At 8,5-8.14-17; Sal 65; 1
Pt 3,15-18; Gv 14,15-21
Paolo Cugini
Diceva il Cardinal Matteo
Zuppi, ad un incontro sul tema della Chiesa, che: “non ci stiamo rendendo
conto che stiamo accompagnando la fine di un’epoca”. Di che epoca si
tratta? Quel sistema ecclesiale sorto dopo l’editto di Costantino nel 313 d. C.
e che ha avviato il processo d’identificazione del cristianesimo con religione
dell’Impero Romano, divenuto, poi, il Sacro Romano Impero, cammino rinsaldato
nel 728 d. C. con la donazione di Sutri, che ha sancito l’inizio del potere
temporale della Chiesa, ha segnato l’epoca della cristianità. In questo periodo
durato parecchi secoli, la Chiesa nelle sue istituzioni ufficiali ha esercitato
un potere politico di prestigio, un a presenza sociale di tutto riguardo. Era il
periodo in cui i vescovi erano dei conti e i papi al livello degli imperatori,
mentre i sacerdoti delle figure sacrali, addetti al sacro e parlavano la lingua
degli angeli (il latino). Questa epoca, che ha segnato l’occidente in modo
significativo, sta crollando. Si tratta, allora, di pensare a nuove forme di
vita cristiana capaci di rispondere alla novità del presente. Nel frattempo,
abbiamo la possibilità di riprende più serenamente ina mano il Vangelo per
chiederci: in fin dei conti, qual è stata la proposta di Gesù?
“Se mi amate” (Gv
14. 15). Il “se” all’inizio della frase ricorda un dato fondamentale: quello
che Gesù propone non può essere imposto, ma può essere solo accolto in modo
libero. Era questa la dinamica delle prime comunità cristiane, perlomeno sino
al terzo secolo. Erano le persone adulte che chiedevano di far parte della
comunità cristiana, affascinati dal loro stile di vita. La richiesta, come
sappiamo dalle fonti a nostra disposizione, esigeva un cammino di tre anni, in
cui il neofita veniva introdotto nella conoscenza del Vangelo e dei misteri
cristiani. Era davvero una cosa seria! Oggi, invece, tutti veniamo battezzati
contro la nostra volontà e il percorso dell’iniziazione cristiana, invece d’introdurci
nella vita della comunità, nella stragrande maggioranza dei casi conduce fuori.
Le statistiche ci dicono, infatti, che dopo la cresima la stragrande
maggioranza dei bambini smette di frequentare la comunità. Questa aberrazione
prodotta nell’epoca della cristianità, ossessionata dai numeri, potrà
scomparire per riportare il cammino cristiano nella sua dimensione di proposta
libera, proprio com’era all’inizio.
“Mi amate”. La
proposta di Gesù è una comunità fondata sull’amore. Non a caso queste parole
vengono pronunciate nel contesto dell’ultima cena, proprio dopo la lavanda dei
piedi riportata dalla redazione di Giovanni. Gesù non ha fondato la sua
comunità sull’osservanza di precetti, prescrizioni, regole morali; non ha
fondato il cammino sul senso di timore reverenziale nei suoi confronti: non
vi chiamo servi ma amici. Non ci sono processioni da compiere, nemmeno
devozioni e riti speciali per “meritarsi” il paradiso e fuggire alla paura dell’inferno.
Niente di tutto questo apparato religioso c’è nella proposta semplice e libera
di Gesù. Coloro che desiderano far parte della comunità del Signore sono
invitati a deporre le armi della rivalità, della competizione e della meritocrazia,
per entrare nel cammino del servizio gratuito e disinteressato ai fratelli e
alle sorelle. Non solo. C’è qualcosa di più profonde nelle parole di Gesù. Il “mi
amate” significa che il fondamento dell’amore ai fratelli e alle sorelle è l’amore
al Lui. Ciò significa, che fino a quando non c’è la percezione della sua
presenza, non può avvenire un cammino di fede. È Lui stesso che ci chiama a
questa relazione d’amore. La dinamica della sequela al Signore sembra essere la
stessa della relazione amorosa. Del resto, il Vangelo narra la storia di uomini
e donne avvolti dall’amore del Maestro.
“Io pregherò il Padre ed egli
vi darà un altro Paracleto perché rimanga con voi per sempre” (Gv 14, 16). Nei capitoli 14-16 del
Vangelo di Giovanni troviamo le riflessioni più profonde dei vangeli sul tema
dello Spirito Santo. Ebbene, nei versetti che stiamo commentando ci viene detto
che lo Spirito Santo agirà in noi in modo tale da farci sentire la presenza del
Signore per sempre. È questa la nostra consolazione: la percezione costante
della presenza del Maestro. Questo aspetto è fondamentale, perché rivela l’essenza
del cammino cristiano: incontrare il Signore, sentire la sua presenza. Questa
percezione ci dà la forza per collaborare alla costruzione del Regno di Dio, regno
di pace e di giustizia, ben diverso dalle logiche disuguali del mondo. Non a
caso è lo stesso Gesù che afferma: “Lo Spirito della verità, che il mondo
non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché
egli rimane presso di voi e sarà in voi” (Gv 14,17). C’è una
contrapposizione radicale e insanabile tra il mondo e la comunità cristiania,
contrapposizione di stili, di modi di vedere. Come sappiamo, nel Vangelo di
Giovanni il mondo non indica il cosmo, ma la struttura che si organizza
indipendentemente da Dio, dal Vangelo. Accogliere lo Spirito Santo, diviene
allora fondamentale per continuare in ogni momento della vita a struttura l’esistenza
sulle indicazioni proposte da Gesù.
Alla fine, ci rendiamo conto quanto la cristianità ci abbia condotto fuori dal Cammino indicato dal Maestro. Ci ha riempito la vita di riti, culti esteriori, di una sacralità pesante che esige ricchezza negli abiti e nelle strutture; ci ha soffocati con precetti, obblighi, provocando sensi di colpa, scrupoli a non finire. Tutto questo per cosa? Rileggendo le pagine del Vangelo ci si rende conto del vuoto della proposta emersa nella cristianità e della semplicità estrema di quella di Gesù che non chiedeva altro che una semplice e disarmante cosa: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.
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