sabato 26 febbraio 2022

VIII DOMENICA TEMPO COMUNE/ C

 



Paolo Cugini

 

Sir 27,5-8

Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti;
così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti.
I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,
così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.
Il frutto dimostra come è coltivato l'albero,
così la parola rivela i pensieri del cuore.
Non lodare nessuno prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini.

Lc 6,39-45

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: "Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

 

Commento

La vita di fede non si esaurisce nella relazione con Dio, nella dimensione trascendente, ma la verità dell’autenticità della relazione con Dio ha una ricaduta nella relazione con i fratelli e le sorelle. È da come ci relazioniamo con i fratelli e le sorelle che si capisce da dove proveniamo, da che percorso esistenziale e spirituale stiamo venendo, da che cammino stiamo realizzando. Mi sembra questo il quadro introduttivo più idoneo che ci permette di entrare nei contenuti delle letture di oggi.

Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

 Il senso del cammino di fede è diventare maestri, ciò, assumere la responsabilità delle persone che ci vengono affidate. Diventiamo adulti quando assumiamo la responsabilità effettiva di accompagnare le persone che ci vengono affidate, sia nella famiglia che nella vita sociale. Siamo chiamati a divenire padri, madri e questo esige un percorso fatto a tappe, un’assimilazione di contenuti che non vengono trasmessi con le parole, ma con l’esempio. Possiamo divenire padri, madri, maestri solamente se avremo qualcuno dinanzi a noi che ci guida in questo percorso, che ci prende per mano, che è attento alla nostra crescita, che rispetta la nostra libertà.

 Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?

Diveniamo padri e madre se durante l’adolescenza e la giovinezza incontriamo qualcuno che ci aiuto a togliere la trave dai nostri occhi, che ci aiuta migliorarci, a fare un cammino dentro noi stessi, ad imparare a verificare noi stessi, i nostri atteggiamenti, prima di andare verso l’altro.

Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero cattivo che produca un frutto buono.

Si tratta di capire che tipo di persone volgiamo essere. Nell’adolescenza e nella giovinezza abbiamo il tempo per impostare la nostra esistenza, per assimilare i contenuti, per fare discernimento, per scegliere il bene e scartare i cammini del male. Simo noi che possiamo orientare la nostra esistenza nel bene o nel male; noi che possiamo decidere che cammino percorrere, perché la realtà, il dato di fatto è che prima o poi emergerà che scelte abbiamo fatto, non potremo più nasconderci.

I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,
così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.
Il frutto dimostra come è coltivato l'albero,
così la parola rivela i pensieri del cuore.

Queste parole del libro del Siracide, riprese e approfondite nel vangelo, dicono esattamente quello che è stato detto sopra. Arriva un giorno in cui si capirà chi siamo, da dove proveniamo. Le nostre parole, il nostro modo di ragionare, rivelano da che cammino veniamo, che percorso abbiamo fatto, che decisioni abbiamo preso nella nostra vita. Il frutto rivela l’albero. L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene. Curare il cuore, vale a dire la coscienza: è un’indicazione di metodo. Tutto il tempo dedicato all’interiorità, Al lavoro sulle motivazioni, non è tempo buttato via, ma è ben speso, perché ci permette di costruire l’albero della nostra vita in modo tale da dare buoni frutti. 

mercoledì 23 febbraio 2022

GUARDARE IL CUORE

 



Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello” (Gc 4,15). Vivere nella prospettiva del Signore. Cammino di fede come cammino di uscita dalla logica egoistica, che pone al centro solo i propri interessi, ma che si apre all’altro. Uno stile di vita che non si lascia schiacciare, travolgere dagli venti, ma li guida, li accompagna, perché li legge e li interpreta alla luce della parola di Dio. Questo stile di vita crea relazioni nel segno della gratuità, dell’attenzione. Chi vive libero dall’ansia della prestazione, che genera relazioni nel segno dell’interesse e, di conseguenza, scatena l’onda delle invidie e delle gelosie, cioè una vita di cattiverie, si rende disponibile a tutto e a tutti.

