(Gen
2,18-24;Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16)
Paolo Cugini
1.
“Beato l’uomo che teme il Signore e cammina
nelle sue vie” (Sal 127,1).
Temere il Signore significa amarlo in un modo tale, da
non mettere in discussione quello che Lui dice,
le sue Parole. Come i bambini, che non mettono assolutamente in
discussione le parole del padre e della madre, considerandole al di sopra di
qualsiasi parola o legge, così deve essere considerata dal fedele la Parola del
Signore. Per questo il Signore ci dice oggi nel Vangelo che: “Chi non accoglie il regno di Dio come un
bambino, non entrerà in esso” (Mc 10,15).
Cerchiamo, allora, di entrare a contatto della Parola
che abbiamo appena ascoltato, con l’atteggiamento del bambino che crede a tutto
ciò che i genitori gli dicono, perché sanno naturalmente, istintivamente che il
padre e la madre non gli diranno mai parole false, ma solamente parole vere,
che indicano il cammino della vita.
Che cosa il Signore ci dice d’importante per la nostra
vita, per noi oggi? Da quello che abbiamo ascoltato mi sembra che la Parola di
Dio ci illumini oggi su tre dati significativi: il valore della persona, della
donna, del matrimonio.
2.
“Poi il Signore disse: non è bene che l’uomo
sia solo” (Gen 2, 18).
Nel testo della Genesi che abbiamo ascoltato nella
prima lettura, si percepisce una certa angustia. L’uomo è stato creato da Dio,
ma si sente angustiato, coglie in quello che vive una mancanza. Anche lo stesso
mondo animale non lo soddisfa. L’uomo non è stato creato per stare da solo. Dio
ha creato l’uomo per amore e l’uomo stesso necessita di questo amore per
vivere. Che cos’è, allora, l’amore e come si manifesta? L’amore, così come l’ha
manifestato Gesù (Cfr. 1Gv 4), è donazione disinteressata
di sé a qualcuno. Ciò significa che l’amore è relazione e conduce alla
relazione. Niente allora, di quell’uomo solitario, egoistico ed egocentrico,
che pensa solo a se stesso e ai propri interessi, l’uomo senza relazioni, che
la cultura di oggi ci propina e ce lo fa passare come un modello di vita[1].
Chi si lascia sedurre da questa illusione postmoderna, si troverà, ad un certo
punto del cammino, completamente vuoto, svuotato e, per non sentire il dolore
di questo vuoto, sarà costretto o a tornare indietro o a riempirlo di materia,
di cose. Una delle primissime pagine della Bibbia, ci dice dunque, un dato
importante su noi stessi: la nostra vita si realizza nella relazione. Ciò
significa l’impegno per uscire dalle parole vuote e materiali di cui le nostre
relazioni troppo spesso sono imbastite, per cercare relazioni più profonde e
autentiche, che condividono il cammino della vita spirituale. Sarebbe
importante, durante questa settimana, fermarsi un po’ per verificare
l’autenticità delle relazioni che stiamo costruendo e quanto investiamo in
esse.
3.
“ Allora l’uomo disse: questa volta essa è
carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché
dall’uomo è stata tolta” (Gen 2,23).
Nel progetto della creazione, la donna è il
completamento di tutto: è l’ultima realtà ad essere creata. Solamente questo
semplice dato biblico, smonta alla radice lo stereotipo culturale che ha fatto
della donna qualcosa di materiale e che ha coltivato il maschilismo che
serpeggia nelle culture sia occidentali che orientali. Riuscire a guardare al
mistero della donna così come la guarda Dio: è questo che ci chiede di compiere
la Parola di Dio. Solo l’ascolto attento e meditato della Parola, infatti, può
lentamente distruggere gli stereotipi, i filtri culturali che c’impediscono di
guardare alla donna per il mistero che essa è, mistero che gli stereotipi
culturali c’impediscono di cogliere, perché ce ne mostrano solamente
l’apparenza, la superficie. La Parola di Dio c’invita oggi ad avere il coraggio
di andare oltre, a cercare la verità della donna, così come l’ha voluta e
pensata Dio. Cercare il mistero della donna significa comprendere che, senza di
lei, l'umanità non ha senso, è vuota. Lo si vede molto bene in Maria, la Donna
che con la sua adesione libera, ha permesso la realizzazione del mistero della
salvezza, compiuto nel suo Figlio Gesù.
Cercare la verità della donna, vuole dire anche
sforzarsi di tessere relazioni significative e profonde con lei. L’esempio di
ciò è Gesù. Molte donne ha incontrato nella sua vita, nel suo ministero. Luca
stesso ci dice che al suo seguito non c’erano solamente degli uomini, i
discepoli, ma anche delle donne:
“In seguito egli se ne andava per le città e
i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del Regno di Dio. C’erano
con Lui i Dodici e alcune donne che cerano state guarite da spiriti cattivi e
infermità” (Lc 8, 1-2).
