisce, ha il Padre accanto a
sé. Dio non lascia soli; il Padre è accanto a chi vive per gli altri. Non
significa che la vita non riservi le sorprese che purtroppo ci sono (malattie,
disgrazie, lutti…); avere Dio accanto non significa che questo Dio ci sgombra
la strada dagli elementi spiacevoli che la vita ci presenta, ma dona una forza
e una nuova capacità per leggerli e per viverli. È la vita che cambia: si
incontra la malattia, la disgrazia, il lutto, ma lo si legge e lo si vive in
una maniera nuova un fidarsi completamente del Padre.
31-37: Gesù colui che
libera.
31 Diceva dunque ai
Giudei: Se voi rimanete nella parola (logos che procede da
Dio), quella mia, l’evangelista sottolinea che la parola di Dio è quella di
Gesù, per contrapporla alle deca logos, decalogo di Mosè. Li invita a non
rimanere più nel decalogo di Mosè ma nel suo logos, un’unica parola che sarà
formulata, in questo vangelo, in un unico comandamento contrapposto ai dieci di
Mosè.
Gesù vuole trasportarli
dall’obbedienza a Dio (chi obbedisce è un inferiore), a un rapporto di piena
unione con il Signore con l’accoglienza del suo amore. È passare da servo a
figlio, dalla relazione con un Signore a una relazione con un Padre,
dall’obbligo alla libertà.
Al capitolo 13, prima di
annunciare questo comandamento Gesù lava i piedi ai discepoli. Per Gesù amare
significa servire, è chiaro che per i capi, che vivevano in un mondo separato
dalla gente, vestivano in una maniera diversa per dimostrare di essere in una
particolare relazione con il Signore. Questi che chiedevano dalla gente
obbedienza e sottomissione, non sarebbero di certo passati a servirla. 32
conoscerete la verità e la verità vi libererà. Invita coloro che si considerano
servi del Signore, ad essere figli di Dio, pienamente liberi, nella vera
condizione di ogni figlio di Dio. Quanti orientano la propria esistenza verso
il bene degli altri, fanno un’esperienza della verità, che non è un concetto,
un’idea, è un’esperienza. Secondo Gesù la verità non è un insieme di enunciati,
di dogmi, di regole teologiche, ma è un’esperienza (possibile a tutti) di una
potenzialità di una vita nuova in piena comunione con Dio. Gli uomini nella
misura del loro atteggiamento di servizio sempre più profondo, verso gli altri
e più autentico, scoprono la verità (secondo il vangelo di Giovanni) che il
Padre è amore, esclusivamente amore e che non ha altra maniera per rapportarsi
con le persone che non sia comunicazione d’amore. Scoprono così la profonda
dignità di essere suoi figli. Questa verità libera dalla paura di Dio, che la
religione ha inculcato. La religione impone cose senza senso, che nessuna
persona che ragiona con la propria testa può accettare e per imporle deve mettere
la paura di Dio. Religione e paura di Dio vanno a braccetto. La verità
liberatrice del Padre, libera dalla paura e fa scoprire una profonda verità,
che è nel vangelo e che è nemica dell’istituzione religiosa.
33 Replicarono: Stirpe
seme d’Abramo siamo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire:
Diventerete liberi? Vedono l’offerta di libertà come un
attacco alla loro identità. Si rifanno al padre Abramo e rivendicano di non
essere mai stati schiavi, anche se lo furono degli egiziani e dei babilonesi;
ma ogni ebreo per il fatto di essere discendente di Abramo, la cui moglie era
Sara (cioè principessa), si riteneva di stirpe regale. La religione rende
servi, ma sicuri; si rifanno ad Abramo alla loro religione per rifiutare la
proposta di libertà da parte di Gesù. 34 E Gesù rispose loro: Amen, amen vi
assicuro e l’evangelista ricorre a questa formula per sottolineare l’importanza
di quanto viene detto da Gesù chi fa il peccato è schiavo del peccato. Non si
rifà ai peccati, alle colpe degli uomini; il peccato è il rifiuto alla pienezza
di vita che egli offre all’umanità ed è già apparso in questo vangelo come una
cappa che domina l’umanità e precede l’arrivo di Gesù e che Gesù non espierà,
ma eliminerà infondendo vita agli uomini. L’istituzione religiosa sarà lo
strumento del peccato, che impedisce agli uomini di scoprire la pienezza di
vita che il Padre le offre, che è l’amore. Come si può sperimentare un Dio
amore, se per ogni cosa mi giudica e mi ritiene in colpa? Basta guardare i
libri della Legge e si vede che anche le normali espressioni della vita
quotidiana rendevano l’uomo impuro, doveva sempre purificarsi. Quando una
persona si sente sempre in colpa e impura come può sperimentare l’amore di Dio?
