DOMENICA XVIII B
(Es
16, 2-4.12-15; Sal 77; Ef 4, 17.20-24; Gv 6,24-35)
Paolo
Cugini
Continua
il discorso di Gesù sul pane e il vino e quindi, una riflessione sul
significato dell’Eucarestia. Domenica scorsa i primi versetti del capitolo sei
ci ricordavano come la struttura umana sia caratterizzata dal bisogno guidato
dall’istinto e come diventi necessario riconoscerlo, per non lasciarsi dominare
ed entrare in un cammino di libertà Oggi il testo continua approfondendo il
significato della ricerca.
Il
brano inizia con la folla che cerca Gesù. Questo dovrebbe essere positivo: in
fin dei conti è questo il senso della vita di fede: cercare il Signore. In realtà
non è proprio così e Gesù riprende la folla:
In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché
avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete
saziati.
C’è
un cercare Gesù che non è positivo, perché è mosso dal bisogno materiale, dal
desiderio, dunque, di soddisfare se stessi. Quando i bisogni mossi dall’istinto
prevalgono ancora sulla nostra vita, condizionano anche la ricerca religiosa.
voi
mi cercate non perché avete visto dei segni.
Gesù compie un gesto, la moltiplicazione o
condivisione dei pani e dei pesci, che contiene un significato che va
ricercato, interpretato, compreso. Se non si sono fatti dei passi nella direzione
della comprensione profonda del senso della nostra vita, il rischio è di
rimanere ad un livello superficiale dell’esistenza, al livello degli istinti e
di muoverci perché sollecitati dai bisogni. Gesù pone degli eventi nella storia
dell’umanità e anche nella nostra esistenza, che necessitano di un cammino
previo, quel cammino di ricerca di senso che sollecita la dimensione interiore,
la vita spirituale. È a questo livello di profondità che Gesù ci vuole condurre
per poter essere in grado di comprendere il suo messaggio. Ancora una volta:
rischio di trascorrere tutta la vita senza capire nulla della proposta di Gesù,
per il semplice fatto che non ci siamo mai dati il tempo di uscire dalla sfera
istintuale per entrare in quella della vita interiore. Rischio di una vita
religiosa materiale, che risponde semplicemente a dei bisogni istintuali, più
che ad una ricerca di Dio. Il rischio è di entrare in quel cammino religioso
che non è altro che la massima espressione dell’ateismo, perché invece di porsi
in ascolta della parola di Dio per modificare la propria vita e seguirlo, vuole
piegare Dio stesso ai propri capricci, ai propri bisogni. Ed è questo che fa la
folla protagonista della storia di oggi.
Datevi da fare non per il
cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio
dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo.
Datevi da fare: significa che la ricerca del cibo che
dura per sempre, non è qualcosa di spontaneo, di naturale, ma che va ricercato
con cura, pianificato ogni giorno. La vita spirituale, la cura di se, della
propria vita interiore richiede intelligenza, disponibilità, tempo, il
desiderio di cambiare, di conformare la nostra vita a quella di Gesù. Curare la
propria vita interiore significa disponibilità al cambiamento, disponibilità a lasciarsi
mettere in discussione dal Vangelo per orientare la nostra vita sui passi di
Gesù e abbandonare quelli che il nostro egoismo vuole che compiamo.
Gli dissero allora: «Che
cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è
l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato»
Passare dal piamo materiale della vita a quello
interiore e spirituale, per fare in modo che lo spirito orienti e guidi la
materia, non è facile e non è cosa da poco. Lo dimostra il colloquio di Gesù
con la folla. La domanda della folla è sul piano del bisogno: chiedono che cosa
devono fare. Gesù li riporta sul campo della fede: l’unica opera da compiere è
la fede, credere in Gesù. La fede è il dono di Dio che trova spazio in colui,
in colei che apre la propria vira alla ricerca interiore. In Gesù, vero uomo, è
visibile l’armonia tra la dimensione interiore e materiale della vita. Lui
mangia, dorme, come tutti, ma questi dati materiali non sono l’essenza della
sua esistenza che è, invece, tutta proiettata alla ricerca delle cose di Dio,
del Padre-Madre.
Io sono il pane della
vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!
Cammino interiore come percorso che conduce a
riconoscere la presenza di Gesù nella storia, una presenza che riempie l’esistenza
di senso e la orienta al bene, alla pace, all’amore.