domenica 26 febbraio 2023

VANGELO DI GIOVANNI CAPITOLO 12

 






Ritiro Spirituale di quaresima 2023

Galeazza domenica 26 febbraio

 

 

[Annotazioni di Paolo Cugini]

 

Betania è indicata come il luogo di Lazzaro, prima invece era stata indicata come il villaggio di Maria e di Marta; da questo momento viene indicata come il luogo di Lazzaro. Betania non è soltanto una indicazione topografica, ma teologica ed indica la comunità di Gesù dove si testimonia una vita capace di superare la morte. 2 E qui gli fecero una cena Il termine cena appare tre volte in Giovani e tutte le volte ha il significato dell’ultima cena (eucaristia) e la prossima volta, al capitolo 13 è proprio l’ultima cena, si tratta perciò dell’eucaristia. Era uso nelle comunità giudaiche e anche in altre culture, celebrare il banchetto funebre, una settimana dopo il decesso del defunto. Era un pranzo dove si lasciava vuoto il posto riservato al defunto. La comunità cristiana, a posto del banchetto funebre, celebra l’eucaristia, la cena è immagine dell’eucaristia. L’evangelista scrive: Marta serviva, il verbo diaconeo significa servizio fatto liberamente e volontariamente per amore.

L’evangelista si rifà al famoso libro dell’Antico Testamento, il Cantico dei cantici, dove si narra in maniera altamente poetica l’amore nuziale, e l’amore della sposa verso lo sposo si esprime con queste parole: mentre il re è nel suo divano il mio nardo (ecco il nardo, Giovanni vuole indicare nel nardo il profumo della sposa nei confronti dello sposo) spande il suo profumo, ancora un re è stato preso dalle sue trecce. Sono elementi che troviamo nella narrazione, dove l’evangelista adopera, volutamente, un linguaggio nuziale. Maria rappresenta la comunità sposa di Gesù, che è lo sposo. Bisogna comprendere bene per non finire poi nel Codice da Vinci e varie storielle! Il privilegio di Israele era di considerarsi il popolo sposa (cioè in piena comunione con) di Dio; con Gesù questo privilegio cessa e non è più riservato ad un popolo, ma è esteso a tutta l’umanità. Tutti coloro che accolgono la voce di Gesù e rispondono al suo desiderio di pienezza di vita, fanno parte di questo popolo-sposa. La comunità di Gesù, rappresentata da Maria, svolge la scena dal linguaggio nuziale: unse i piedi di Gesù, li asciugò con i suoi capelli (le donne andavano velate e potevano mostrarsi senza velo soltanto dal marito). L’evangelista indica il rapporto nuziale che c’è tra la comunità, rappresentata simbolicamente da Maria, nei confronti di Gesù.

Nel vangelo di Giovanni ci sono due cene e in entrambe è presente la lavanda dei piedi. Al capitolo 13 sarà Gesù che laverà con l’acqua i piedi dei discepoli, per purificarli e per far sì che loro, che si consideravano servi dei signori, si sentissero signori. Qui invece c’è Maria che unge, nel senso di consacrare, riconoscere, i piedi di Gesù perché la vita è più forte della morte. Questa è la caratteristica della comunità cristiana, secondo l’evangelista.

4 Ma Giuda l’Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, è la seconda volta che Giuda compare nel vangelo di Giovanni. Alla prima apparizione Gesù, riferendosi a lui, lo aveva denunciato come un diavolo e parlando di Giuda aveva detto: non sono forse io che ho scelto voi dodici? Eppure, uno di voi è un diavolo. Nei vangeli i diavoli non sono essere spirituali da temere, sono esseri concreti in carne e ossa, che agiscono in maniera subdola all’interno della comunità, e in Giovanni il diavolo è definito come colui che è bugiardo, menzognero e assassino.

5 Perché quest’unguento non si è venduto per trecento denari e per darlo ai poveri? Comprendiamo così che l’unguento è prezioso. La paga di un operaio era di un denaro, e trecento denari è quasi la paga di un anno di lavoro di un salariato. La comunità ha preso un profumo di grande valore, con riconoscenza per una vita capace di superare la morte e lo ha effuso su Gesù e su tutta la casa. L’amore dimostrato dalla comunità a Gesù nuoce agli interessi di Giuda. Nel vangelo Giuda si danna non perché sia particolarmente malvagio, ma perché è l’uomo che ha rifiutato di crescere: si cresce soltanto con il dono di sé agli altri. Chi vive unicamente centrato sui propri bisogni e interessi, non cresce e quando muore trova la morte definitiva.

