sabato 20 ottobre 2018

TRA VOI NON SIA COSI’





MARCO 10,35-45
Paolo Cugini

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci mostra uno squarcio della nostra umanità. Nelle richieste di Giovanni e Giacomo, i figli di Zebedeo e nell'indignazione degli altri dieci, c’è tutto quello che siamo e viviamo: ci rappresentano molto bene. C’è tutta un’umanità mossa dall'istinto di sopravvivenza che smuove l’egoismo umano di cui siamo plasmati, producendo relazioni basate sull'interesse personale, il desiderio di sopraffare l’altro, il bisogno atavico di emergere sugli altri. Il testo ci dice chiaramente che i dodici discepoli Gesù non li ha scelti perché sono migliori degli altri: sono esattamente come tutti gli altri, sono come noi. Questo dinamismo egoistico di cui siamo plasmati si trasferisce poi su tutti i livelli dell’esistenza umana. Lo vediamo molto bene ogni giorno leggendo i giornali. Il modello economico neo-liberale produce giorno dopo giorno sempre più poveri e aumenta i soldi nelle tasche dei pochi ricchi, che non s’importano di nulla se i poveri muoiono. I politici che sono al potere pensano agli affari loro e delle loro famiglie, promuovendo operazioni di facciata per illudere la gente e continuare a fare il bello e cattivo tempo. Venendo anche vicino a noi, possiamo tranquillamente dire che l’egoismo manifestato dai discepoli è ben visibile nelle nostre comunità, in cui spesso sono gli interessi personali che prevalgono, a scapito della comunione. Basterebbe partecipare a qualche consiglio pastorale parrocchiale per confermare quanto sto dicendo. Gli stessi dinamismi umani mossi dall’invidia e dall’egoismo hanno segnato profondamente e tristemente la storia della Chiesa. Quello che stiamo accompagnando in questi giorni – pedofilia, odio nei confronti del Papa, scandali nel clero, poca chiarezza nei conti del Vaticano, ecc. – dicono chiaramente che l’umanità dilaniata dall’egoismo umano ha intaccato anche il corpo di Cristo che è la Chiesa. Siamo immersi in un mondo di egoismo: c’è una possibilità di salvezza?

Leggendo il Vangelo e osservando la vita di Gesù, il suo modo di porsi con gli altri, il suo atteggiamento nei confronti dei più poveri, l’attenzione con le categorie sociali discriminate, come le donne, possiamo dire che in lui l’egoismo non ha prevalso. Gesù è l’unico pezzetto di umanità come il nostro, fatto di carne ed ossa come noi in cui a dominare è l’amore. Non c’è traccia di egoismo nell’umanità di Gesù, nella sua storia. Persino sulla croce Gesù ha amato, perdonando coloro che lo stavano uccidendo. Con il suo modo di essere e di agire, Gesù ha impresso dentro la storia umana il principio dell’amore. Gesù è diverso da tutti gli altri non per le cose che ha, ma per come ha vissuto, per il modo in cui si è relazionato con gli altri, per il modo in cui si è donato gratuitamente e disinteressatamente. In Gesù, nel suo modo di amare, i pregiudizi si spezzano, la verità non è più qualcosa di rigido e inarrivabile, ma è donata in modo semplice attraverso gesti umani di accoglienza, di giustizia, di amore. Gesù è il Vangelo, la proposta nuova di vita autentica, un cammino che tutti possono percorrere se lo desiderano.

