QUARTA
DOMENICA DI QUARESIMA/A
(1
Sam 16, 1b.4a. 6-7. 10-13a; Sal 22; Ef 5, 8-14; Gv 9, 1-41)
Continua
il cammino della quaresima. La liturgia dell’anno A, dopo averci mostrato il
prototipo del cammino di discepolato presentandoci il dialogo tra Gesù e la
Samaritana, oggi ci mostra i diversi modi di porci di fronte al Signore. Il
brano di Giovanni 9, che narra l’incontro di Gesù con il cieco si presta a
questo tipo di analisi. Vediamo.
E
passando, vide un uomo cieco dalla nascita. Uscendo dal
Tempio, Gesù incontra quelli che non possono accedere al Tempio. È la religione
che con le sue regole, con la sua legge, separa gli uomini da Dio e man mano
che andremo avanti nel vangelo, comprenderemo perché l’evangelista attribuisce
il peccato del mondo all’istituzione religiosa. Sopra il mondo c’è una cappa di
tenebre che impedisce alla luce del Signore di arrivare all’umanità. La tenebra
si chiama istituzione religiosa, che è riuscita a convincere le persone che
sono in peccato, che sono impure ed escluse da Dio. Per certe persone non c’è
alcuna speranza, perché nella religione si insegna che l’uomo impuro deve
purificarsi per essere degno di avvicinarsi al Signore. L’unico che può
purificarlo è il Signore, ma se è impuro non si può avvicinare e allora non c’è
speranza! L’istituzione religiosa è una cappa di tenebre che impedisce agli
uomini di scorgere l’amore del Signore.
I
suoi discepoli lo interrogarono: Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori,
perché egli nascesse cieco? Erano talmente sicuri che la
cecità fosse un castigo inviato da Dio, che il loro unico dubbio è se ha
peccato lui o i suoi genitori. Quando tutto va bene, siamo d’accordo, di fronte
a un momento nero c’è il rigurgito dell’uomo religioso e pensiamo: cosa ho
fatto per meritarmi questo o il Signore non me lo doveva fare, perché non me lo
meritavo. È l’idea dei castighi meritati. Rispose Gesù: Né lui ha peccato,
né i suoi genitori. Esclude in maniera categorica che il male sia una
conseguenza del peccato e dobbiamo convincerci. Le opere di Dio sono le opere
della creazione. In questo individuo che non ha usufruito della luce della
creazione, Gesù inaugura le opere di Dio (Gesù rimodellerà l’uomo, con lo sputo
sul fango, a sua immagine e somiglianza). Nell’uomo ritenuto maledetto da Dio,
peccatore dalla religione, emarginato dalla società (è un mendicante), si
manifesta visibilmente l’opera del creatore.
Allora
i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante,
per la prima volta, nel corso della narrazione si dice che è un mendicante, non
solo cieco dalla nascita, emarginato dalla religione che lo ritiene un
maledetto da Dio, è anche emarginato dalla società, perché è un
mendicante, e dicevano: Non è egli quello che stava seduto a
mendicare? La domanda ci lascia perplessi. Perché non riescono a
riconoscerlo? Era cieco e adesso vede (non è che era monco e gli è spuntato un
arto), ma come mai i vicini che lo conoscevano non lo riconoscono? Attraverso
queste espressioni l’evangelista vuole indicare l’assoluta novità, visto che non
c’era mai stato nell’Antico Testamento un caso di una guarigione di un cieco
dalla nascita. Quando una persona ritrova libertà, dignità, grazie all’incontro
con Gesù, diventa una persona nuova pur restando la stessa.
Allora
gli dicevano: Come, dunque, ti si aprirono gli occhi? Entrano
in scena i farisei, la cui incomprensione del mistero della presenza di Gesù
occupa la parte centrale del brano. In tutta la narrazione non c’è alcuna
espressione di gioia e di allegria per la guarigione dell’individuo, la loro
preoccupazione è come ti sono aperti gli occhi. L’espressione aprire gli occhi
verrà ripetuta per ben sette volte; il numero sette richiama sia i giorni della
creazione, e nell’attività di Gesù si vede la continuazione dell’azione creatrice
di Dio, sia la completezza. Questo allarma le autorità, perché Isaia diceva che
tra le azioni che il Messia avrebbe compiuto, c’era quella di aprire gli occhi
ai ciechi. Non significa restituire la vista ai non vedenti, ma liberare le
persone dall’oppressione politica e religiosa.
Altri
dicevano: Ma, come può un uomo peccatore compiere tal segno? E c’era
dissenso (l’evangelista dice scisma) tra di loro.
