sabato 1 aprile 2023

OMELIA DELLA DOMENICA DELLE PALME 2023





DOMENICA DELLE PALME/A

Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27,66

 

Paolo Cugini

 

La Domenica delle Palme, come sappiamo, apre la Settimana Santa in cui celebriamo il mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. Sono senza dubbio, le celebrazioni più importanti e significative della Chiesa cattolica. Il vangelo che viene proclamato è la narrazione della passione di Gesù nella versione di Matteo. Degli eventi narrati possiamo proporre tre osservazioni. Le chiavi di lettura le prendiamo dalle letture ascoltate.

La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!» (Mt 21). La prima chiave di lettura ce la offre il Vangelo che viene proclamato fuori dalla chiesa e che introduce la celebrazione delle Palme. Si tratta del capitolo 21 di Matteo che narra l’entrata festosa di Gesù a Gerusalemme. Il contrasto tra le grida di gioia del popolo che acclama Gesù e, dall’altra parte, le grida di odio che indicano Gesù per la crocefissione è imbarazzante. Offre, in ogni modo, un dato importante per il nostro cammino di fede.  Non basta dire: “Signore, Signore” per pensare di avere un rapporto profondo con Dio: ci vuole ben altro. Non è un caso se nei vangeli vediamo spesso Gesù nascondersi dopo un miracolo (cfr. Gv 6, 1-11), perché non era interessato alla gloria degli uomini, ma solo ed esclusivamente allo sguardo del Padre. Chi cerca la gloria, è orientato nella direzione opposta di quella che percorre Gesù e, di conseguenza, il fondamento della sua fede è scarso e non regge alla durezza della vita.

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (Is 50,6). Sono le parole del Terzo canto del servo, che ci offrono un’importante chiave di lettura. Lo abbiamo visto anche durante la quinta settimana di quaresima, quando abbiamo ascoltato le confessioni di Geremia che si sfogava con Dio per la durezza della missione. Chi si mette in cammino dietro al Signore, attratto dal suo amore, deve mettere in conto il disprezzo del mondo, che non accetta uno stile di vita diverso. Chi vive nell’egoismo non accetta una vita di donazione gratuita: si sente giudicato e s’innervosisce. Gesù nel Vangelo ricorda che i discepoli e le discepole devono imparare a stare nel mondo come agnelli in mezzo ai lupi, apprendendo, dunque, la dinamica della non violenza: al male i cristiani rispondono con il bene. C’è una differenza qualitativa dei discepoli del Signore, che paga il prezzo durissimo e, a volte, violento, dell’incomprensione del mondo.

Svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò (Fil 2,6s). Che cosa vediamo sulla croce? Un uomo totalmente svuotato di orgoglio e di egoismo e, allo stesso tempo, pieno di amore di Dio. Così pieno da rivolgere parole di amore e misericordia anche ai suoi aguzzini: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34). Il cammino di Gesù nella storia degli uomini e delle donne non è stato caratterizzato dalla ricerca di una gloria personale, di una dimostrazione della propria superiorità e potenza: tutto il contrario. Questo dobbiamo dircelo e sottolinearlo. Il cammino di Gesù ha seguito il sentiero nuovo e difficile dello svuotamento di sé, della propria volontà, per orientare il proprio desiderio a Dio, al suo amore. Una vita spezzata per gli altri non può nascere da un cuore orgoglioso e vanitoso pieno di sé, ma da un’anima piena d’amore di Dio, svuotata di logiche del mondo.

Seguiamo, allora, le indicazioni che ci verranno offerte dalle liturgie della Settimana Santa, per inoltrarci nell’amore di Dio manifestato nella passione e morte di Gesù. Cerchiamo di cogliere il mistero della sua umanità così diversa qualitativamente dalla nostra, ma che ci attrae perché ne cogliamo l’autenticità.

 

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