Paolo Cugini
Nel
tempo di avvento che stiamo accompagnando, la liturgia ci conduce ad immergerci
nel mistero della venuta del Salvatore in modo nuovo. Lo fa, in primo luogo, offrendoci
le letture dei profeti che annunciano l’arrivo di un messia. Ascoltando le
profezie messianiche di Isaia, si rimane colpiti per la bellezza delle immagini
e la ricchezza dei contenuti. In secondo luogo, la liturgia ci propone delle
guide che ci conducono accanto alla grotta di Betlemme per imparare a vedere il
mistero di Gesù con occhi nuovi, gli occhi della fede. E così, siamo stati
accompagnati da Maria, poi da Giovanni Battista e, oggi, da Giuseppe. La
riflessione che propongo non sarà sulla figura di Giuseppe, ma sui contenuti
specifici delle letture. Vediamo.
Siamo
arrivati all’ultima domenica del tempo di avvento e la liturgia ci pone dinanzi
delle letture che dovrebbero aiutarci a comprendere qualcosa del mistero di Gesù.
Il Vangelo di questa domenica è una narrazione della comunità che, dopo la
Pasqua, rilegge la storia di Gesù e la interpreta. Questo primo lavoro della
comunità collega la nascita di Gesù alle profezie dell’Antico Testamento e, in
modo particolare, a quelle profezie messianiche che facevano derivare da Davide
la nascita del futuro messia. Matteo, che parla ad una comunità di giudei, è
molto attento a mostrare il legame tra Gesù e le parole dei profeti. Questa è
già una prima indicazione spirituale molto importante. Per capire e conoscere Gesù
Cristo dobbiamo prendere in mano la Bibbia e sfogliarla. Dice, infatti Matteo: Tutto
questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per
mezzo del profeta (Mt 1,22). Il brano citato dall’evangelista è preso da
Isaia 7, 10-14, che abbiamo ascoltato nella prima lettura e ci vuole aiutare a
porre attenzione alla storia della salvezza, che ci narra di un Dio presente in
mezzo alla storia degli uomini e delle donne e agisce dentro questa stessa
storia. Si tratta, allora, di coglierne la presenza, di accoglierla con fede
per immetterci anche noi dentro questo cammino di vita nuova.
Anche
Paolo comprende il mistero di Gesù alla luce dei testi dei profeti, ma aggiunge
qualcosa. Nel brano che abbiamo ascoltato Paolo afferma: Dio aveva promesso per mezzo dei
suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme
di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo
Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro
Signore (Rom 1, 1s). C’è in Paolo la percezione della doppia origine della
nascita di Gesù. La prima è secondo la carne e viene dal seme di Davide,
proprio come era stato profetizzato dal profeta Natan (2 Sam 7,14s) e poi
ripreso dai profeti e, in modo speciale, dal profeta Isaia. Paolo intuisce che,
a partire dall’evento della risurrezione dai morti, non è più possibile pensare
a Gesù solamente come una persona che viene dalla carne, dalla storia degli
uomini e delle donne, ma c’è qualcosa di più. Paolo dice che Gesù è costituito
Figlio di Dio con potenza secondo lo spirito di santità. Figlio di Dio è un
titolo messianico che troviamo solo nel profeta Daniele, uno scritto del terzo
secolo prima di Cristo e, quindi, uno dei più recenti dell’Antico Testamento.
Questo titolo messianico è l’unico che cela una derivazione divina del futuro
messia. Paolo dice chiaramente che questo legame tra Gesù e il Figlio di Dio è
dovuta alla resurrezione dei morti, che diviene l’evento centrale per
comprendere il mistero di Gesù e della sua identità.
Questo
secondo aspetto appena analizzato, ci conduce verso un’ultima considerazione. Nel
brano del Vangelo di oggi, Matteo parla di compimento, nel senso che gli eventi
che si realizzano attorno alla vita di Gesù portano a compimento quello che era
stato detto dai profeti. Leggendo attentamente i vangeli e ponendo attenzione
alla vita di Gesù ci si accorge che, sin dalla nascita, il compimento delle
profezie non è un’operazione matematica: tutt’altro. Gesù interpreta le profezie,
le vive e le conduce a compimento a modo suo. Per questo motivo il suo modo di
agire crea stupore, imbarazzo al punto che, come abbiamo ascoltato domenica
scorsa, lo stesso Giovanni Battista, che lo aveva annunciato all’umanità,
arriva a chiedersi: “Sei tu colui che deve venire o ne dobbiamo aspettare un
altro?”.
Il
valore di un cammino come quello dell’avvento consiste nell’aiutarci a
scrollarci di dosso le nostre conoscenze religiose, per fare posto alla novità
del Vangelo. La liturgia, dunque, ci aiuta a concentrare l’attenzione su Gesù
Cristo, per imparare a conoscerlo e seguire non le vane dottrine, ma la sua
Parola e il suo esempio.
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