(Zc
12,10-11; 13,1; Sal 62; Gal 3,26-29; Lc 9,18-24)
Paolo
Cugini
Il
problema dell’identità di Gesù accompagna tutto il cammino del Vangelo. C’è un
processo di liberazione che deve avvenire se si vuole cogliere la proposta di
Gesù, il senso della sua presenza nella storia degli uomini e delle donne. Non
basta frequentare i culti religiosi per definirsi discepoli o discepole di
Gesù. C’è qualcosa di profondo che dev’essere assimilato e che deve trovare
spazio nella nostra anima. Affinché ciò avvenga, è necessario un cammino di
liberazione dalle false opinioni religiose che con il tempo hanno preso posto
nella nostra coscienza impedendo l’accoglienza della verità portata da Gesù. Una
verità sconvolgente a tal punto da provocare reazioni negative proprio in
coloro che vivono nell’ambito religioso. La presenza di Gesù, il suo modo di
essere e di agire è così in contro tendenza rispetto alle aspettative religiose
da creare rifiuto, distanza. Questo fenomeno è ben visibile nel brano di Vangelo
di oggi. Vediamo.
Un
giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare.
Questa
frase iniziale rivela il senso di tutto il cammino cristiano. Che segue Gesù e si
sforza di comprendere e vivere il suo messaggio, sarà condannato ad una vita di
solitudine. La vita di Gesù è segnata dalla solitudine frutto del rifiuto della
élite religiosa che non si riconosce in ciò che Gesù dice e fa. La proposta di
Gesù è agli antipodi della religione del tempo e non ammette compromessi e
ambiguità e, per questo, è disposto ad accettare il prezzo del rifiuto, della
polemica costante, della solitudine. È proprio questo il senso delle parole
finali del discorso di oggi.
«Ma
voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò
loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse –
deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e
dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
È
interessante che, alla risposta di Pietro, che identifica Gesù con il Cristo di
Dio, Gesù risponda con un titolo diverso: il Figlio dell’uomo. Come mai? In
questi due titoli messianici c’è il divario tra le aspettative della religione
del Tempio e quello che Gesù tenta, con grande fatica, di comunicare e
dimostrare. Infatti, nonostante siamo al capitolo 9 del Vangelo di Luca, è
palese che Gesù non s’identifica con il Messia annunciato in alcune profezie,
vale a dire, l’avvento di un Cristo forte e potente, che avrebbe organizzato un
esercito per sconfiggere gli oppressori (cfr. Is 11,4s). Gesù invece, si presenta,
come il Figlio dell’uomo, che è l’unico titolo messianico (cfr. Dn 7,14s) che
rivela l’identità divina del messia, e la possibilità di trasmettere questa
divinità agli uomini e alle donne che accolgono il suo messaggio. È proprio
questo che la primissima letteratura cristiana comprenderà, quando affermerà: “questo
è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio
dell'uomo: perché l'uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così
la filiazione divina, diventasse figlio di Dio” (Sant'Ireneo di Lione, Adversus
haereses, 3, 19). Gesù incarna le profezie che indicano il messia non come
il guerriero violento, ma il principe della pace (Zc 9,9s), colui che entra nel
mondo non per uccidere il nemico, ma per insegnare ad amarlo. La proposta di
Gesù è sconvolgente e inattesa per tutti coloro che volevano vendetta. Non è un
caso che proprio Gesù, nell’episodio che lo vede commentare un testo di Isaia (Lc
4, 17s), annuncia che è arrivato il tempo del lieto annuncio ai poveri e della
liberazione dei prigionieri, ommette di leggere il versetto successivo che
parla del giorno della vendetta del nostro Dio (Is 61,2).
«Se
qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni
giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi
perderà la propria vita per causa mia, la salverà».
Non c’è continuità tra la proposta religiosa dei capi religiosi di Israele e quella di Gesù. Chi desidera seguire Gesù, entrare nella comunità di discepoli e discepole uguali, in cui, come ci ricorda san Paolo nella seconda lettura di oggi: “non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,28), deve compiere un cammino di conversione che ha, come prima conseguenza, rinnegare se stessi, le proprie fantasie religiose, i propri idoli. Accogliere Gesù e il suo Spirito per passare da una vita concentrata in se stessi, per una vita di donazione gratuita e disinteressata: è questa la grande sfida che siamo cimati ad accogliere e tentare di realizzare.
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