Chi non è contro di noi è per noi (Mc 9, 40). Gesù non teme la concorrenza e non teme rivali. La sua forza non sta nell’approvazione degli altri, ma nell’amore di Dio, che accoglie continuamente. Il suo sguardo va diritto al cuore e non si ferma sulle apparenze. Chi vive la propria vita non come un possesso privato, ma come un dono ricevuto, impara ad avere uno sguardo ampio, che non vede negli altri dei rivali, ma dei fratelli e delle sorelle, divenendo collaboratore, collaboratrice di un mondo più giusto e più umano. 

martedì 22 febbraio 2022

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLO 20

 


[Annotazioni]

 

1-6: inizio del viaggio verso Gerusalemme

Attraverso le lettere di Paolo riusciamo a capire meglio le motivazioni di Paolo dell’itinerario descritto in questi versetti. Paolo si reca ad Efeso in Macedonia e poi in Grecia (Acaia) cioè a Corinto perché deve organizzare la colletta. Da Corinto Paolo scrive la lettera ai ROMANI. Emerge un dato interessante: Paolo non è un apostolo solitario.

4. i nominativi citati erano probabilmente gli incaricati della colletta per Gerusalemme, colletta che Lc non tiene in considerazione ma che è l’unico motivo di questo gruppo attorno all’apostolo.

7-12: a Troade resurrezione di Eutico

L’attenzione del redattore non è rivolta tanto sul miracolo e sull’azione taumaturgica di Paolo quanto piuttosto sulla funzione svolta da Paolo all’interno della comunità. Luca mira a presentare Paolo nel ruolo di guida e di punto centrale della comunità cristiana. Come responsabile della comunità, Paolo si prende cura di chi cade e lo restituisce vivo alla comunità stessa. Paolo appare come il pastore della Chiesa il quale si prende cura dei credenti. Viene spontaneo cercare un parallelo con la resurrezione di Tabita ad opera di Pietro (At 9, 36 s). C’è comunque, differenza tra i due episodi, perché Paolo viene presentato meno nelle vesti del taumaturgo e più in quelle dell’apostolo che si prende cura della comunità.

Il racconto è anche la più antica testimonianza (con 1 Cor 16,2) sulla celebrazione eucaristica alla domenica.

v. 8: i credenti di Troade si radunano al piano superiore dove c’è posto sufficiente. L’espressione ricorda il luogo dell’ultima cena (lc 22,12), il luogo della preghiera degli Apostoli (At 1,13), ma anche l’episodio della resurrezione di Tabita (At  9, 37s).

v.9 C’è un implicito richiamo ai miracoli di Elia e Eliseo (1 Re 17,17s; 2 Re 4,34s), di Gesù (Lc 7,11-17) e di Pietro (At 9,36s) invitano il lettore a fare suo il giudizio dei cristiani accorsi: Eutico è realmente morto e Paolo opera quindi una risurrezione.

12. Paolo con la Parola, l’azione e l’eucaristia aiuta, incoraggia e consola la comunità.

 

13-16: da Troade a Mileto

17-30: il discorso-testamento di Paolo a Mileto

La collocazione di questo testo è il viaggio di Paolo a Gerusalemme, dove, come sappiamo, Paolo sarà vittima della sua opera missionaria. Paolo a Mileto fa un discorso di addio del tipo che si trova nella Sacra Scrittura: Giacobbe, Mosè, Giosuè e, naturalmente, Gesù. Questi discorsi sono estremamente importanti, perché la persona che sta per morire sembra avere una visione più chiara e profonda della storia, del futuro. La seconda lettera a Timoteo, la lettera a Tito e la seconda lettera di Pietro sono presentate in questo stile di discorso d'addio. Siamo quindi prossimi alla fine della vita di Paolo, alla vigilia del suo martirio.

Paolo vede per l'ultima volta gli anziani della Chiesa di Efeso e offre loro alcune raccomandazioni per il futuro del ministero della Chiesa. Problema: perché Paolo chiese agli anziani di venire a Mileto? Perché non è andato lui stesso a Efeso? Forse perché aveva fretta di arrivare a Gerusalemme o perché non voleva assolutamente tornare in una città dove era stato imprigionato per quattro anni ed era andato vicino alla morte. Paolo manda a chiamare i sacerdoti di Efeso, cioè quelli che guidano la comunità e sono la generazione che lo sostituirà. Ciò significa che siamo nel momento di passaggio tra la prima e la seconda generazione, cioè tra la generazione che ha avuto un'esperienza visiva visibile del Signore e un'altra che non ha avuto questo tipo di esperienza.

Paolo invita gli anziani a riflettere sullo stesso comportamento di Paolo quando era ad Efeso. Come si è comportato Paolo? Come servitore del Signore Gesù Cristo. Paolo nel suo soggiorno a Efeso non fece altro che questo, cioè servire il Signore. Quello che Paolo intende con questo lo troviamo in un testo della prima lettera ai Corinzi. Paolo non vuole passare come un innovatore, un ragazzo originale, ma semplicemente una persona fedele, un discepolo che ha trasmesso agli altri esattamente ciò che aveva ricevuto. Essere servo del Signore significa proprio questo, fedeltà all'annuncio ricevuto e trasmesso.

