Paolo
Cugini
Introduzione. Le domeniche del tempo di quaresima
del ciclo A ci offrono un cammino battesimale per aiutarci a riscoprire il
senso del nostro essere cristiani. Ogni domenica la liturgia ci offre una tappa
di un cammino che dovrebbe portarci a scoprire a che punto siamo nella nostra
adesione al Signore e alla sua proposta di vita.
La terza domenica ci presenta il
dialogo di Gesù con la Samaritana, che possiamo considerare una potentissima
metafora esistenziale e spirituale sul senso della vita. Per poter cogliere il
messaggio di questa pagina di vangelo è importante tentare di interpretare i
personaggi messi in scena da Giovanni.
Samaritana. Chi è la Samaritana e, soprattutto,
chi rappresenta? La Samaritana è il simbolo dell’umanità e cioè, in un certo
senso ognuno di noi è quella Samaritana. Affinché il discorso fluisca nello
svelamento dei suoi significati, dovremmo poter arrivare ad affermare: “quella
Samaritana sono io”.
Il pozzo. La Samaritana va al pozzo perché ha
sete. Che cosa significa questa sete? Indica la struttura carente della nostra
esistenza. Per vivere abbiamo bisogno di qualcosa, di qualcuno. Durante tutta
la nostra vita cerchiamo dei pozzi d’acqua che ci possano dissetare. Ne
troviamo uno e poi, quando si esaurisce, andiamo alla ricerca di un altro. Tutta
la nostra esistenza si può misurare nella dialettica tra sete e acqua, tra
ricerca di senso e ideali che riempiano il significato cercato. La sete indica
quindi un bisogno a più livelli di complessità: istintuale, spirituale,
intellettuale. Siamo assetati: è questa la nostra caratteristica esistenziale e
quindi siamo continuamente alla ricerca. Questa ricerca significa anche
insoddisfazione, che spesso si sposa con frustrazione, perché l’acqua che
troviamo non ci disseta. L’insoddisfazione genera poi un’inquietudine, che non
ci lascia in pace sino a quando troviamo quello che andiamo cercando.
Gesù seduto al pozzo. Che cosa significa questa presenza
di Gesù seduto al pozzo? Significa che Gesù conosce il nostro problema, conosce
la nostra sete, sa delle nostre inquietudini e frustrazioni. E allora per
poterci dire qualcosa sull’acqua che andiamo cercando, si mette a nostro
livello, si fa assetato, si siede al pozzo e ci aspetta. Per fare cosa? Per
ascoltarci e, nel dialogo, rivelare il senso del nostro smarrimento, il motivo
della nostra sete. Questa immagine di Gesù al pozzo è una significativa
metafora del rapporto educativo: ogni volta che vogliamo dire e insegnare
qualcosa a qualcuno, dobbiamo scendere dal piedistallo e metterci al suo
livello. La relazione precede il contenuto. L’incarnazione è il metodo da Dio
scelto per comunicare il vangelo.
Cinque mariti. Chi sono questi cinque mariti della
Samaritana? Che cosa significano? Sono il simbolo di una sequenza, di una
ripetizione. Abbiamo sete e abbiamo fretta di dissetarci e, una volta trovato
un pozzo, qualcosa che ci disseti, nonostante percepiamo che non ci disseta
pienamente, che non risolve la nostra carenza, che non dà un significato alle
nostre frustrazioni, abbiamo la tendenza ad andare sempre nello stesso pozzo.
Ci accontentiamo dell’acqua marcia o sporca: l’importante è che ci tolga la
sete del momento. C’è un’acqua che non disseta. E’ Gesù stesso che lo dice: “chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo
sete”. La paura di soffrire, di sentire il dolore delle nostre carenze ci
conduce ad accontentarci di quello che troviamo. Per non stare male adesso, ci
riempiamo la pancia di qualcosa che progressivamente ci svuota e ci sfinisce. I
cinque mariti sono il simbolo delle nostre esperienze affettive, o delle
soddisfazioni che buttiamo sul lavoro, oppure dello sfogo nei vizi, nel gioco,
ecc. Non si tratta di soluzioni, ma di ripetizioni. Sembriamo condannati a
ripetere delle situazioni senza senso, inutili. C’è un’uscita a questa
condanna?
Gesù è l’acqua che disseta. Possiamo comprendere l’identità di
Gesù solamente se abbiamo sete, se siamo consapevoli della nostra sete, del
fatto che per vivere abbiamo bisogno di acqua. Possiamo scoprire la profondità
e allo stesso tempo, l’unicità della Parola di Gesù, solamente se siamo alla
ricerca di qualcosa, di un senso della vita. Le persone sazie non si alzano in
piedi per cercare quello che pensano di avere. Chi ha la pancia piena non si
mette in cammino.
Durante questo tempo di quaresima
dovremmo chiederci: di che cosa abbiamo sete? Che cosa stiamo cercando? Oppure
dovemmo chiederci come mai non abbiamo più sete?
Finché toglieremo la sete con
qualcosa che non disseta, nessuno si alzerà più per cercare un pozzo.
E se nessuno più cerca il pozzo, la
chiesa, chiamata a zelare e custodire il pozzo, potrà vivere la tentazione di
modificare il pozzo, trasformarlo in qualcosa di seducente, modificandolo in
qualcosa che non è più un pozzo.
Preghiamo perché sappiamo coltivare
la sete di Dio nelle persone e, allo stesso tempo, perché coloro che sono addetti
a zelare del posso vincano la tentazione di trasformarlo in qualcosa d’altro.