L’offerta d’amore di Dio all’umanità rimaneva celata dalla cappa; il peccato a
cui su riferisce Gesù significa che chi obbedisce ad una istituzione ingiusta e
su di essa fonda la sua attività, crede naturale comportarsi in maniera
ingiusta, diventa complice del peccato e schiavo della stessa. Il monito di
Gesù è molto chiaro: non entrare nei meccanismi del potere (di ingiustizia, di
dominio, di sottomissione degli altri) perché chi vi entra, vedrà naturale
comportarsi nella maniera ingiusta. Si diventa complici perché si dà adesione
al sistema e se ne diventa schiavi, perché non si riesce più ad uscirne.
Sono stati i sommi
sacerdoti che hanno deturpato il volto di Dio, per renderlo somigliante ai loro
interessi. Il peccato dell’istituzione religiosa ha deturpato il volto di Dio
per i loro interessi, per sfruttare e dominare il popolo. Chi non sperimenta
l’amore del Padre attraverso l’amore degli altri non può conoscere Dio come
Padre, ma solo come un sovrano, un tiranno al quale bisogna sottomettersi. Gesù
rincara la dose: 35 Lo schiavo non rimane nella casa per sempre, il figlio
resta per sempre; Si rifà alla tradizione secondo Mosè, che era uno schiavo
nella casa del Signore, Gesù si presenta come libero. Un servo non può liberare
gli altri servi, solo il figlio colui che è il proprietario può liberarli
36 dunque se il Figlio vi
libera, sarete veramente liberi. È Gesù che viene a
liberare le persone, ma la liberazione non può essere imposta, ma solo
proposta. Ci sono persone che per la loro struttura psichica, spirituale non
possono essere liberate, bisogna lasciarle stare. La proposta va fatta, ma non
più di tanto, perché alcune persone sanno quello che sono, hanno paura della
propria realtà e hanno bisogno di una serie di paletti, di regole che le
rendano sicure. È quello che succede ai capi religiosi. Gesù fa la proposta di
liberazione, ma non viene accettata.
L’evangelista e Gesù ci
stano insinuando qualcosa di devastante. Le massime autorità religiose,
riverite e onorate dal popolo e credute rappresentanti assolute di Dio,
detentori della volontà di Dio, sono denunciati figli di un altro padre che non
è Dio, ma il diavolo. Quelli che devono presentare la volontà di Dio al popolo,
non la possono presentare, perché non hanno nulla a che vedere con Dio, sono
emissari del diavolo.
41 Voi fate le opere del
padre vostro. L’accusa che Gesù sta rivolgendo ai capi
è la più tremenda per un ebreo; li sta accusando di idolatria. Se non imitano
Abramo è perché non hanno il Dio di Abramo, sono solo degli idolatri che si
sono prostituiti (questo è grave per loro) per interesse ad altre divinità. Le
autorità reagiscono prontamente all’accusa, essendo stata paragonata dai
profeti, alla prostituzione. Gli risposero: Noi, non siamo nati da
prostituzione, non solo rivendicano la discendenza da Abramo, ma sottolineano
tu si invece, perché avrebbero potuto rispondere: Non siamo nati da
prostituzione. Potrebbe esserci un’eco delle numerose dicerie sulle origini
oscure di Gesù, nato da una ragazza madre e negli ambienti ebraici vi erano
chiacchiere. Il documento più antico che troviamo, nel Talmud, su Gesù dice: un
bastardo nato da un’adultera. È probabile che nella piccata risposta delle
autorità ci sia, è l’accusa a Gesù, Noi, non siamo nati da prostituzione.
42 Disse loro Gesù: Se
Dio fosse il padre vostro, mi amereste, Si vede che Dio è
padre di una persona, da come questa ama. Essere figli di qualcuno si vede dal
comportamento, non esistono altre credenziali. Essere da Dio, si vede soltanto
se uno ha la capacità d’amore, che in qualche maniera assomiglia a quella di Dio.
Sempre nella scuola di questo evangelista, nella prima lettera di Giovanni si
legge: perché l’amore è da Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio
è amore. Si può capire Gesù soltanto riconoscendo in lui la stessa azione del
creatore: comunicare vita ad ogni uomo. I capi che sono insensibili alle
sofferenze del popolo e non fanno che aggiungerne, che rendono impossibile la
vita alle persone e mettono loro pesi su pesi, regole su regole, non possono né
comprendere, né accettare.