8 I poveri, infatti, li avete sempre fra voi, ma non sempre avete me. Non c’è una comunità e i poveri, ma una comunità di fratelli in cui i poveri sono i componenti della stessa e soprattutto la loro presenza assicura quella di Gesù. Una comunità, in cui i poveri non sono accolti, è una comunità dove non c’è Gesù: i poveri, infatti, li avete sempre fra voi, ma non sempre avete me. La garanzia di avere sempre nella comunità la presenza di Gesù è quella di avere i poveri.

9 Intanto una gran folla di giudei, in questo caso è il popolo, venne a sapere che Gesù si trovava là e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva resuscitato dai morti. La folla viene attratta da Betania, il luogo dove la vita si espande come profumo, che inonda tutta la casa. Il luogo dove splende la luce attrae quelli che sono nelle tenebre. Quando una comunità dà adesione a Gesù, al suo messaggio, produce frutti abbondanti di vita, frutti di serenità, di gioia, di allegria e quanti sono desiderosi e affamati di pienezza di vita vi accorrono, non per ricevere dottrine, ma per vedere, non vogliono insegnamenti, ma esperienze da fare. La folla dei giudei viene a sapere che Gesù si trovava là, a Betania e Betania si converte nella comunità ideale cristiana dove la fragranza del profumo della vita si espande.

11 perché molti Giudei, i capi, se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù. È la fine del sistema. Al capitolo settimo i farisei diedero ordine, alle guardie, di uccidere Gesù – hanno impiegato quattro giorni ed erano nel Tempio - e sono tornate a mani vuote! E i farisei chiedono: perché non lo avete arrestato? Le guardie rispondono: perché nessuno ha mai parlato come lui. Si scatena contro l’ira dei farisei, che dicono: forse gli ha creduto qualcuno dei capi? La fede dei capi deve essere il parametro della fede degli altri. Il popolo non ha libertà di coscienza, non è libero di credere in ciò che vuole e come vuole, deve credere esattamente come credono i capi e se anche i capi cominciano a credere in Gesù, è il crollo del sistema e Gesù va eliminato. E molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù, ma è mai possibile questo? L’evangelista ci lascia in sospeso, ma vedremo che razza di fede è mai questa. Quando si aderisce ad un sistema di potere, si è talmente invischiati che è poi difficile uscirne.

e uscì incontro a lui gridando: Il verbo uscire è lo stesso adoperato nel Libro dei Numeri, nell’Antico Testamento, per indicare l’esodo, l’uscita del popolo d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto per andare nella terra promessa. La terra promessa, per opera della casta sacerdotale al potere, si era trasformata in una terra di prigionia, di morte da cui bisogna uscire. E uscì incontro a lui gridando: Salvaci ora! osanna in ebraico hosha’nà, salvaci adesso, è presa dal salmo 118,25 recitato nella festa delle capanne.

benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele! Hanno sbagliato personaggio, la folla attende il Messia re d’Israele. Erano secoli che i profeti, le tradizioni, avevano suscitato nel popolo umiliato, sottomesso da altre potenze, desideri di rivincita, di rivalsa attraverso il Messia: quando arriverà il Messia, questo piccolo popolo di Israele dominerà tutte le altre nazioni, le assoggetterà e si impadronirà delle loro ricchezze. Era il regno di Israele, basato sulla violenza e sull’arricchimento; nulla di più lontano da Gesù.

14 Ma Gesù, trovato un asinello, sedette su di esso, l’unico monumento equestre su di un asino è quella di Sancho Panza di Don Chisciotte, i grandi non stanno su di un asinello, ma su un bel destriero. Al tempo di Gesù la cavalcatura regale era la mula. Di fronte ad una folla immensa (in tempo di Pasqua a Gerusalemme c’erano fino a 150.000 persone) che è pronta a sottomettersi, Gesù poteva organizzare un colpo di stato, detronizzare il sommo sacerdote, far fuori la guarnigione romana e iniziare uno dei tanti movimenti sanguinosi di rivolta presenti nella storia di Israele. È la tentazione di Gesù di diventare il re di questo popolo. Di fronte alla folla che gli viene incontro, riconoscendolo come il re vittorioso, Gesù fa una scelta e trovato un asinello, mezzo di comune locomozione della gente, ogni famiglia aveva l’asinello, e si sedette sopra. Il verbo sedere appare due volte in Giovanni accompagnato dal verbo gridare: Gesù siede sull’asino dove c’è la folla che grida osanna, poi siederà nel posto dell’imputato, nel tribunale, con la folla che griderà: toglilo, toglilo, crocifiggilo! Quando la folla si accorge di aver sbagliato persona, che Gesù non ha alcuna intenzione di essere il leader guerriero, dominatore, non sa che farsene e la stessa folla che ora lo acclama osanna, salvaci, dopo dirà che se ne vuole sbarazzare. Ma Gesù, trovato un asinello, sedette su di esso, e l’evangelista ci vede l’allusione alle profezie dell’Antico Testamento.

