venerdì 19 maggio 2023

OMELIA DOMENICA 21 MAGGIO 2023

 



ASCENSIONE DEL SIGNORE

At 1,1-11; Sal 46; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20

Paolo Cugini

 

Come fare in modo che questo testo parli a noi e possa dirci qualcosa sul nostro cammino? Come spogliarlo dei rivestimenti mitici tipici del linguaggio del tempo di Gesù? In questa prospettiva hanno ragione (in parte) i teologi che affermano la necessità di superare il modello teista utilizzato per secoli e passare ad un paradigma così detto post-teista, capace d’integrare nelle sue narrazioni i dati della scienza e, quindi, di renderle più comprensibili per le donne e gli uomini di oggi. Proviamo, allora questo percorso.

“Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero” (At 1,). Come si fa a leggere queste cose alla domenica, brani che hanno il sapore della mitologia, della narrazione che risente pesantemente dell’apparato culturale del tempo di Gesù, con concezione astronomiche e antropologiche ormai superate e, poi, al lunedì presentarsi al lavoro come se niente fosse? Avere il coraggio di smantellare le costruzioni mitologiche senza pensare che decostruire significhi negare una verità. Anzi, proprio perché cerchiamo quella verità manifestata dalla persona di Gesù, che procediamo nell’operazione di decostruzione delle categorie culturali del tempo per salvare, per così dire, il messaggio autentico. Uscire da ogni finzione che ci porta a parlare e a conversare di contenuti di una cultura che non ci appartiene più, per fare in modo che i nostri discorsi parlino di quei significati esistenziali che s’inseriscono nel nostro vissuto quotidiano, è il senso di un cammino che riesce ad integrare i contenuti religiosi nel linguaggio comune. Il testo ascoltato risente di una visione duale della realtà – cielo e terra, carne e spirito – che non c’entra nulla con la percezione di un mondo interconnesso, come ci stanno consegnando le varie discipline scientifiche, un mondo in cui tutto è in relazione. In questo nuovo con testo cosmologico dove andrebbe a finire il Gesù dell’ascensione?

Prendiamo, allora, dall’ascensione del Signore quei contenuti che possono dirci qualcosa per il nostro vissuto.

Il primo è di tipo educativo. Ogni relazione educativa che intenda essere generativa deve prevedere un momento in cui ci sia un’uscita di scena. Il figlio potrà diventare padre e madre se i genitori, ad un certo punto della vita, sanno uscire dalla loro scena. I discepoli e le discepole hanno potuto divenire maestri perché il Maestro è uscito di scena. Abbiamo la possibilità di crescere e sperimentare le nostre potenzialità, scoprire finalmente chi siamo, solo se le persone di riferimento che abbiamo intorno sanno sparire dalla scena. Chiaramente, ciò sarà possibile se durante la fase della crescita l’educatore – padre, madre, ecc. – ha saputo stimolare gli aspetti generativi della persona. Questo aspetto è ben visibile nella relazione che Gesù ha istituito con i suoi discepoli. A metà del suo cammino verso Gerusalemme li ha inviati a due a due ad annunciare il Regno (Lc 10). Uno avrebbe potuto obiettare che non erano ancora pronti, che la loro preparazione era difettosa. Gesù, senza dubbio, sapeva di tutto questo. Nonostante ciò, li ha inviati, gli ha permesso di fare esperienza, di mettersi in gioco, di sperimentare anche solo per qualche istante, il fascino dell’essere da soli dinanzi al mondo. Nel contesto dell’ultima cena narrata nella redazione di Giovanni, Gesù ad un certo punto afferma: “ho ancora molto cose da dirvi, ma per ora non siete capaci di portarne il peso” (Gv 16,12). Nonostante questa presa di coscienza, di una preparazione ancora molto approssimativa dei suoi discepoli, Gesù se ne va. Che cosa ci dice questo dato? Credo che la cosa più importante che emerge dalla relazione di Gesù con i suoi discepoli è l’aver stimolato in loro la dimensione generativa, la consapevolezza che il discepolo, la discepola devono divenire loro stessi maestri.

“Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). C’è anche u aspetto spirituale che ci viene comunicato dalla festa dell’Ascensione. Gesù rimane sempre con noi. Ci possiamo chiedere: in che modo sarà sempre con noi se non c’è più? C’è un modo nuovo che manifesta la presenza di Gesù non più nella carne, ma nello Spirito. Ce lo ha ricordato anche Papa Francesco, quando nella Laudato Sii arriva ad affermare: “lo spirito di Dio ha riempito l'universo con le potenzialità che permettono che dal grembo spesso delle cose possa sempre germogliare qualcosa di nuovo” (LS, 80). la presenza di Dio nel creato non è qualcosa di distinto da Dio “bensì comunicando la sua propria realtà divina ne fa il costitutivo del compimento della creatura”. Dio comunica se stesso al creato, cosicché lo spirito di Dio è immanente e intimo nelle creature. Gesù continua ad essere presente dentro la storia per permettere ad ogni persona di collaborare al progetto creazionale di Dio. Il processo di creazione, infatti, non si è mai arrestato, ma continua con noi e lo Spirito del Signore che agisce anche in noi permette tutto questo. Il mistero dell’Ascensione, dunque, non afferma la scomparsa del Signore, ma di una presenza nuova.

Durante la sua vita pubblica Gesù ci ha offerto alcune situazioni in cui si manifesta la sua presenza. Percepire la presenza del Mistero di Dio è fondamentale per coloro che desiderano vivere della Parola di Dio. E allora, dov’è Gesù? In primo luogo, lo troviamo nei poveri. Lo ha detto nel Lui: “avevo fame, mi avete dato da mangiare; avevo sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,32s). La nostra relazione con i poveri, prima che essere un dato sociologico è teologico, spirituale. Nei poveri incontriamo il Signore, la sua presenza misteriosa che ci riempi con il suo amore. Mentre doniamo gratuitamente, riceviamo più di ciò che abbiamo donato. Poi incontriamo Gesù nella comunità: “dove due o tre sono uniti nel mio nome io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Comunità che non s’identificano con le forme istituzionali, ma anche e soprattutto con l’incontro di persone che hanno conosciuto il Signore, amano la sua Parola e si trovano in famiglia. Riscoprire modalità nuove di essere comunità che sentono la presenza del Signore è una delle grandi sfide dell’epoca post-cristiana che stiamo accompagnando. “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri" (Gv 13, 34-35). Piccole comunità di persone che si vogliono bene, che si prendono cura gli uni degli altri rendono visibile la presenza del Signore nella storia.

Ascensione significa che il Maestro non è più in mezzo ai suoi discepoli e discepole in una forma materiale, ma in una forma nuova che ha tanti aspetti. Troviamolo e viviamolo.

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