Nelle relazioni di Gesù con le donne non troviamo mai
volgarità, ma sempre lo sforzo di una relazione che pone al centro la persona,
il suo progetto di vita, offrendo cammini di liberazione. L’Eucarestia che oggi
riceviamo, dovrebbe aiutarci a distruggere nelle nostre menti “l’oggetto
donna”, per fare sempre più spazio alla persona delle donne che incontriamo nel
nostro cammino.
4.
“Chi ripudia sua moglie e ne sposa un’altra,
commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un
altro, commette adulterio” ( Mc 10,11-12).
Leggere questi versetti oggi giorno può sembrare
ridicolo. Tutti i giorni le statistiche che appaiono sui giornali, ci sbattono
in faccia numeri che rivelano il disastro dei matrimoni. Eppure, se c’è una
Parola che nella Bibbia ritorna pari pari sia nell’Antico come nel Nuovo
testamento, è proprio la parola sul Matrimonio. Il problema, allora, per noi
oggi, è capire il perché del fallimento di tale Parola..
In primo luogo possiamo affermare che il Matrimonio è
un mistero ( sacramentum) che contiene un progetto di vita. Gesù, infatti, nel
dialogo con i farisei riprende il versetto del libro del Genesi che dice:
“Dio li creò maschio e femmina; per questo
l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una sola carne. Sicché non
sono più due, ma una sola carne”( Mc 10, 6-8).
E’ questo il progetto che Dio ha pensato per il
matrimonio: essere una sola carne, diventare una sola cosa, un solo pensiero,
un solo modo di essere, di pensare. E’ chiaro che ciò non avviene un giorno per
l’altro, ma è frutto di un cammino, nel quale c’è da mettere in conto le
difficoltà, la scoperta dei difetti e dei limiti del partner, la condivisione
delle gioie e dei dolori, lo sforzo di camminare nella stessa direzione,
accettando i tempi e i modi diversi dell’altro. Per la realizzazione di questo
progetto, che costituisce un’assoluta novità nel piano della creazione – per
questo Gesù sottolinea che “non sono più
due ma una sola carne” – è necessario che si realizzi il primo consiglio
che incontriamo nella scrittura a questo proposito e cioè lasciare padre e
madre. Che cosa significa ciò? Credo che significhi il reale e concreto
prendere le distanze da tutto ciò che ha caratterizzato la vita della
giovinezza, compresi i propri genitori, non per abbandonarli, ma per impostare
su basi nuove il rapporto di parentela. In altre parole, per puntare con
decisione nella stessa direzione, l’uomo e la donna che si uniscono in
matrimonio, hanno bisogno di spazio, di concentrazione, di avere il terreno
libero da tutta quella realtà – genitori, parenti, amici, amiche – che occupava
lo spazio e il tempo di prima. Se ci pensiamo bene, se siamo un po’ attenti su
quello che accade attorno a noi, allora abbiamo senza dubbio
già visto matrimoni fallire per causa di una mancata presa di distanza dalle
relazioni parentali o amicali.
Il Matrimonio è dunque uno splendido progetto di vita,
che vede coinvolto l’amore di due persone. Per realizzarlo è necessario
conoscersi, dialogare sul progetto di vita, confrontarsi sulla Parola di Dio,
verificare il cammino percorso con qualcuno che già lo sta portando avanti da
tempo.
In questa prospettiva, si comprende bene come il
Matrimonio non sia assolutamente quella cosa strana che si vede dalle nostre
parti, in cui tutto è concentrato sul giorno delle nozze, ma dove di progetto e
di spirituale in questo giorno si vede ben poco. Ciò che si vede invece, in
queste giornate di nozze, è la vittoria della materia, la vittoria della
stupidità sulla ragione, la vittoria dell’egoismo personale sull’amore. E
allora, proprio nel giorno che dovrebbe essere il più importante della vita, si
assiste alla gara a chi la fa più grossa, chi fa la stupidata più grossa, chi
spende più soldi, chi sfoggia i vestiti più costosi. In questo contesto, in cui
si celebra la vittoria della stupidità umana, chi fa la figura del poverino,
sono quegli sposi che cercano di dare un significato spirituale alla loro
unione, essenzializzando la giornata di nozze, mostrando che le energie
spirituali non devono essere esaurite nel giorno delle nozze, ma distribuite
durante tutta la vita.
5. Chiediamo al Signore, in questa Eucaristia, il dono
dello Spirito Santo, affinché ci aiuti a valorizzare i doni che ci offre: gli
amici, la donna, il Matrimonio.
[1] Chi volesse approfondire
il tema, potrebbe leggere Zygmunt Bauman, L’amore
liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, Laterza, Bari 2004,
soprattutto il capitolo 2: pp. 53-106.
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