SESTA DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO B
Paolo Cugini
“Il
sacerdote esaminerà la piaga sulla pelle del corpo” (Lv 13,3). Fa riflettere
il fatto che un ammalato debba presentarsi dal sacerdote e non dal medico. È il
sintomo di una società dove ormai la religione ha preso il sopravvento. La
conseguenza è la visione di un Dio senza scrupoli e senza cuore, che invece di
unire il popolo, lo separa, favorendo una casta – i sacerdoti – a scapito di
altre. Soprattutto, però, questa prospettiva religiosa è fautrice di un settore
della società destinato a rimanere ai margini, esclusi non solo dalla società,
ma soprattutto da Dio. La domanda che sorge immediata è la seguente: abbiamo
proprio bisogno di un Dio così?
“Gesù
ne ebbe compassione” (Mc 1, 41). La missione di Gesù sembra
essere quella di mostrare il vero volto di Dio, molto diverso dal Dio presentato
dai sacerdoti e dalla religione venutasi a formare attorno al tempio di
Gerusalemme. Gesù, incontrando il lebbroso che gli va incontro, simbolo dell’esclusione
e della marginalizzazione prodotta dalla religione del tempio e dei sacerdoti,
invece di allontanarlo, è mosso da compassione. Incontriamo Gesù devastati
dalla religione senza Vangelo, che ci riempie la testa di dottrine di uomini,
dottrine impastate di cultura patriarcale e di mentalità borghese, incapaci di
vedere le persone per quelle che sono, vale a dire, dei figli e delle figlie di
Dio e, per questo, portati a classificare, schedare tutta l’umanità in buoni e
cattivi, degni e non degni. Gesù incontra sulla strada della vita tutti coloro
che hanno subito il giudizio della religione, delle persone religiose che, per
causa di queste, sono state allontanate dalla comunità, messe ai margini e
prova compassione. In Gesù c’è umanità, mentre negli uomini del tempio c’è
disumanità, che si manifesta nel controllo della vita della società e nella
formulazione di regole rigide, che rendono difficile l’esistenza delle persone
più deboli e fragili. C’è una religione senza compassione.
“Tese
la mano e lo toccò”. La compassione che sgorga dal cuore sente l’esigenza
di solidarizzare con chi vive una situazione di emarginazione. Gesù toccando il
lebbroso che per la religione del tempio era impuro, diviene lui stesso impuro.
È impossibile rimanere parziali dinnanzi alle situazioni di esclusioni del
mondo. Gesù mostra il cammino: Come si fa a liberare gli uomini dall’impurità
imposta dalla religione? Mettendosi dalla loro parte divenendo impuri,
identificandosi con i presunti impuri, per smascherare la menzogna della
religione sacrale. Toccando il lebbroso Gesù distrugge la mentalità sacrale, ne
dimostra il suo vuoto, la non necessità. È Gesù il sacro che è venuto vicino
all’umanità per salvarla dalle catene della religione e da ogni forma di
discriminazione. Dio non emargina, non esclude, non lascia le persone lontano
da lui perché il suo amore è rivolto a tutti e a tutte.
“Gesù
rimaneva fuori, in luoghi deserti, e venivano a Lui da ogni parte”.
Gesù si comporta come un lebbroso: non va in città, ma rimane all’esterno, in
luoghi deserti come le persone impure. Il cammino d’identificazione con l’umanità
marginalizzata è completo solo quando si portano sulla propria pelle i segni
dell’esclusione. E proprio da questa situazione la gente va a Lui per liberarsi
dai danni che la religione del tempio ha fatto. C’è un cammino di liberazione
che Gesù è venuto a mostrare, che allo stesso tempo è un cammino di
umanizzazione. In questo cammino, fondamentale è incontrare il Vangelo di Gesù,
accogliere il suo Spirito per ricevere il suo amore (Rom 5,5), che ci spoglia
dalle incrostazioni dei detriti pagani della religione e, in questo modo, ci permette
di vivere non trattenuti dalle catene delle dottrine religiose, ma liberi per
amare davvero chi incontriamo nel cammino.
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