IX
domenica C
(1
Re 8,41-43; Sal 116; Gal 1,1-2.6-10; Lc 7,1-10)
Paolo Cugini
Lo
ricorda in modo chiaro Paolo nella seconda lettura di oggi: non c’è un altro
Vangelo (Gal 1,7s). La tentazione di modificare il contenuto della proposta di
Gesù, considerata scandalosa dagli ebrei e folle dai greci (1 Cor 1,23), ha
accompagnato tutta la storia della Chiesa e continua tutt’ora. Assimilare il
Vangelo richiede una prerogativa fondamentale: la disponibilità ad accoglierlo,
a lasciarsi mettere in discussione e, quindi, cambiare. Si tratta di permettere
al Vangelo che rinnovi il nostro modo di pensare, lo trasformi (Rom 12,1-2) per
renderci capaci di entrare nel mondo come persone nuove, in grado di vedere la
storia con uno sguardo che viene dall’alto e che, allo stesso tempo, diviene
motivo di speranza per tutti e tutte. Il Vangelo di oggi affronta uno di quei
temi delicati che facciamo fatica ad assimilare, che è il tema della fede. C’è
una libertà nello sguardo di Gesù sulla storia degli uomini e delle donne che
ci sconvolge e, spesso, ci disorienta. Che cosa significa avere fede nella
prospettiva inaugurata da Gesù e perché è così importante nella dinamica del
Vangelo?
Egli merita che tu gli conceda
quello che chiede - dicevano -perché ama il nostro popolo ed è stato lui a
costruirci la sinagoga (Lc 7, 4-5).
Il
tema del merito lo troviamo frequentemente trattato nell’Antico Testamento e
indica la possibilità di meritarsi la salvezza per le opere che facciamo. In
questa prospettiva, l’osservanza della legge mosaica dà la possibilità al
fedele di conquistare il premio di una vita lunga, benedetta dal Signore. È questa
una delle idee religiose più radicate nell’animo umano che, allo stesso tempo,
rivela un modo di vedere Dio e la nostra relazione con Lui. Se possiamo
meritarci la salvezza, infatti, allora Dio può essere piegato ai nostri
desideri e il rapporto con il divino non è più cammino di trasformazione, ma
viene relegato tra le tante possibilità umane. Nella storia narrata dal Vangelo
di oggi Gesù mostra un’opinione diversa, radicalmente opposta.
Gesù si incamminò con
loro (Lc 7, 6).
Bellissima
questa immagine, estremamente rivelativa dello stile di Gesù e che ha molto da
dire nel nostro modo di fare pastorale. Non si annuncia il Vangelo semplicemente
dal pulpito, ma camminando con la gente. Il Vangelo, infatti, è un contenuto
che dev’essere inculturato e non calato dall’alto. Gesù cammina con la gente perché
vuole rendersi conto di persona di cosa succede, s’interessa, si prende cura. L’annuncio
del Vangelo non è questione di retorica, di belle parole, ma di vissuto
quotidiano. È camminando con il popolo di Dio che il contenuto nuovo del
Vangelo può essere trasmesso, perché percepito non come un corpo estraneo, ma
inerente alla vita.
All'udire questo, Gesù
lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: "Io vi dico che
neanche in Israele ho trovato una fede così grande!".
Che
cosa colpisce Gesù, che cosa ammira del centurione? È la fiducia totale di
quest’uomo, che tra l’altro – e va sottolineato – è un pagano, non appartenente
al popolo ebraico, nei confronti della parola di Gesù. Il centurione si fida di
Lui, della sua parola. È una fiducia che non si appoggia su nulla, perché non c’è
nemmeno l’appoggio della legge mosaica, visto che è un pagano. Nella risposta
di Gesù si comprende bene che non c’è alcun riferimento al merito, presentato
da alcuni anziani dei giudei, sul fatto che quest’uomo si meritava un beneficio
per il fatto che aveva costruito la sinagoga. L’ammirazione di Gesù per il centurione
è tutta per la fiducia che quest’uomo pone nella sua parola, al punto da non
esigere la presenza fisica del Maestro, ma solo una sua parola. C’è fede quando
c’è fiducia incondizionata nel contenuto della parola. Questa fede così
espressa dal centurione, non dipende da alcuna appartenenza religiosa, ma solo
dal proprio cammino personale. Tutto ciò ha grandi conseguenze nel nostro modo
di stare dianzi a Dio e nel vivere in comunità con i fratelli e le sorelle. La
narrazione di oggi, infatti, ci invita ad un cammino di conversione, per
smettere di vivere nella comunità assumendo ruoli con l’unico obiettivo di meritarsi
dei favori. La gratuità della fede sgorga dal cuore del Mistero di Dio, che si
è manifestato nel dono gratuito del Figlio, che gratuitamente ci ha donato la
sua parola che, quando accolta, genera dinamismi di gratuità visibili nel modo
in cui si relazionano i fratelli e le sorelle della comunità che si riconosce
nella proposta del Vangelo.
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