19 I farisei allora dissero fra di loro: Vedete che non concludete nulla? Ecco il mondo gli è andato dietro! Pare, ed è strano, che Gesù sia riuscito ad attrarre anche dei capi, che credono in lui, ma non è riuscito ad attrarre neanche un fariseo, eccezione fatta (bisogna vedere fino a che punto!) con il buon Nicodemo, perché questo? I farisei, cioè i separati, sono persone che vivono in un ordinamento religioso talmente strutturato con regole, prescrizioni, devozioni dove non c’è posto per Dio. È la religione, tante volte lo abbiamo detto, che rende atee le persone ed impedisce di scoprire Dio nella loro esistenza. I farisei sono quelli che si separano dalla gente per innalzarsi verso un Dio che vedono sempre in alto; con Gesù Dio, creduto in alto, è sceso per incontrare la gente, loro si innalzano per incontrare Dio. Dio è sceso per incontrare l’uomo e più loro si innalzano e si allontanano sempre più da Dio. Per questo Gesù ha fatto fiasco completo con i farisei, che è il gruppo che resta fuori dalla sua sfera di attrazione. Gesù è luce che attrae quanti sono nelle tenebre, ma loro che sono essi stessi tenebre, non sono attratti, hanno paura di estinguersi?. Mentre i farisei vengono presentati uniti, compatti quando si tratta di attaccare Gesù, adesso stanno dividendosi incolpandosi gli uni e gli altri. Le persone religiose che si ritenevano più vicine a Dio, gli illuminati da Dio, il titolo ambito dai farisei era: guide dei ciechi, sono in realtà ciechi. La luce di Gesù illumina ogni persona, con i farisei non ci riesce, non può nulla. La struttura religiosa li rende completamente refrattari all’azione divina.

20 C’erano anche alcuni Greci Incomincia l’attrazione di Gesù su tutta l’umanità, sono le pecore di altri ovili che viene a liberare. tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa. Tutto il mondo va dietro a Gesù e i Greci sono i primi ad essere conosciuti. Con questo termine si indicano in generale gli stranieri provenienti dal mondo ellenico; quelli che si stanno avvicinando alla religione giudaica sono o simpatizzanti o proseliti ed erano saliti per il culto durante la festa. Non sono pecore dell’ovile di Israele, ma il pastore deve chiamare anche queste verso la libertà.

E chiesero a lui dicendo: “Signore, vogliamo vedere Gesù”. Il desiderio di vedere Gesù riveste il carattere di conoscere, è un vedere che porta a credere, come Gesù aveva già detto: questa è infatti la volontà del Padre mio che chi vede il Figlio, vede anche lui, abbia la vita eterna. Vogliono vedere Gesù non per una semplice curiosità, ma per conoscere e poi credere. Gesù nel Tempio, a Gerusalemme, non solo attrae i Giudei, che erano andati lì per il culto, ma anche i greci. Abituati da secoli, nel mondo ebraico, a una ideologia che faceva vedere Israele come il popolo eletto, il popolo superiore che avrebbe dovuto dominare tutti gli altri popoli, gli apostoli non riescono a capire che il messaggio di Gesù è un messaggio universale.

23 Gesù, infatti, rispose loro dicendo: È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. Loro vogliono vederlo, perché Gesù dà questa risposta? In Giovanni la glorificazione significa il momento della morte di Gesù, nel quale si manifesta tutta la sua realtà interiore e tutta la pienezza della sua divinità. È solo nella sua morte che si potrà vedere, conoscere e credere in Gesù quale Figlio di Dio. Solo sulla croce si manifesta pienamente la condizione divina.

