Paolo
Cugini
Il Signore dal seno materno mi ha
chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome (Is
49,1).
Fanno
sempre molta impressione questo tipo di versetti che ci ricordano da dove
veniamo e cioè dal pensiero di Dio. Siamo pensati e, quindi, mati, frutti di un
pensiero d’amore. È questa comprensione che permette al discepolo, alla
discepola di affrontare le conseguenze del discepolato. È interessante che la
liturgia ponga all’inizio della Settimana Santa, in cui siamo coinvolti a riflettere
sul mistero della morte del giusto, un brano come questo. È, senza dubbio, una
chiave di lettura. La forza di Gesù, la sua coerenza simo alla fine, la sua
capacità di portare il pesos della solitudine e del disprezzo di coloro che lo
hanno torturato e ucciso, deriva dalla sua consapevolezza di non essere solo,
ma di essere amato sin dall’inizio dei tempi.
Questo
dato Lui lo conosce molto bene, è la fonte della sua forza, fonte alla quale
durante la vita ha continuamente attinto nelle ore interminabili di preghiera.
Sa di essere da sempre amato. Sa che la sua vita terrena è immersa nell’amore
ed è proprio questo amore la fonte, l’origine della motivazione di Gesù. Non si
resite al male come Gesù ha resistito senza una motivazione di ferro, senza sentire
dentro di sé il fuoco dell’amore. Quest’esperienza d’amore Gesù l’ha vissuta
prima di tutto nella sua famiglia. Ha sentito forte l’amore di sua madre Maria,
di suo padre Giuseppe. Lo si coglie da come Gesù si è mosso nella sua vita
pubblica. Tanta sicurezza, tanta fermezza nelle posizioni spesso controcorrente
non si vivono se non c’è la consapevolezza di essere amati.
Una
persona senza motivazioni non resiste alla pressione: ci molla prima. Chi non
ha motivazioni non riesce a portare avanti delle decisioni. La più grande
motivazione che ci dà la forza di seguire nel cammino della vita è l’amore
accumulato nel cuore: senza questo ci perdiamo. La Settimana Santa inizia con
questa riflessione fondamentale. È una chiave di lettura. Per capire come ha
fatto Gesù a sopportare una sofferenza così grande, dobbiamo guardare a sua
madre e a suo padre, a quanto amore gli hanno dato, a quanto Gesù si è sentito
voluto bene.
Se
volgiamo capire che cos’aveva dentro di sé nelle ore terribile della sua
passione, dobbiamo rileggerci le parole di Isaia e forse potremo comprendere
qualcosa: Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia
madre ha pronunciato il mio nome (Is 49,1).
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