lunedì 17 aprile 2023

OMELIA DOMENICA 23 APRILE 2023

 




III DOMENICA DI PASQUA

At 2,14a.22-33; Sal 15; 1 Pt 1,17-21; Lc 24,13-35

 

 

Paolo Cugini

L’evento della resurrezione di Gesù che celebriamo nel tempo di Pasqua, ha provocato nella prima comunità cristiana una serie di riflessioni che coinvolgono anche il nostro cammino ecclesiale.  C’è stato, prima di tutto, una rilettura della vita di Gesù, della sua nascita, i suoi gesti e le sue parole. In pochi decenni la comunità che si riunisce nel suo Nome, si rende conto che la resurrezione di Gesù è un evento talmente straordinario da condurre a identificarlo con Dio. Del resto, è proprio quello che abbiamo ascoltato domenica scorsa quando Tommaso arriva a dire: “ Signore mio, Dio mio”. Ciò significa che alla fine del primo secolo la comunità cristiana aveva già tirato le somme, aveva cioè ben chiaro che quell’uomo che avevano conosciuto di nome Gesù di Nazareth era Dio. Anche le letture di oggi ci forniscono alcune chiavi di lettura importanti per comprendere il tipo di lavoro interpretativo messo in atto nella prima comunità cristiana alla ricerca dell’identità di Gesù che possono servire anche a noi nel nostro cammino di fede.

Dice, infatti, Davide a suo riguardo” (At 2, 25). Il primo lavoro interpretativo che la prima comunità cristiana ha compiuto è stato quello di ricercare nell’Antico Testamento i riferimenti a Gesù. Per meglio precisare il percorso compiuto bisogna dire che la prima comunità ha preso Gesù e lo ha posto come chiave interpretativa di tutto l’Antico Testamento, facendolo diventare chiave interpretativa della storia della salvezza. Del resto è lo stesso tipo di analisi che Gesù propone nel Vangelo di oggi: “E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24, 27). La lettura tipologica inizia, dunque, proprio a partire dalla percezione della straordinarietà dell’evento della resurrezione, che provoca un primo movimento di ricerca nel passato. In questo modo vengono individuati personaggi, eventi, situazioni che, nella lettura che viene fatta che, in realtà, si tratta di una rilettura, anticipavano già nel passato la presenza futura del messia, Gesù Cristo. Questo cammino di ricerca storica è in sintonia con le intuizioni che incontriamo in alcuni brani dell’AT, come, ad esempio, il salmo 85: “La verità germoglierà dalla terra” (Sal 85, 10s). Se è vero che “La giustizia si affaccerà dal cielo” (Sal 85,10) e che, di conseguenza, il Figlio è un dono gratuito del Padre, è altrettanto vero che c’è una storia dietro a Gesù, non solo nella linea genealogica, ma anche nel percorso che il popolo d’Israele ha compiuto che in tanti momenti dice in anticipo qualcosa di Gesù. La resurrezione getta una luce nuova sul passato del popolo, ma anche sul nostro. La fede nel risorto ci aiuta a guardare in modo nuovo il nostro passato e scoprire i momenti in cui Lui si è fatto vicino a noi. L’incontro del risorto, allora, in questa prospettiva, diviene un momento fondamentale per la nostra vita perché ci permette di coglierla e capirla in modo nuovo, sotto una luce nuova.

Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia (1 Pt 1, 18-19). La prima comunità a partire dall’evento della resurrezione, non solo fa un’opera di rilettura della storia della salvezza, ma cerca di comprendere anche il senso della vita di Gesù in relazione all’umanità. Questa operazione di risignificazione viene svolta con gli strumenti culturali del tempo, per lo più cultuali. Ecco, allora, che la morte di Gesù inizia ad essere interpretata come un sacrificio cultuale, identificando Gesù con l’agnello che viene immolato per i nostri peccati. Questa rilettura cultuale, che a noi non dice nulla perché non viviamo più in quel tipo di contesto cultuale, riesce invece ad offrire significati e motivazioni alla prima comunità cultuale, soprattutto ai fedeli, che erano la maggioranza, di provenienza ebraica. Personalmente credo che questa rilettura sacrificale non vada assolutizzata, ma ricondotta all’ambiente cultuale specifico. La comunità attuale è invece chiamata a pensare nuovi significati della resurrezione di Gesù nel nuovo contesto culturale post-cristiano e decisamente poco cultuale. Più che la linea sacrificale, allora, occorrerebbe percorrere quella esistenziale e comprendere la passione e morte di Gesù e la sua resurrezione come un cammino d’amore. La resurrezione di Gesù dice della grandezza del suo amore per i suoi discepoli, per le sue discepole e per il Padre. È questo amore che danno senso alle sue parole, ai suoi gesti che diventano traccia di una cammino che anche noi siamo chiamati a percorrere.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero (Lc 24, 31). Riuscire a riconoscere Gesù presente nell’eucarestia: è questo il senso del cammino pasquale. Abituati ai riti spesso ci dimentichiamo il centro del banchetto: l’incontro personale e comunitario con il Signore. I discepoli di Emmaus lo riconoscono perché c’è già una previa conoscenza di Lui, come emerge dalla narrazione, Mancava loro una comprensione più profonda che lo stesso Gesù offre. Anche oggi è così per noi. È possibile riconoscere Gesù presente nell’Eucarestia se c’è un desiderio di conoscere la sua Parola e se c’è qualcuno che lo conosce e ci spiega il senso di quello che leggiamo. Dovrebbe essere proprio questo il senso della chiesa, di una comunità cristiana: aiutare le persone, alla luce della Parola di dio, a riconoscere il Signore Gesù presente nella storia.

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