24 In verità in verità vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto. Mediante la comparazione del chicco di grano con se stesso, Gesù insegna che il chicco contiene una energia vitale che attende di manifestarsi con una forma nuova. Ogni chicco è una fase temporanea della sua esistenza e attende soltanto il momento in cui gli verrà consentito di manifestarsi in una forma nuova: non è fine a se stesso, ma è un processo di crescita che non si esaurisce nel chicco, che deve continuare la sua esistenza fino a manifestare una forma completamente nuova. L’evangelista sta dicendo che in ogni uomo ci sono delle capacità, delle potenzialità che non appaiono (il chicco di grano non sa cosa può diventare, gli è sconosciuto), ma solo il dono di sé le libera perché esercitino tutta la loro efficacia. La morte non distrugge l’individuo, ma permette un’esplosione di fecondità. Le energie che sono racchiuse nel chicco di grano, quando arriva il momento della morte si liberano e si trasforma in una spiga. In un contesto che si riferisce alla missione con l’umanità, qui rappresentata dai greci, ci fa comprendere che si può produrre vita soltanto donando la propria. Chi rimane chiuso in sé è sterile, chi dona produce abbondanza di vita. Giovanni è l’unico evangelista che non ha il racconto dell’istituzione dell’eucaristia (dell’ultima cena), ma in realtà è quello che più di tutti gli altri ne fa comprendere i significati.

25 Chi tiene a se stesso, si perde letteralmente chi ama la propria vita chi odia se stesso in questo mondo si conserva per la vita eterna. Il versetto così formulato contiene un accento molto ebraico, dove non esistono sfumature nei verbi e per dire preferire o non, c’è amare e odiare. Non si tratta di odiare, ma di preferire; amare e preferire la vita ha il significato di vivere per sé; odiare che significa non amare, equivale a vivere per la vita degli altri. Gesù dice: chi vive per sé, distrugge la propria esistenza; chi invece vive per gli altri, non solo non perde, ma continua l’esistenza nella vita eterna (vita eterna è zoe, un termine che l’evangelista ama tanto). Chi è unicamente centrato su se stesso non sviluppa zoe, la vita divina che per crescere deve essere alimentata.

32 E quando sarò elevato da terra notate la bellezza del vangelo: il capo di questo mondo cade, Gesù viene innalzato attirerò tutti a me. Alla caduta del capo di questo mondo coincide l’elevazione di Gesù. Quando il sistema crede di avere eliminato Gesù, emettendo la sentenza di morte, in realtà non avrà fatto altro che ratificare la sentenza della propria morte e sarà la fine. Con la morte di Gesù, a cui l’evangelista accenna, l’istituzione religiosa ha smascherato finalmente se stessa, rivelandosi per quello che è. Nonostante i paramenti religiosi, le liturgie e i titoli, i capi religiosi si sono rivelati per quello che sono: una banda di criminali pronta a tutto pur di non perdere il dominio sul popolo. Ora con Gesù c’è per i credenti una alternativa: è possibile non sottostare più al dominio dell’istituzione religiosa e accogliere il suo messaggio, non per entrare in un’altra istituzione religiosa. Gesù aveva detto: io li chiamo perché escano dall’ovile, non per portarli in un altro ovile. Quanti danni si sono generati dall’errata traduzione di San Gerolamo dicendo: e saranno un solo ovile, un solo pastore! Gli ovili, il recinto, sono finiti; il recinto che dà sicurezza, ma toglie libertà, è finito. Gesù non dice: sarà un solo ovile, ma sarà un gregge, un pastore.

Chi è questo Figlio dell’uomo? Non riescono a capire. Figlio dell’uomo è una espressione non originaria degli evangelisti, l’hanno modificata e si trova nel libro del profeta Daniele, 7,13. Daniele fa un sogno e dal mare, simbolo del caos, emergono quattro animali in serie crescente, uno più mostruoso dell’altro. Sono i quattro grandi imperi dell’epoca: l’impero babilonese, dei medi, persiano e macedone. Ogni volta la gente attende la salvezza in un potere ancora più forte e ogni volta la situazione è peggiore.

Gli evangelisti hanno preso l’immagine di un uomo che ha condizione divina non perché gli altri popoli lo servano, ma perché egli si metta a servizio degli altri; non perché avrà un potere, ma un amore. Figlio dell’uomo è una espressine che troviamo nei vangeli ed è la meno compresa, almeno da parte dei cristiani. I titoli di Gesù nei vangeli sono: Figlio di Dio e Figlio dell’uomo: Figlio di Dio significa che in Gesù si manifesta Dio nella condizione umana e noi non conosciamo altro Dio. L’unico Dio che noi conosciamo è Gesù, una persona pienamente umana, pienamente sensibile ai bisogni e alle sofferenze degli altri; Figlio dell’uomo significa l’uomo nella sua condizione divina. Entrambi gli atteggiamenti si fondono in Gesù che è Dio nella sua condizione umana, ma è l’uomo che manifesta la condizione divina; non è un titolo esclusivo di Gesù, ma una possibilità per tutti i credenti.

