Paolo Cugini
Scesi dalla barca,
la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione,
cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si
trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i
malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del
suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati (Mc 6,54-56).
La presenza di Gesù attrae gli ammalati. Gesù
è una fonte di vita inserita nella storia e lo scopre chi è malato. Si può fare
una lettura spirituale di questo passaggio del Vangelo. La presenza di Gesù
nella storia manifesta la malattia del mondo, dell’umanità. Gesù entra in una
storia malata, anzi la presenza di Dio nella storia rivela che il mondo, l’umanità
è malata. È questa la grande rivelazione di Gesù. Si accorge della presenza di
Gesù solamente colui, colei che accetta la propria malattia, la riconosce. Solo
così si mette in cammino alla ricerca di una cura e, ad un certo punto del
cammino, scopre che c’è nel mondo colui che può guarire la ferita che provoca
dolore. Aiutare le persone a non nascondere la ferita, ma a guardarla con
misericordia è uno dei compiti della Chiesa, perché solo così può iniziare un
cammino spirituale, che è essenzialmente la ricerca di colui che cura le
ferite.
C’è
un salvatore nel mondo, c’è una fonte di vita inesauribile che Dio ha, per così
dire, conficcato nella storia: lo capisce solamente colui, colei che si accorge
di sanguinare, che si ferma a leccarsi la ferita e, guardandosi in giro
percepisce la presenza misteriosa di Colui che cura.
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