Paolo Cugini
Non è facile comprendere la
profondità del mistero della Santissima Trinità. Sappiamo che è frutto
dell’elaborazione dottrinale dei primi secoli della Chiesa, elaborato nei
concili di Efeso (325) e Calcedonia (381), grazie anche al significativo
contributo dell’apparato concettuale proveniente dalla filosofia greca,
soprattutto di origine platonica e aristotelica. Questo di per sé, è già un
dato significativo su cui riflettere. Infatti, per descrivere quei misteri che
i cristiani cercavano di comprendere, la Chiesa non ha avuto remore a bussare
alla porta della filosofia per farsi aiutare. Del resto, come sappiamo, la
stragrande parte dei vescovi che hanno partecipato ai grandi concili dei primi
secoli, erano di provenienza filosofica e, in modo speciale, platonica, o
meglio, neoplatonica. Bussare alle porte dei saperi per chiedere aiuto per
meglio comprendere i misteri della fede non è umiliante come a volte si pensa,
e non significa nemmeno abdicare alla propria specificità, al contrario,
significa comprendere che tutto può collaborare per una migliore conoscenza del
Signore.
Le letture di oggi sono
senza dubbio state scelte per aiutarci ad approfondire il mistero trinitario
che, anche se non è esplicitamente affermato nelle scritture nel senso che non
troviamo in esse il termine Trinità, è fuori discussione che ci sono diversi
brani nel Nuovo Testamento che implicitamente fanno riferimento a questo
mistero.
“vi
fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un
popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu, e che
rimanesse vivo?” (Dt 4,33s). È il primo aspetto
significativo del mistero di Dio, del Dio d’Israele che, a differenza degli
altri dei, non abita solamente in cielo, ma si manifesta nella storia del
popolo. Questa è la caratteristica specifica che il popolo d’Israele
sperimenta, in quanto scopre, nel corso degli anni e dei secoli, che YHWH si
manifesta, si fa presente, cammina con loro. Questo aspetto suscita stupore,
meraviglia, proprio perché, come dice il testo, non si era mai vista una cosa
del genere. D’oa innanzi, il popolo dovrà imparare ad osservare con attenzione
gli eventi storici, per leggerli, interpretarli, “vedere” il passaggio di JHWH
negli eventi e, in questo modo, cercare di leggere i segni dei tempi, la Sua
volontà.
“gli undici discepoli
andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono” (Mt 28,16).
Gli
undici si prostrarono perché capirono – in realtà non tutti – che in quell’uomo
Gesù Cristo, che li aveva chiamati per nome ed avevano vissuto e condiviso con
loro per circa tre anni, si era manifestato Dio: Gesù è Dio. È questo che ha
voluto esprimere Tommaso quando, nell’apparizione di Gesù che lo invita a porre
il suo dito nelle mani forate dai chiodi, rispose con quell’espressione che
esprime la fede della prima comunità: “Mio Signore, mio Dio” (Gv 20,
31). JHWH che sin dall’eternità ha amato l’uomo e la donna, e li ha da sempre
accompagnati nei loro cammini, si è manifestato nella carne di Gesù. È questo
il grande mistero dell’incarnazione, che rivela il desiderio del Padre di
aiutare l’uomo e la donna a realizzare la propria umanità.
“Lo
Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio” (Rom
8,16). L’azione dello Spirito Santo nella nostra vita, in coloro che l’accolgono,
produce una grande rivelazione, vale a dire la percezione di essere figli e non
schiavi. Sembra la classica affermazione banale e invece si tratta di una
grande indicazione esistenziale. Smettere di vivere schiavi delle proprie
passioni o dei propri istinti è, d’ora innanzi, una possibilità vera ed
autentica. Vivere da uomini e donne libere è ora possibile. E’ quella vita secondo
lo Spirito che Paolo indica nelle sue lettere, una vita piena, la cui felicità
non dipende dalle cose, dalla soddisfazione di desideri, ma dall’amore che riceve
dal Padre e che gratuitamente dona e condivide.
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