Paolo Cugini
A
chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a
bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo
suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete
pianto!” (Lc 7, 31s). C’è un Dio che fa di tutto per aiutarci a
cogliere la sua presenza. Si è persino incarnato, ha preso le sembianze umane
per avvicinarsi a noi, parlare con noi. Eppure, non è stato riconosciuto dai
suoi contemporanei. Ha fatto di tutto e continua a fare di tutto per fare in
modo che lo riconosciamo, per dare un senso nuovo alla nostra esistenza, per
imparare a vivere come figli e figlie e non come schiavi.
Lo
dice anche, in modo diverso, ma il senso è quello, l’autore della prima lettera
a Timoteo, che è la prima lettura di oggi: “Non vi è alcun dubbio che grande
è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e
riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli angeli e annunciato fra le
genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria (1 Tim 3, 15s).
C’è
un mistero che si è manifestato e non solo si è reso visibile, ma anche intellegibile,
comprensibile. Per questo motivo non abbiamo più motivo di accedere al sacro perché
colui che era distante ed era considerato inavvicinabile si è fatto prossimo a
noi al punto da poterlo toccare, ascoltare.
Nonostante
tutto, però c’è qualcuno che l’ha riconosciuto: Ma la Sapienza è stata
riconosciuta giusta da tutti i suoi figli. Accettare il cammino per
divenire figli e così riconoscerlo: è questo il nostro compito.
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