Gesù è la speranza dell’umanità, è la nostra unica possibilità di salvezza, perché è l’unico che ci può salvare dalla condanna di una vita immersa nell’egoismo che porta alle divisioni, agli odi, alle discriminazioni, in una parola: alla morte. Siccome ha vissuto solo di amore è l’unico che ci può insegnare quello che ha vissuto. Ascoltando e interiorizzando il Vangelo, scopriamo il cammino che Gesù ha preparato non per fondare una religione, ma per aiutarci a divenire più umani, a far risplendere in noi l’immagine di Dio di cui siamo forniti, ma che il nostro egoismo rende opaco. Ha donato a noi il suo Spirito esattamente per questo: per vivere come Lui ha vissuto, per essere nel mondo il segno della diversità che Gesù ha portato, per riuscire a realizzare nei nostri gesti quotidiani, ciò che ascoltiamo nel Vangelo.

È bello vedere come nella prima comunità sorta subito dopo la morte del Signore, la Sua presenza era ben visibile in mezzo ai cristiani nel modo di relazionarsi, di considerare i beni del mondo, di prendere decisione a favore del bene comune e non cercando interessi personali.  È interessante constatare che nella primissima fase storica, quella che va dagli anni Trenta al Sessanta del primo secolo, la Chiesa popolo di Dio non prevedeva divisioni di ruoli. Quando si parlava di Popolo di Dio, s’intendeva tutti i fratelli e le sorelle credenti nel Signore Gesù. Anche i termini di laico e clero, in questa prima fase, non indicavano divisioni di ruoli, ma l’intera comunità. L’unica divisione che si riscontra in quel periodo è tra credenti e non credenti, tra coloro che sono nella comunità e quelli di fuori, mentre all’interno tutti vivevano in comunione.

Gesù è venuto a liberare l’umanità intrappolata dalle catene dell’egoismo, che sviluppa relazioni viziate dall’invidia, dalla gelosia, di bisogno di emergere sopra gli altri. Spetta noi battezzati accogliere lo Spirito del Signore, che è Spirito di libertà, per vivere da figli e figlie di Dio, liberi dalle catene delle dottrine umane, per esprimere nel mondo la diversità che ci viene dal Signore. È questo il nostro compito nel mondo, ed è questa la ragione d’essere della Chiesa, della comunità cristiana. Se viviamo ciò che siamo, se sapremo essere ciò che gratuitamente abbiamo ricevuto, il mondo, vedendo la presenza del Signore in mezzo a noi, avrà la possibilità di credere in Lui.


Se volessimo attualizzare il discorso per fare parlare il testo di Luca nel nostro contesto attuale potremmo dire: tra di voi, cioè tra noi cristiani che seguiamo il Signore non ci possono essere discriminazioni, esclusioni di persone, come invece avviene tutti i giorni nel mondo.  Tra noi cristiani non ci possono essere pregiudizi. Tra di noi, che siamo in questa chiesa attorno allo stesso banchetto eucaristico, non ci possono essere persone che stanno meglio delle altre, perché contraddiremmo il corpo di Cristo di cui ci alimentiamo. Siamo di Cristo quando accogliamo tutti e tutte come Lui faceva; siamo discepoli e discepole del Signore quando sappiamo vedere nell’altro che incontriamo un fratello, una sorella e non una categoria elaborata dal pregiudizio sociale. Noi non possiamo essere come quelli che vivono nel mondo: siamo diversi, perché amati dal Signore, chiamati da Lui ad essere segno della sua presenza nel mondo.  

2 commenti:

  1. “La bellezza che salva il mondo sei Tu, Signore Gesù”!
    E noi potremo ottenere la salvezza e contribuire a farla raggiungere alle nostre sorelle e ai nostri fratelli soltanto nella misura in cui sapremo conformarci a questa “bellezza”.

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  2. Giacomo e Giovanni hanno avuto molto coraggio a chiedere a Gesù fa che noi sediamo uno una alla tua destra e uno alla tua sinistra.Gli altri discepoli osservano falsamente indignati coi due fratelli:sono gelosi e invidiosi di quel coraggio che loro non hanno avuto.A chi di noi non piacerebbe sedere nella gloria vicino a Lui?
    Farsi servitori gli uni gli altri nella benevolenza senza esclusioni è il cammino.
    Teresa

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