Il contesto di queste parole di Paolo è noto. È la famosa polemica scoppiata a Corinto per un malinteso, perché le liti che stavano colpendo la comunità erano dovute al considerare i predicatori, come se fossero dei capi. Alcuni si affezionarono a Pietro, altri a Paolo, altri ancora ad Apollo: ciascuno cercava il proprio riferimento essenziale. Per questo, secondo Paolo, nella comunità di Corinto c'erano contrasti, liti e divisioni. In questo è chiaro che i membri della comunità avevano frainteso il significato del predicatore. Il predicatore infatti, non è un capo, ma un servitore, un ministro; non hanno nulla di proprio da trasmettere, ma solo la Parola di Dio che essi stessi hanno ricevuto e che devono trasmettere fedelmente. Ecco perché i Corinzi non possono aggrapparsi ai predicatori, ma a Cristo, poiché Egli è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini. Il predicatore non è altro che un servo del Signore.

 

In tutta umiltà, in mezzo alle lacrime e alle prove che mi vennero addosso per le insidie dei Giudei ”.
Padre Dupont: L'umiltà fa parte dei tratti caratteristici della socialità ed è condizione per l'esercizio della carità cristiana. L'umiltà è un presupposto della concordia fraterna. Il NT, quando parla di umiltà, la accosta alla mitezza, alla pazienza, alla misericordia, cioè a tutte una serie di virtù sociali, che puntano al rapporto con gli altri. In questo senso, l'umiltà non è solo una consapevolezza del sì, ma un modo di mettersi in relazione con gli altri, di vivere il dialogo, la collaborazione, il confronto, cioè tutto ciò che ci porta ad incontrare altre persone.

Il contesto del discorso di Paolo è un invito all'unità e alla comunione. Abbiamo una sola vocazione, una sola speranza. Questi doni spirituali sono troppo grandi per noi per vivere divisi, in litigi, in rivalità. Quindi dobbiamo fare di tutto per comportarci nel modo dignitoso che abbiamo ricevuto, con umiltà, mansuetudine, pazienza, si sopporteranno a vicenda. Questi sono gli atteggiamenti che creano e mantengono la comunione nella vita della comunità. L'umiltà serve per essere una cosa. Oltre all'umiltà, dove si trovano pensieri arroganti e orgogliosi, c'è inevitabilmente una scissione, una rottura e una disunione.

Fil 2,1-4: l'umiltà consiste nel considerare gli altri superiori a se stessi, cioè imparare a porre l'altro e le esigenze dell'altro come scopo, obiettivo, come una delle motivazioni da tenere nelle decisioni. L'umiltà consiste nel cercare il bene e l'interesse degli altri. Essendo l'apostolo, il ministro annuncia qualcosa che non è suo, ma che ha ricevuto, tutto ciò che fa non lo pone al di sopra degli altri, ma al servizio degli altri. Ciò che predichiamo non sono le nostre vesti, ma ci è stato consegnato, possiamo solo dire che il Signore è grande e che le sue opere sono meravigliose. Se riusciamo ad entrare in questa logica del ministero, è inevitabile che appaiano le fondamenta dell'umiltà: non posso essere esaltato dal fatto che il materiale che uso nel ministero non è mio, ma mi è stato donato.

L'umiltà può andare di pari passo con la consapevolezza di Paolo del suo apostolato. Paolo difese con i denti il valore della sua predicazione e la sua dignità di apostolo. Interrogato, ha reagito molto duramente. Questo si vede chiaramente nella seconda lettera ai Corinzi. Perché Paolo ha reagito a questi attacchi? Per mettersi in mostra, per difendersi? No, ma per difendere il vangelo che aveva annunziato, e perché non fosse pervertito; perché nessuno ha inventato altre vie di salvezza che il vangelo.

 Lacrime e prove sono esperienze che hanno accompagnato la predicazione e il servizio di Paolo. Le lacrime sono la manifestazione della tristezza di Paolo per il fatto che la Parola non viene accolta. Insieme all'esperienza di gioia e di consolazione per la parola annunciata e accolta, l'apostolo sperimenta anche il fallimento, il cuore duro di un popolo insensibile e freddo all'annuncio della salvezza. Le lacrime di Paolo significano la sofferenza per la privazione della salvezza nelle persone che ascoltano. Paolo è rattristato dalla comunità cristiana che non vive la conversione. Questo è ciò che dovremmo valutare in questa meditazione, per valutare se i nostri sentimenti nel ministero sono gli stessi di Paolo, come presenta Luca negli Atti degli Apostoli. Lo scopo è formare un atteggiamento unico tra gli anziani che servono la stessa Parola.