43 Per quale motivo non
comprendete il mio linguaggio? Perché non potete
ascoltare la mia parola. Non solo non accolgono la parola, non l’ascoltano
nemmeno. È la denuncia che abbiamo visto più volte in ogni evangelista: di non
entrare minimamente nella sfera del potere perché sia chi lo detiene, sia chi
lo ambisce, sia chi vi si sottomette ed è la categoria più tragica, è
refrattario al messaggio di Gesù.
45 A me che dico la
verità non mi credete. Per Gesù solo chi è libero da interessi
può dire la verità; quando non si cerca il proprio interesse, ma quello degli
altri, quello del Padre, solo in questo caso si dice la verità. Quanti vivono
nella menzogna costituita a stile di vita, come il potere civile e religioso,
rifiutano la verità, proposta da Gesù, di un Dio che è amore e si traduce in
servizio per gli altri. Il loro non è un Dio amore, ma un Dio da temere, un Dio
che domina le persone e Gesù rinfaccia a loro questo crimine, di aver deturpato
il volto di Dio per i propri interessi. Perché il Dio della religione mette
paura, obbliga ed è distante dagli uomini? I sacerdoti per farsi obbedire hanno
solo la forza di Dio ed ecco il Dio che mette paura, che domina e che obbliga;
non è altro che la proiezione del desiderio di potenza da parte del clero, per
dominare le persone. Se dico che questo lo vuole Dio, ed io so qual è la
volontà di Dio, se non lo fai ci sono i castighi; le persone hanno paura di
trasgredire! Per questo dice A me che dico la verità non mi credete. Chi ha
interessi da difendere, userà mezze verità e un linguaggio diplomatico.
Peccato: è il rifiuto
della pienezza di vita che il Padre comunica.
Negli altri vangeli Gesù
denuncia chiaramente: avete oscurato il comandamento di Dio per fare posto alle
vostre tradizioni. Nel versetto 45 avevamo visto: se dico la verità perché non
mi credete; per Gesù non c’è verità più importante del bene dell’uomo. Tutto
quello che concorre al bene, alla felicità dell’uomo è verità. Se a questa, si
aggiunge un’altra verità, un’altra dottrina, prima o poi si ritorce contro il
bene dell’uomo. Gesù è radicale: non c’è nessuna verità, nessuna dottrina,
nessuna teologia al di sopra del bene dell’uomo, neanche proveniente da Dio. Il
traguardo dell’esistenza del credente è il bene dell’uomo. È il conflitto tra
Gesù (che si muove nella linea dell’amore del Padre) e le autorità (che si
muovono nella linea della difesa della legge di Dio, invocata a difesa dei
propri privilegi), che risalta dalle prime pagine di questo vangelo. Mai una
volta la legge è a favore delle persone; è sempre a favore della classe
sacerdotale, che vi si rifà per difendere il proprio privilegio e prestigio.
Non c’è mai conciliazione tra la cosiddetta legge di Dio e l’amore del Padre.
Tante volte Gesù vorrebbe fare il bene dell’uomo, e i capi si oppongono in nome
della legge divina! Se c’è una contraddizione tra il bene dell’uomo e la legge
divina, vuol dire che la legge non proviene da Dio.
47 Chi è da Dio ascolta
le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non
siete da Dio. Gesù avrà avuto tutte le virtù, non certo la diplomazia: sta
parlando con i capi religiosi, che, per indicare il loro status religioso di
essere più vicini al Signore, indossano abiti, copricapo particolari, e non ha
alcun timore reverenziale! Alla fine dell’episodio cercheranno di ammazzarlo.
Dice a loro: non siete da Dio, se non sono da Dio, avranno un’altra origine.
48 Reagirono i Giudei e
gli dissero: Non diciamo bene noi che sei un Samaritano e che hai un demonio?
In questo vangelo è una costante che le autorità se non sanno ribattere o
replicare, passano alla violenza verbale e alla violenza fisica. Non fanno mai
un esame di coscienza e non si chiedono mai se hanno sbagliato, passano
all’insulto e reagiscono, confermando il proprio pensiero: non diciamo bene noi
(questa è la prova) che sei un samaritano e hai un demonio? I capi lo denunciano
di essere un nemico del popolo (un samaritano) e un nemico di Dio (un
indemoniato): è una sentenza di morte nei confronti di Gesù, perché i nemici
del popolo vanno lapidati.
50 Io poi non cerco la
mia gloria; c’è chi la cerca e giudica. Gesù può onorare il
Padre perché non cerca la gloria, le autorità religiose disonorano quella di
Dio nella smaniosa ricerca della propria gloria, sono idolatri e bestemmiano il
volto del Signore, perché accentrano su di sé l’interesse e l’attenzione che
dovrebbe essere rivolta al Signore.
