Paolo Cugini
È
questo il comando che Gesù dà ai suoi discepoli quando decide di dar da
mangiare alla folla che durante tutto il giorno lo aveva seguito per ascoltare
la sua Parola. Dinanzi all’insistenza dei discepoli nei confronti di Gesù di
liberare la folla per permettere ad ognuno di ritornare nella propria casa Gesù
risponde con la famosa frase: “Voi stessi
date loro da mangiare”. Il testo di Marco dice che Gesù vide la folla ed
ebbe compassione di loro perché erano come pecore senza pastore e il testo
aggiunge: “si mise ad insegnare loro molte cose”, Lo smarrimento della folla muove
Gesù all’insegnamento di quelle cose che possono aiutare le persone a comprendere
il senso delle cose. Che cosa Gesù insegnava lo sappiamo molto bene dalle
pagine precedenti, vale a dire annunciava loro il Regno di Dio.
Gesù parlava
alle folle di un modo diverso di stare al mondo, un modo nuovo di dare
significato alle cose, alla vita quotidiana, Il modo nuovo è l’amore reciproco
che sgorga dal Padre e si manifesta nell’attenzione al prossimo, nel perdono
reciproco, nella misericordia che segna i rapporti nella comunità. Gesù non
insegna delle dottrine come facevano i farisei, dottrine che scaturivano in
norme e leggi rigide da seguire con imposte da pagare: Gesù insegna ad amare. È
questo l’insegnamento nuovo che fa la differenza. Gesù non crea dei vincoli
istituzionali con le persone che lo seguono, non le imprigiona a sé, ma insegna
loro il cammino della libertà, della vita piena che è segnata dall’amore, dalla
pace, dalla giustizia di Dio che è misericordia. Per questo ad un certo punto
sente il bisogno di dare loro un pezzo di pane, come segno della validità delle
sue parole e della sua attenzione. “Date voi stessi da mangiare” vuole dire proprio
questo: una Parola che si trasforma in azione, in attenzione premurosa.
A
questo punto è interessante analizzare il modo di procedere di Gesù. Il primo
passo è il coinvolgimento dei suoi discepoli, vale a dire di coloro che lo
stavano seguendo, che avevano abbandonato tutto per vivere con Lui. Gesù non
agisce da solo ma coinvolge chi gli sta intorno, li responsabilizza. La seconda
frase di Gesù è molto importante: “Quanti pani avete, andate a vedere”. Gesù
parte dalla realtà e invita i discepoli a fare la stessa cosa. Gesù invita i
discepoli a vincere le titubanze, le perplessità dinanzi alla proposta di Gesù,
partendo dalla realtà, da quello che c’è, dal rendersi conto di ciò che c’è
intorno, È questo il cammino non solo per vincere le paure dinanzi alle proposte
percepite come impressionanti, ma anche per cancellare ogni forma di
pregiudizio, ideologia. È il contatto con la realtà che ci permette di capire
la dimensione del problema e affrontarlo in modo più sereno. I discepoli
scoprono che c’è qualcosa: è poco, ma è pur sempre un punto di partenza. Partire
dalla realtà per affrontare il problema nella sua novità, lasciandosi
consegnare dal presente i possibili cammini da percorrere per risolverlo. Mi
sembra questo un insegnamento notevole, che dovrebbe essere il primo frutto
della vita spirituale: vincere la tentazione di risolvere i problemi che
affrontiamo nella vita facendo ricorso a quello che già sappiamo, al già
conosciuto, che spesso ci ostacola e non ci permette di conoscere ciò che
veramente Dio ci mette dinanzi. Immergerci nella realtà per ascoltarla, per cogliere
il Signore presente nella storia che desidera incontrarci e consegnarci le
chiavi per entrare nella vita in un modo nuovo, nel modo che Lui ci vuole
mostrare.
“Andate a vedere”. Questo comando semplice e chiaro vuole dire che
non ci sono dottrine previe che possono istruirci sul modo di vivere e
soprattutto che possono aiutarci a risolvere i problemi quotidiani. Solo il
nostro rapporto diretto con la realtà, senza filtri, facendo esperienza diretta,
entrando in contatto con la realtà attraverso i nostri sensi, raccogliendo i
dati e valutandoli con la nostra intelligenza. È questo che vuole il Signore
dai suoi discepoli: persone che si mettono in gioco, che non si lasciano
inibire dalle cose imparate in passato, ma che entrano in azione con tutto
quello che siamo. In fin dei conti se Dio ci ha creati ognuno in modo originale
è per mettere a disposizione e valorizzare questa originalità.