 

 

mercoledì 16 febbraio 2022

CONTAMINAZIONE RELIGIOSA

 




Paolo Cugini

Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo (Gc 1,27). C’è un’idea di contaminazione negativa, come del resto anche in paolo e in diversi passi dell’AT, come il libro di Esdra o Neemia. Questa negatività attribuita alla contaminazione religiosa o culturale deriva dalla considerazione che la religione abbia in sé la perfezione e che, di conseguenza, qualsiasi assimilazione di materiale di fuori, rovina il contenuto, lo deturpa. Manca tutta la visione dell’azione di Dio come più ampia dei confini del perimetro di una specifica religione, di un’azione divina che va al di là del controllo della religione di turno. Questa concezione di Dio porta a considerare il mondo solamente come negativo, come incapace di portare elementi positivi. Diversa, invece, è la concezione di Dio nelle profezie di apertura universalista di Isaia, quello dei capitoli finali. Forse, però l’idea più chiara di un’azione di Dio fuori dal recinto della religione è quella che troviamo nelle parole di Pietro nel libro degli Atti degli Apostoli, quando dice: “in verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia a qualunque nazione appartenga” (At 10, 34-35). La stessa idea si percepisce nel miracolo della figlia della donna siro-fenicia. Dopo un dialogo piuttosto imbarazzante che vede Gesù esprimersi con parole non troppo tenere nei confronti di questa donna, Gesù riconosce la sua fede. C’è fede anche in coloro che appartengono a popoli diversi di Israele.

Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente (Mc 8,23-25). C’è una cecità che si cura lentamente, che ha bisogno di più interventi dell’amore di Dio. Cammino di conversione come una realtà spirituale graduale, che richiede tempo e pazienza. Difficoltà nel vedere dove vede Dio e cosa vede Lui. C’è una cecità che si manifesta come chiusura, come mentalità chiusa, incapace di vedere l’azione di Dio che è, grazie al cielo, molto più ampia delle nostre visioni strette e meschine.

 

martedì 15 febbraio 2022

ATTI DEGLI APOSTOLI CAPITOLO 19

 


 

[annotazioni]

1-7: incontro con i discepoli di Giovanni.

Brano che probabilmente serve a Lc per inquadrare la figura di Apollo come uno dei dodici discepoli di Giovanni. Inoltre, sono versetti che ancora una volta permettono una riflessione sul significato del battesimo. Il battesimo di Giovanni è una proposta di cambiamento di vita (Lc3), mentre il battesimo nello Spirito è l’accoglienza della proposta di Gesù, che è un cammino di trasformazione della propria umanità, che non dipende più dalle proprie forze, ma dalla potenza che viene dall’alto, che mi dà carismi particolari (cfr. 1 Cor 12). È importante inquadrare il battesimo nello Spirito nel contesto della letteratura neotestamentaria sul tema dello Spirito Santo: cfr.: Gv 14,26; Gv 16,12; Rom 8; Gal 5, 22s).

Anche il numero 12 è importante nella costruzione redazionale di Lc: rimanda alla prima Pentecoste. Ciò che accadde ad Efeso, mediante Paolo, ha nei riguardi della comunità di Efeso la stessa importanza (At 20,17) dell’evento di Pentecoste a Gerusalemme per l’insieme della Chiesa.

v.1: sembra che Paolo non abbia avuto contatti con Apollo, che sembra un predicatore indipendente. Luca pone i discepoli del Battista fuori dalla sinagoga, a metà strada tra giudaismo e cristianesimo e li considera persone alle soglie della fede cristiana.

2. Si può divenire credenti senza il dono dello Spirito Santo? Per Lc no; chi non ha ancora ricevuto il battesimo nello Spirito è in una fase pre-credente.

3. i due movimenti del Battista e i cristiani, in virtù del battesimo, si assomigliano. Lc ci tiene a sottolineare la differenza. Esiste unicamente il battesimo nel nome di Gesù ed esso è strettamente legato al rito dell’imposizione delle mani che comunica lo Spirito Santo.