51 Amen, amen:
cioè è certo, è sicuro ed è una formula a modo di sentenza,
se qualcuno osserva la
mia parola non vedrà mai la morte. Probabilmente Gesù non
aveva nessuno che lo consigliasse, perché peggiora la situazione; gli hanno
appena dato del matto, non ha fatto nulla per non meritare l’insulto, ma
peggiora la situazione. Cambia argomento, che non ha alcun rapporto con il
precedente, e dice se qualcuno osserva la mia parola non vedrà mai la morte. In
realtà non è un cambio. La sua linea, immagine di un Dio mai visto, è l’offerta
sempre piena d’amore a tutte le persone, anche a chi, come in questo caso, ha
deciso di ammazzarlo. In un crescendo fino alla sua morte, vedremo che ogni
volta davanti all’odio, davanti alla violenza Gesù avrà sempre una risposta
d’amore. A quanti hanno deciso di ammazzarlo, se accolgono la sua parola, se
accolgono il suo messaggio, orientato verso il bene dell’uomo, offre una vita
capace di superare la morte. Se qualcuno osserva la mia parola, in loro fiorirà
una vita di una qualità tale, che non farà esperienza della morte.
L’evangelista lo dirà al capitolo 11, con la resurrezione di Lazzaro: per il
discepolo di Gesù la morte non esiste. La potenza di vita che è in lui, gli
eviterà l’esperienza della morte, perché la vita comunicata da Gesù, da Dio,
non conosce la fine. Gesù non libera dalla paura della morte, libera dalla
morte. Il suo non è un messaggio consolatorio o confortante per liberarci dalla
paura della morte, esso libera dalla morte: se uno osserva la mia parola non
vedrà mai la morte. Gesù ci assicura che se noi osserviamo la sua parola, il suo
messaggio d’amore: orienta la tua vita per il bene degli altri, non si farà
l’esperienza della morte. Gli altri vedranno un cadavere, ma tu continuerai la
tua vita. Nel vangelo di Giovanni Gesù dirà: chi vive e crede in me, non morirà
mai; ci assicura di qualcosa di straordinario. Verrà un giorno che tutta la
nostra parte biologica cesserà di esistere, noi non solo non ne saremo
menomati, non ne faremo l’esperienza. La parola di Gesù è questa (e tutte le
sue parole sono veritiere): se uno osserva la sua parola non vedrà mai la
morte, cioè non ne farà esperienza. Non ci libera dalla paura della morte, ma
dalla stessa morte. È quello che aspettavano le autorità religiose, 52 Gli
dissero dunque i Giudei: Adesso siamo sicuri che hai un demonio. Ne abbiamo i
motivi più che sufficienti! È interessante che il sapere dei capi è sempre
rivolto al passato, mai al presente e tanto meno al futuro.
56 Abramo, il padre
vostro era il capostipite del popolo, avrebbe dovuto dire
nostro, essendo lui pure ebreo, ma prende le distanze, Abramo è il padre di un
popolo. Dio, Padre di Gesù, è Padre dell’intera umanità. Il suo orizzonte è
molto più ampio di quello dei capi religiosi
esultò quando vide il mio
giorno, lo vide e si rallegrò. Nella tradizione ebraica
si diceva che Dio, facendo vedere ad Abramo il futuro del popolo, gli aveva
fatto vedere anche i giorni del Messia. Gesù dice vide il mio giorno, perché
nel vangelo di Giovanni sembra che tutta l’azione si svolga in un unico giorno,
il sesto, il giorno della creazione dell’uomo.
57 Gli dissero allora i
Giudei: Non hai ancora cinquantenni e hai visto Abramo? Gesù
ha detto che Abramo ha visto lui, non che lui ha visto Abramo! Prosegue un
dialogo fra sordi: Gesù parla a livello teologico, simbolico; loro a livello
pratico, e non lo capiscono.
58 Rispose loro Gesù:
Amen, amen vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono (è il nome di Dio). Gesù
rivendica la sua esistenza prima di Abramo. Nel prologo di Giovanni avevano
visto che Dio, prima ancora di creare il mondo, aveva un progetto: un uomo che
avesse la condizione divina e si è realizzato nella umanità di Gesù. Per i capi
religiosi Gesù ha bestemmiato ed è quello che volevano.
59 Presero allora delle
pietre per lanciarle su di lui; i capi non ammettono
che Gesù sia superiore ad Abramo, figuratevi adesso che rivendica la condizione
divina! Gesù ha bestemmiato, è un idolatra e va immediatamente ucciso, come
prescrive la legge divina. Prendono le pietre, siamo nel Tempio, il luogo più
sacro e i capi del popolo, le autorità religiose, i sommi sacerdoti di fronte
alla rivendicazione di Gesù di avere la condizione divina, ritengono che abbia
bestemmiato.