35 Gesù allora disse loro: Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. È l’ultimo drammatico avviso prima che si consumi il rifiuto del suo popolo, ma anche questa parola rimane inascoltata. Gesù sta parlando di luce, di tenebre e l’unico che lo ha conosciuto come Figlio dell’uomo è stato l’uomo che era cieco dalla nascita. Il cieco dalla nascita, una volta che ha incontrato Gesù, ha ricevuto la luce ed essendo stato plasmato ad immagine e somiglianza ha capito che è il Figlio dell’uomo. Quando torna e ci vede, i vicini non lo riconoscono e non è che avesse cambiato fisionomia, gli è tornata solo la luce. L’evangelista vuol fare capire che quando una persona, che è stata sempre succube della religione, incontra Gesù, ricupera la libertà, è la stessa di prima, ma è una persona completamente nuova e quelli che vivono sottomessi non la possono riconoscere. Quando gli chiedono: chi è, questi risponde (ed è l’unica persona nei vangeli, nessun’altra lo fa, nemmeno Giovanni il Battista all’inizio del vangelo usa questa formulazione), io sono, che è il nome di Dio. Quando Mosè ha chiesto sul Sinai alla divinità chi sei, Dio ha risposto: Io sono. Nei vangeli è una formula esclusiva di Gesù, con cui conferma la sua condizione divina.

37 Sebbene avesse fatto tali segni davanti a loro, non credevano in lui, è un amaro commento! Gesù ha compiuto tanti segni, la resurrezione di Lazzaro è stato il più clamoroso perché con questo non ha tolto la paura della morte, ha liberato dalla morte. È una conseguenza finale dei tanti segni che Gesù aveva compiuto. Sebbene avesse fatto tali segni davanti a loro, non credevano in lui, è un riferimento ai segni compiuti da Mosè.

42 Ciò nonostante anche tra i capi, molti credettero in lui, allora è possibile essere capo e credere in Gesù! Contraddice quanto ha detto in precedenza: chi vive nell’ambito del potere non può cogliere il messaggio di Gesù. Ma non tutti i capi sono uguali: nonostante questo molti credettero in lui, finalmente c’è una speranza! È una perfida ironia dell’evangelista: ma a causa dei farisei non lo riconoscevano apertamente, per non essere espulsi dalla sinagoga. È un credere che non è un credere. Quando Gesù aveva aperto gli occhi al cieco nato, i capi sottopongono i suoi genitori ad un interrogatorio per costringerli ad ammettere innanzitutto che non fosse il loro figlio, e poi che non era cieco dalla nascita. I genitori rispondono vigliaccamente: chiedetelo a lui, è già maggiorenne. Giovanni sottolineava: dissero così perché avevano già stabilito che se qualcuno avesse riconosciuto Gesù come Cristo, sarebbe stato espulso dalla sinagoga. Essere espulsi dalla sinagoga non vuol dire essere espulsi da un luogo di culto (il che non sarebbe poi tanto male), ma significa la morte civile. Non è possibile aver rapporti con le persone cacciate dalla sinagoga, bisogna tenere una distanza di almeno due metri, non è possibile né comprare né vendere.

Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato, di nuovo l’evangelista ritorna sul tema fondante del suo vangelo. Non si può separare Gesù da Dio.

45 chi vede me vede colui che mi ha mandato. Questo perché sono le stesse opere e soltanto conoscendo Gesù si capisce chi è Dio, colui che desidera il bene e la felicità dell’uomo e concorre a questo bene, anche andando in contraddizione con la sua stessa legge o quella che è creduta essere legge di Dio.

49 Perché io non ho parlato da me, ma colui che mi ha mandato, il Padre, egli stesso mi ha comandato che cosa devo dire e parlare. Gesù fin dall’inizio è stato presentato come la Parola di Dio, il Logos e Giovanni, nel Prologo, ha scritto che si è fatta carne, non un libro. Questo è importante. Non dice che la parola si è fatta uomo; ha scelto il termine carne, che indica l’uomo nella sua debolezza. La potenza della luce del Signore, il suo messaggio, il logos o progetto, che era prima degli inizi della creazione, non si è manifestato in un libro, si manifestato nella carne di un uomo, cioè nella sua debolezza. Non è un superuomo che mette soggezione e che non sia raggiungibile, ma è un uomo mortale, un uomo nella sua debolezza.

 

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