 

8-10: soggiorno di Paolo a Efeso

8. Tipico di Lc è presentare il Regno di Dio come contenuto del messaggio.

9. Indurimento, disobbedienza e calunnie: è la risposta della sinagoga. I due primi termini sono spesso utilizzati nell’AT per indicare l’atteggiamento d’Israele nei confronti di JHWH. Qui Paolo non viene scacciato, ma lui stesso si separa: rottura tra chiesa e sinagoga. Sembra evidente che la comunità di Efeso avesse già i propri luoghi di raduno per l’eucarestia, prima dell’arrivo di Paolo.

C’è un nuovo stile provocato dal distacco Dalla sinagoga: la predicazione avviene ogni giorno. Secondo alcune fonti Paolo predicava dalle 11 alle 16, orario che permetteva a Paolo di conciliare il lavoro con l’insegnamento.

Qui si parla di due anni, in At 20,31 si parla di tre anni di permanenza a Efeso, tra il 52 e 55 d.C. Grazie all’azione instancabile di Paolo come predicatore, il Vangelo si diffonde in tutta la regione.

 

11-20: Attività straordinaria a Efeso

Viene messo in luce il potere taumaturgico di Paolo, in parallelo con quello degli apostoli, di Pietro e di Gesù (lc 8,46).

Il nome di Gesù non si lascia usare in formule magiche, ma agisce con potenza soltanto in colui che gli si sottomette nella fede.

Siamo probabilmente in presenza di una leggenda popolare nata in ambiente cristiano, che narrava di esorcismi dei giudei i quali intendono scacciare i demoni in nome di Gesù, ma che vengono maltrattati dagli stessi demoni.

Uso del nome di Gesù: là dove manca un’autentica fede in Gesù ed entrano in gioco motivi esteriori ed egoistici, la potenza di Gesù si rivolge contro. Occorre distinguere nettamente tra fede e magia. C’è forse l’invito ai cristiani di liberarsi di una religiosità mista, sincretista, dove fede e pratiche magiche sono mescolate insieme.

Kliesch: i racconti biblici riguardanti gli esorcismi e il loro modo di trattare gli spiriti maligni, oggi non possono più essere letti con quella naturalezza che Lc presuppone nei suoi lettori.

Attualità del messaggio di Lc:

-          La salvezza che Dio vuole portare a compimento riguarda l’uomo intero, in tutta la sua realtà fisica, psichica, spirituale e sociale;

-          questa salvezza significa anche liberazione da poteri occulti, magici;

-          attraverso i suoi stessi messaggeri, Dio stesso si rende presente e agisce con potenza;

-          egli agisce nel nome di Gesù, che dev’essere accolto nella fede e non invocato come un talismano;

-          invito a vivere una fede genuina, libero da pratiche più o meno devianti.

v.14: il numero sette può avere valore simbolico, è il numero della completezza

 

21-22: il progetto di Paolo

Questi versetti hanno la stessa importanza e funzione di Lc 9, 51-52. Come per Gesù si conclude l’attività in Galilea e il suo sguardo si volge decisamente verso Gerusalemme, così termina per paolo la sua attività missionaria da uomo libero.

Come Gesù anche Paolo manda messaggeri avanti a sé. Paolo s’incammina dietro al Maestro su una via di sofferenza: egli rivive la passione di Gesù. Paolo imbocca decisamente la via verso Gerusalemme dove innocente, sarà arrestato dai Giudei e consegnato ai pagani.

Come Gerusalemme diventa per Gesù il luogo della partenza e il punto di Partenza della parola verso il mondo e l’inizio della Chiesa, così Paolo, secondo Luca, solo dopo il suo arresto a Gerusalemme raggiunge Roma.

Il viaggio a Gerusalemme non è dovuto ad una partenza forzata, ma risponde ad una decisone profetica.

 

23-41: il tumulto degli argentieri

L’intento di Lc nel narrare questa storia può consistere nel mostrare l’efficacia della predicazione di Paolo, nella diffusione del Vangelo che rischia di mettere in pericolo il culto pagano e persino il culto della dea Artemide, molto famosa in quell’epoca.

Lc esprime la posizione del cristianesimo nei riguardi del culto pagano.

28: al rapporto personale che il credente incontra nella comunità col Cristo vivo e presente della fede cristiana, la folla di Efeso può soltanto opporre solo una chiassosa proclamazione collettiva.


lunedì 14 febbraio 2022

DOMENICA VII DEL TEMPO COMUNE/C




(1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23; Sal 102; 1Cor 15,45-49; Lc 6,27-38)

Paolo Cugini

 

Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non richiederle indietro. E come volete gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”.

