Ger 20, 7-9; Sal 62; Rm
12,1-2; Mt 16,21-27
Paolo
Cugini
Accompagnare il cammino
realizzato da Gesù, ascoltando le sue parole, meditando sulle sue scelte, ci
aiuta a comprendere il senso del nostro cammino, a capire chi siamo e dove
siamo chiamati ad andare. Di Gesù colpisce la chiarezza delle sue posizioni, la
serenità che lo conducono ad affrontare ogni ostacolo. Colpisce anche, la capacità
di dire la verità non solo alle persone che gli sono ostili, come i farisei e i
capi religiosi, ma anche agli amici e, in modo particolare, come è il caso del
Vangelo di oggi, ai suoi discepoli e discepole. Seguire Gesù significa essere
disponibili ad un continuo cambiamento di mentalità, a mettere in discussione
il proprio vissuto per fare spazio al nuovo. Il segreto della riuscita della nostra
vita è nelle sue mani: sentiamo che cosa ha da dirci oggi.
In quel tempo, Gesù
cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e
soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e
venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Gesù è consapevole delle conseguenze
delle parole e delle scelte fatte sino ad ora. Sa molto bene che, se arriverà a
Gerusalemme, com’è sua intenzione, sarà arrestato e soffrirà violenze sino alla
morte. Se sa queste cose, perché continua il cammino? Perché non va da un’altra
parte? Gesù sa molto bene che la bontà delle sue parole e delle sue scelte, lo
stesso significato di ciò che ha detto e fatto, potrà essere compreso solamente se sarà
coerente a se stesso sino alla fine. È proprio questo che dice l’evangelista
Giovanni quando, prima degli eventi tragici dell’ultima cena, che porteranno
alla morte di Gesù in croce, afferma: “avendo amato i suoi che erano nel mondo,
li amò sino alla fine” (Gv 13,1). È questo il segreto della vita di Gesù che ci
viene consegnata con la sua morte tragica: per portare frutto nel cuore delle
persone, la semente gettata nell’esistenza di amici e amiche potrà dare frutto
solamente se morirà, solamente se sarà coerente sino alla fine. È da come
moriamo che dipende la bontà o la negatività delle nostre scelte.
Pietro lo prese in
disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo
non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me,
Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli
uomini!». Da
questo dialogo emerge chiaramente che Gesù aveva ragione quando, nel passaggio
ascoltato domenica scorsa, diceva che l’affermazione di Pietro sull’identità di
Gesù era frutto di una rivelazione dall’alto e che non dipendeva direttamente
da lui. Nel brano appena ascoltato emerge ciò che Pietro ha nel cuore e che non
è molto diverso dalle aspettative degli altri discepoli: un messia potente e la
possibilità di regnare con lui politicamente. Il discorso della sofferenza e
della morte non entra nella prospettiva di chi segue il Signore coltivando
sogni umani. Non entra nemmeno in tutti coloro che cercano il tempio per ottenere
favori personali, C’è molta idolatria nei cammini religiosi, molto paganesimo,
che Gesù è venuto a purificare. Per questo il Signore allontana Pietro con
parole molte dure. Pensare secondo Dio significa cercare ogni giorno la sua volontà,
accogliere il suo Spirito che ci permette di vivere conforme al cammino
intrapreso, nonostante tutto. Pensare secondo Dio, così come si pe manifestato
in Gesù significa smettere di cercare favori personali, usare la religione per
promuoversi.
Se qualcuno vuole venire
dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi
vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per
causa mia, la troverà. È
questo il Vangelo, la bona novella, l’accoglienza della vita che viene da Gesù,
dal suo amore, dalla sua sete di giustizia. La sequela che iniziamo sin dalla
giovinezza dovrebbe aiutarci a fare spazio a Lui, a maturare una scelta
definitiva da rinnovare ogni giorno, cogliendo la ricchezza che s’incontra
durante il cammino. Decidere di accogliere l’amore del Signore comporta la
rinuncia a tutto il resto, il rinnegare quei progetti infantili lasciati
crescere nell’anima nel periodo in cui ancora non c’era all’orizzonte Lui. Imparare
a fissare lo sguardo sul Signore, assimilando la sua Parola, accogliendo il Suo
Spirito, per fare in modo che tutto nella vita sia orientato a Lui e da Lui,
permette di rimanere fermi nel cammino, soprattutto nei periodi più difficili,
Quando la tensione spirituale s’indebolisce, infatti, si apre lo spazio per le
illusioni entrare e queste indeboliscono progressivamente le motivazioni. È proprio
in questi momenti in cui si sente il peso negativo della rinuncia, più che del
valore dell’amore del Signore liberamente accolto, che occorre lavorare sul
desiderio, riorientandolo al Signore, non permettendo, così, che la
frustrazione che l’illusione genera, facendoci desiderare ciò che non abbiamo,
sia rimossa alla radice. Il senso della preghiera personale, del tempo che
dedichiamo alla riflessione sulle parole di Gesù ha come obiettivo quello di
ricordarci da dove proveniamo: attratti dal suo amore. Non è un caso che oggi
la liturgia della Parola ci propone una pagina del diario di Geremia, il
profeta giovane che tante angherie ha dovuto affrontare a causa dell’annuncio
della Parola di Dio. Mentre il profeta si lamenta per la situazione ritenuta
insopportabile e medita in cuor suo di mollare tutto, confida i sentimenti che
sorgevano nel suo intimo: “Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò
più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto
nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo”. È questo fuoco
che siamo chiamati a coltivare, il fuoco dell’amore del Signore che plasma le
nostre anime e ci dà la forza d’affrontare i momenti duri del cammino, che sono
la nostra croce.
Quale vantaggio avrà un
uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? È questa la frase che dovremmo
costantemente ripeterci ogni volta che le motivazioni sembrano cedere alla
violenza delle illusioni. A che serve guadagnare il mondo se poi perdiamo l’anima:
è questo il problema. Facciamo nostre, allora, le parole del salmo ascoltato
oggi, che ci invita a cercare sempre il nome del Signore, a mantenere viva la
sete di Lui: O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha
sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata,
senz’acqua.
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