In qualche fariseo è incrinata l’ostentata sicurezza di quelli che ragionano
con in mano il codice di diritto, come può essere peccatore uno che compie tali
segni? L’azione di Gesù che comunica vita, luce, al cieco nato, mette in crisi
il gruppo dei farisei e l’evangelista mette le basi della tensione sempre
esistente nella comunità cristiana. Ci sarà sempre tensione tra chi guarda alla
legge di Dio e chi guarda il bene dell’uomo. Ma i Giudei non credettero: i
farisei scompaiono ed entrano in campo i Giudei, i capi religiosi e civili di
lui che era stato cieco, La denuncia dell’evangelista è tremenda: le autorità
religiose per difendere la loro teologia negano l’evidenza e difendono il
proprio prestigio e se stessi. Per salvaguardare il proprio interesse sono
pronte a tutto, anche al crimine. Il fatto è evidente: il cieco adesso vede, ma
poiché questo mette in crisi la loro teologia, che non può essere negata,
negano il fatto evidente.
Questo
dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei. È
la prova che il termine Giudei non indica gli appartenenti al popolo, ma i
capi; anche i genitori del cieco sono giudei, eppure hanno paura dei Giudei.
Infatti, i Giudei si erano già accordati, che se uno l’avesse riconosciuto come
Messia, venisse espulso dalla sinagoga. I capi del popolo, sommi sacerdoti,
scribi, che dovevano presentare al popolo la volontà di Dio e che in teoria,
nella preghiera, pregavano per l’arrivo del Messia, avevano il terrore del suo
arrivo e avevano già stabilito che se qualcuno riconosceva Gesù, Messia, doveva
essere espulso dalla sinagoga.
Una
cosa so: ero cieco e adesso ci vedo. La forza
dell’esperienza personale, della verità che passa attraverso la realtà: è
inconfutabile. È questo che lascia i capi religiosi infuriati. Quando esiste un
conflitto tra una verità rivelata, tra la dottrina, tra la teologia, la propria
esperienza e la propria coscienza hanno il primato. La storia purtroppo ci ha
insegnato che spesso le persone hanno sacrificato la propria vita e affettività
e sessualità perché c’era una religione che diceva: voi siete in peccato.
E lo cacciarono fuori. Lo scomunicano, come hanno fatto con Gesù,
quando è uscito dal Tempio. I responsabili della cecità dell’uomo scaricano la
colpa su di lui. L’uomo dovrebbe ritornare ad essere cieco per dare ragione ad
essi ed essere a posto con Dio. Il loro crimine è che l’uomo per non vivere in
peccato, dovrebbe rinunciare alla vita. Gesù
udendo le autorità: non ascoltano il popolo, non hanno nulla da
imparare, Gesù ascolta che lo avevano cacciato fuori, fu a cercarlo. Gesù non
lo lascia in balia degli avvenimenti, una volta che ha iniziato il suo lavoro,
gli va incontro in una comunicazione incessante e crescente di vita.
E gli disse: Tu credi nel Figlio dell’uomo? ritorna il titolo più applicato da Gesù a se
stesso ed è, per la mia esperienza, il meno conosciuto nelle comunità cristiane.
La gente sa cosa vuol dire Gesù Cristo, il salvatore, il redentore e conosce
gli altri titoli, ma è ignorante per il Figlio dell’uomo, che è per noi il più
importante. Perché conosciamo meno questo titolo, il più presente nei vangeli e
che Gesù applica sempre a se stesso? Cos’è il Figlio dell’uomo? È l’uomo che,
avendo raggiunto il massimo della sua umanità, entra nella condizione divina,
non è un’esclusiva di Gesù, è una possibilità per tutti i credenti. È un uomo
pienamente libero, che non ha nessuno al di sopra di sé, neanche Dio, perché è
lui Dio.
Egli rispose: Chi è, Signore, perché io creda in
lui? Gesù gli disse: Tu lo hai visto:
non dice: tu lo vedi. Aveva detto prima detto: credi nel Figlio dell’uomo, in
me come pienezza di vita? e alla domanda del cieco: chi è? avrebbe dovuto dire:
tu lo vedi, invece è: Tu lo hai visto, rimandando all’esperienza passata,
quando gli aveva messo il fango sugli occhi e alla gente che non lo
riconosceva, aveva risposto: Io sono, cioè l’uomo con la condizione divina. È
l’uomo modellato a immagine e somiglianza di Dio, come si è riflessa in Gesù.
L’uomo ha già visto la condizione dell’uomo-Dio in Gesù. colui che parla con te
è proprio lui.
Ed egli disse: Credo Signore! E lo adorò. L’ex cieco non scopre qualcosa di nuovo, è capace di dare il nome a quello che aveva sperimentato. Il cieco gli dice: Credo, Signore! E lo adorò. Nell’episodio della samaritana Gesù aveva detto che il Padre cercava tali adoratori: l’uomo espulso dal Tempio, dove si riteneva esserci la presenza divina, non la perde, ma incontra quella vera. L’unico vero santuario, in cui si manifesta la potenza dell’amore di Dio, è Gesù e quanti gli danno adesione.
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