FESTA DI CRISTO RE DELL'UNIVERSO/A
Matteo 25, 31-46
Paolo
Cugini
Questa
pagina del Vangelo è destabilizzante, sorprendente. L’uomo e
la donna religiosi non si aspetterebbero una conclusione così del cammino verso
Dio. Chi è abituato a pensare in modo religioso si aspetterebbe un finale
cultuale, una celebrazione, un premio per chi ha realizzato la celebrazione più
bella o per chi ne ha partecipate di più. E invece Gesù ci sorprende ancora, ci
dice che il premio del cammino di fede non si gioca nella sfera del sacro, ma
del profano, non nella sfera celebrativa e liturgica, ma nella vita quotidiana,
non nel prestigio di un pontificale, ma nell’abbassamento verso il povero. Ci dice, soprattutto, che non esiste premio, perchè la logica del Vangelo non è quella del merito, ma dell'amore che si accoglie come un dono. Pagina davvero imbarazzante perché ci pone immediatamente un interrogativo, ci
chiede: ma chi vi ha insegnato queste cose? Chi vi ha detto che l’incenso nel
tempio vale più di un bicchiere d’acqua al povero? Chi vi ha insegnato che le
vesti liturgiche sono più importanti del vestire gli ignudi? Chi vi ha
insegnato a visitare il santissimo e non avere la stessa solerzia per la visita
all’ammalato? In fin dei conti, chi ci ha insegnato a dividere il sacro dal
profano, la fede dalla vita, la contemplazione dall’azione?
Gesù ci dice che la vita non è un problema di
avere, ma di essere, non è un problema di quantità, ma di
qualità. Gesù c’insegna che la vita è una e bisogna giocarsela bene. Rischi di
spenderla male, pensando di spenderla bene. E nemmeno la religione ti salva,
anzi ti può orientare male. Ci salva quella religione che ci conduce
all’autenticità, a vivere in modo degno. E' falsa quella religione che ci toglie l’amore, sostituendolo con delle regole o con dei riti.
E’ il
Vangelo che distrugge la struttura religiosa dal suo interno. Lo
ascolti in silenzio, lo lasci scendere nel profondo dell’anima e ti apre un
mondo, ti squarcia il senso della vita e ti chiedi: perché? Ascolti questa
pagina del Vangelo che ti dice che la vita ce la giochiamo nei piccoli gesti
quotidiani di amore, di attenzione ai poveri e perché, allora noi che dovremmo
insegnare questo prima di tutto con la vita, ci perdiamo a fare tutt’altro, ad
insegnare delle regole morali, a ripetere riti, funzioni, a baciare statue,
adorare immagini?
L’avete
fatto a me: è questa la sentenza inappellabile. Non c’è un
testo così chiaro e diretto di Gesù verso i suoi discepoli. La fede in Lui non
è un problema di riti, di formule o di regole: è un problema di relazione. Il
Padre, che consce i suoi figli non chiede loro di che sesso sono, i titoli di
studio, il potere che hanno, ma il gesto ad un povero. Perché? E’ questa la
domanda centrale di oggi. Perché il rapporto è così fondamentale nel cammino
della vita cristiana al punto da farne il criterio della salvezza? Perché nella
prospettiva del Regno dei cieli vale di più un bicchiere d’acqua dato a un
povero che un turibolo d’oro, un pezzo di pane dato ad un infermo che a cento pontificali, una carezza data ad una persona triste che il piviale dorato?
E’ il
cammino dell’amore. Quanto più è autentico quanto più si
abbassa. L’amore vero, quello che esce dal cuore di Dio, non fa calcoli e non
ha misura, non ha paura di sporcarsi e di perdersi. Per questo non si accorge
di ciò che fa, non si accorge dei gesti di amore che elargisce continuamente
senza fermarsi mai. Dio ha tanto amato il mondo da farsi uno di noi, da farsi
piccolo, da farsi il più piccolo tra i piccoli.
Non è
quindi un problema sociale, ma evangelico. Che
Gesù sia presente nei poveri è il Vangelo, è una delle indicazioni più profonde
del Vangelo. E allora se Gesù è lì nel povero significa tante cose, che dicono
della direzione che una vita deve prendere. Indicazione di un cammino che ci
salva dall’ansia di dover essere qualcuno nel mondo, perché Dio è presente nel piccolo. Ci salva dalla frustrazione di non avere nulla o poco, perché Dio non
guarda le quantità, ma la qualità della dignità di una persona.
a che brano del Vangelo si riferisce il commento?
RispondiEliminaA Matteo 25, 31-46
RispondiEliminaAi tuoi vari perchè tu rispondi: è il cammino dell'amore! E' questo l'insegnamento ultimo e definitivo che Gesù è venuto a portarci: l'amore degli uni verso gli altri, senza distinzioni e senza giudizio (nostro).
RispondiEliminaVorrei portare l'attenzione alla fine del brano, quello del giudizio, (quello Suo) finale. I buoni in paradiso e i cattivi alla dannazione eterna. Mi chiedo ma davvero il Padre, che tanto ha amato i suoi figli, ha previsto una dannazione eterna? Abbiamo una sola vita, che è meno di un battito di ciglia in confronto all'eternità, possiamo veramente arrivare a meritare un castigo eterno, senza appello?
Io credo che il Padre ci abbia dato e ci dia tutto il tempo per tornare a Lui e alla fine di questo tempo per quelli che ancora non avranno voluto tornare ci sarà un altro tempo, un tempo di fatica che potrebbe sembrare eterno ma che alla fine condurrà a Lui tutti i suoi figli, perchè siamo parte di Lui e nulla andrà perso
È proprio così, perché è l'amore, non il possedere, ma l'essere e l'esserci, come scrivi anche tu. Grazie per la condivisione
RispondiElimina