mercoledì 8 marzo 2023

OMELIA DOMENICA 12 MARZO 2023

 



III DOMENICA QUARESIMA /A

Paolo Cugini

 

Siamo alla terza tappa del tempo di quaresima dell’anno A, un itinerario che dovrebbe aiutarci a riscoprire il senso del nostro battesimo. C’è un’acqua che cerchiamo e che non ci disseta mai, perché ne abbiamo sempre bisogno. C’è un senso della vita che non troviamo e che ci lascia sofferenti interiormente. È possibile che non esista un’acqua capace di dissetare in modo definitivo la nostra sete di giustizia, il nostro bisogno di amore, il nostro desiderio di pace? Il Vangelo di oggi cerca di rispondere a queste importanti domande. Due considerazioni mi sembrano importanti da fare sulla narrazione di oggi. La prima è sull’incontro al pozzo di Giacobbe tra Gesù e la Samaritana. L’altra considerazione e su quello che Gesù dice a riguardo dell’adorazione al Padre.

Gesù, dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Bellissima indicazione esistenziale su Gesù, il suo modo di annunciare il Regno di Dio. Lo fa camminando per le strade, lasciandosi incontrare dalle persone. È un’attività che stanca, ma anche questa stanchezza fa parte dell’annuncio del Vangelo, che è un’attività umana, inserita nella vita quotidiana della gente. Gesù qui lo si vede come uno di noi e va pensato così prima di tutto, come uno di noi, perché in questo modo Gesù ci insegna che il primo passo dell’annuncio è il mettersi in sintonia con color ai quali ci vogliamo dirigere e che il contenuto del messaggio che s’intende annunciare, lo esige. Non si tratta, allora, di un annuncio dalla cattedra, dall’alto al basso, roba da specialisti, di gente che ne sa più di altri. Il messaggio che Gesù porta è intriso di vita, di quotidianità, perché offre delle chiavi di lettura al nostro vissuto, ci indica come vivere meglio. Gesù si fa assetato per agganciare la donna Samaritana. È l’aggancio il punto di partenza di ogni evangelizzazione inculturata. Aggancio che dice di una conoscenza dell’altro, un’attenzione che rivela lo svuotamento del proprio io che si mette in cammino per incontrare la povertà dell’umanità sofferente e tentare di offrire chiavi di lettura, contenuti.

Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!". È il senso di ogni cammino spirituale ed esistenziale: conoscere. Prima o poi occorre fermarsi ad un pozzo della vita e interrogarsi sul senso del cammino. È solo in questo modo che abbiamo la possibilità di trovare il bando della matassa della nostra esistenza e, possibilmente, incontrare il Signore presente nella storia in mezzo a noi.

In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Vale la pena soffermarsi su questo versetto perché dice molto di più delle parole. Esprime, infatti il retaggio di una cultura, di un modo di pensare, che vede la donna inferiore all’uomo. Si tratta della mentalità patriarcale che era dominante al tempo di Gesù e che lo è anche oggi. Lo stupore dei discepoli rivela un elemento della tradizione culturale ormai consolidato. Gesù seduto al pozzo di Giacobbe con la donna Samaritana sfida la validità di questa cultura e la smonta dal di dentro rivelando, allo stesso tempo, che non appartiene all’orizzonte della volontà del Padre. L’inferiorità non è dunque un elemento della diversità della donna dall’uomo, ma ne è un derivato culturale negativo che dev’essere evangelizzato. Gesù lo fa con dei gesti, più che con dei discorsi o delle teorie. Si potrebbe affermare per concludere la prima parte della riflessione: solamente nel vissuto quotidiano riusciamo a cogliere la realtà che ci permette d’incontrare il Signore che ci aiuta a smascherare le falsità prodotte dalla cultura degli uomini.

Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così, infatti, il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Questi versetti costituiscono un passaggio centrale non solo per il vangelo di Giovanni, ma anche per il cammino quaresimale che stiamo realizzando. La domanda sottesa, o meglio, che la liturgia di quaresima lascia sottesa all’inizio della terza settimana, è la seguente: da che cosa dobbiamo convertirci? Che cosa dovrebbe cambiare nel nostro cammino di fede in questa quaresima? La risposta la troviamo in questi versetti. Gesù, infatti, nel dialogo con la Samaritana, rivela che la sua presenza nella storia è per aiutarci a passare da una religione del tempio ad una fede nello Spirito del Signore. In altre parole, Gesù ci chiede di trasformare la nostra mentalità religiosa simbolizzata dalla visibilità del tempio posto su di un monte, per un rapporto con il Padre più interiorizzato e, per questo, più libero. La logica del tempio vede nella Legge e nell’apparato sacerdotale una manifestazione del bisogno dell’uomo di controllare ogni aspetto della vita, compreso Dio e, di conseguenza, la religione del tempio sarebbe il simbolo di questo modo esteriore e materiale di vivere il rapporto con Dio. La religione schiavizza l’uomo e, soprattutto, non gli permette di cogliere l’essenza di Dio, in quanto filtrata da un reticolo di leggi umane, che ne controllano i movimenti, le azioni, i comportamenti. Al contrario, la fede nello Spirito del Signore, che rivela la verità, che è Gesù Cristo, libera l’uomo dalle paure e dall’angoscia, aiutandolo ad esprimere nella storia la ricchezza della propria originale dignità. Abbandonare la religione del tempio per accogliere lo Spirito del Signore è il vero obiettivo di ogni quaresima e, quindi, anche di questa.

 

 

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