 

Continua nel Vangelo di oggi il discorso della montagna nella redazione di Luca. Siamo nel cuore del Vangelo, nello specifico della proposta di Gesù, che si pone in contromano con la logica istintiva che guida la vita umana. C’è un istinto che ci conduce a difenderci, a ricorrere alla violenza, a cercare il nostro interesse. Ebbene, Gesù, con la sua umanità, con il suo stile di vita è venuto a mostrarci un cammino diverso, un cammino nel quale siamo chiamati a vivere esclusivamente di misericordia, a cercare in ogni nostro pensiero e in ogni azione la via del bene, dell’amore.

A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. Gesù invita i suoi discepoli e, quindi, anche noi, a rompere la logica dell’istinto, a pensare come pensa Dio, a vedere il mondo, le persone come le vede Dio e come le vedeva Lui stesso, e cioè come qualcosa da rendere bello con l’amore. Imparare a dominare se stessi, i propri istinti che rispondono all’istinto di sopravvivenza che piega tutto alla forza dell’egoismo, con lo Spirito del Signore, che è mansuetudine, desiderio che l’altro stia bene. Portiamo amore e pace se abbiamo nel cuore questa pace, se siamo ripieni dell’amore del Signore. Se veniamo da cammini che hanno reso il nostro cuore duro e sterile, allor siamo portati a travasare le nostre carenze, il nostro vuoto sugli altri. Gesù, invece, con il cuore pieno dell’amore del Padre non cerca di ferire nessuno, nemmeno quelli che lo offendono o lo odiano, perché sa vedere il loro cuore ferito e lo vuole curare con l’amore. Il cammino proposto da Gesù è un cammino di umanizzazione, perché c’insegna a prenderci cura di noi stessi, a non farci del male con le nostre mani e cercare rivalse sugli altri. Se volgiamo stare bene con noi stessi dobbiamo imparare a curare la nostra anima, a riempirla dell’amore del Signore, trascorrendo tempo con Lui, leggendo e meditando la sua Parola, passando ore pensando a Lui, contemplando il suo volto. È in questo modo che, uscendo nel mondo, incontrando i nostri fratelli e le nostre sorelle saremo presi dal desiderio di trasmettere anche a loro l’amore sperimentato, la pace che l’amore del Signore deposita nei nostri cuori.

E come volete gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Gesù trasforma ogni tipo di logica, perché la sua attenzione è sempre rivolta ai fratelli e alle sorelle. E allora Gesù non dice: “non fate agli altri quello che non volete che gli altri facciano a voi”, ma fate agli altri ciò che volete che gli uomini facciano a voi. Sembra un gioco di parole, ma non è un gioco di parole, ma un modo diverso di pensare, di vedere la realtà, d’interagire con le persone. Gesù cambia la via negativa, che cela una passività colpevole neri confronti degli altri, in un cammino che ci porta verso l’altro in modo positivo, attivo.

Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Gesù giudica negativamente un modo di fare del bene, un modo di amore chiuso in se stesso, che cerca un proprio tornaconto. Sono gesti che derivano dall’egoismo, da un cuore pieno solo di sé e un cuore così, non può che generare dipendenze, schiavitù, violenze. Gesù ci chiede di guardarci dentro, di andare oltre, di valutare ogni azione e ogni atteggiamento anche quello che in apparenza può sembrare positivo, per valutarne le intenzioni, In fin dei conti Gesù ci sta dicendo che non tutti gli atti buoni, in realtà sono buoni. Sono infatti, degni di lode quegli atti che vengono fatti con gratuità e disinteresse. Questo tipo di bontà, carità che non chiede nulla in cambio, ma che ama e basta, può provenire solamente da un cuore pieno dell’amore di Dio, che cerca solamente lo sguardo di Dio e, di conseguenza, per sussistere non ha bisogno dell’approvazione dell’altro. Ecco perché Gesù dice: Amate invece i vostri nemici, fate del bene senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi. Tutto ciò che viene da Dio genera libertà e pace, ciò che proviene dall’egoismo umano produce dipendenza, schiavitù, malessere. Il gesto sembra lo stesso, ma l’intenzione di hi lo produce crea cammini diversi. Per questo ci riuniamo tutte le domeniche attorno all’altare, per cibarci dell’amore del Signore e così andare verso le persone che incontreremo con l’unico desiderio di portare loro l’amore del Signore, senza pretendere nulla in cambio.