martedì 31 dicembre 2024

SGUARDO




Paolo Cugini


Ora voi avete ricevuto l'unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza (1 Gv 2,20).

 Il riferimento del versetto è al Battesimo e alla Cresima, che nella chiesa primitiva avvenivano nella stessa notte di Pasqua, dopo un percorso formativo che durava tre anni. L’unzione dello Spirito s’inseriva dunque, nella vita di una persona che aveva già fatto delle scelte, già orientato la propria vita in Cristo. Oltre a ciò, durante tre anni, il neofita aveva assimilato contenuti, fatto conoscenza del Vangelo e dei principali punti fondamentali della Chiesa. Come ci ricorda il Vangelo di Giovanni, “il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,28). Il cammino cristiano è fatto di conoscenza, prodotta dall’amore a Lui: più lo amiamo, più desideriamo conoscerlo. 

C’è, allora, un desiderio di conoscenza del Mistero che dovrebbe animare la nostra vita, un desiderio che ci porta a cercare, approfondire, a voler conoscere sempre di più il mistero che è venuto verso di noi donandoci vita, luce, giustizia e pace. In che modo Gesù ha vissuto la sua conoscenza del Mistero con noi? Mostrando ad ognuno di noi gli aspetti positivi della vita e, in questo modo ci ha trasmesso il valore della nostra vita, ci ha donato dignità. Più conosciamo il Mistero che si è manifestato nella persona di Gesù, più ci dirigiamo alle persone che incontriamo aiutandole a vedere il bene che c’è in loro, toccando, cioè, quelle corde umane che possono risvegliare la dignità della persona. 

Del resto, è proprio questo che Gesù ha fatto con i suoi discepoli e le sue discepole e continua a farlo con noi: non ha guardato ai loro e nostri peccati, ma ha mostrato ad ognuno e ognuna la possibilità di amore e giustizia che vedeva nelle loro anime e nelle nostre. Chi viene accolto da uno sguardo di amore e speranza inizia un cammino che non si fermerà mai. 


lunedì 30 dicembre 2024

IL MONDO PASSA

 




Paolo Cugini


Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo - la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita - non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno! (1 Gv 2,12s).

 Versetti che rivelano la profondità del cammino spirituale evangelico. È autentico quel cammino che non sente l’attrazione della proposta del mondo, non viene disturbato dalle sue sollecitazioni. La concupiscenza è la prevalenza della materia sullo spirito, che provoca la passione irresistibile. La proposta del mondo agisce sui sensi che, in un’anima protesa verso il Signore, ne coglie i benefici e rimane libera dalle sue pretese. Il mondo esige risposte immediate, mentre la vita spirituale apprende a orientarsi nel tempo. 

La dinamica del mondo è la fretta, quella dello spirito è la pazienza. Il mondo passa, lo spirito rimane. Allenare la propria vita interiore alla dimensione spirituale della vita, significa apprendere a non perdersi nelle dinamiche del mondo. Abitare nel mondo pur non essendo del mondo: è questa la dinamica della vita spirituale, che è la forza della persona che ha scoperto la vita interiore. Vivere nel mondo senza lasciarsi dominare da esso: è il proposito quotidiano di una persona che cerca il bene nella propria vita. 

Il mondo di cui parla Giovanni, non è il cosmo, ma è tutta quella realtà materiale, che non s’interessa della dimensione spirituale e che si alimenta con la schiavitù delle persone, Per questo, per poter ottenere ciò che vuole, vale a dire, il potere sulle persone, fa leva sugli istinti facendo pressione con l’apparenza, esigendo risposte immediate, che non prevedono la mediazione della ragione. Al contrario, la vita spirituale, che lavora sugli obiettivi proposti dal Vangelo, esige tempo, pazienza, riflessione, meditazione. In questa prospettiva risulta chiara l’opposizione mondo e spirito: sono due proposte diverse, che prospettano visioni antropologiche opposte. La persona che ha scoperto la vita interiore e la bellezza della vita spirituale, ha il compito di non vivere sui risultati raggiunti, ma d’impegnarsi ogni giorno a rivolgere il proprio sguardo verso ciò che dura nel tempo. Il contatto quotidiano con il Vangelo, la sua interiorizzazione e l’applicazione nella vita quotidiana di ciò che si medita, sono gli strumenti necessari per vivere in modo differente, per dare un sapore alla vita e puntare tutto su ciò che rimane per sempre.



martedì 24 dicembre 2024

NATALE: MESSA DELLA NOTTE

 




Paolo Cugini

Dipende sempre da dove vediamo le cose, con che occhiali le guardiamo, che punto di vista scegliamo. Così è anche per il presepio. Se infatti, lo guardiamo da dove siamo adesso, dal nostro presente, e scegliamo come punto di osservazione il nostro oggi, allora il presepio ci sembra una cosa del passato, anzi peggio, una fiaba per bambini che non ha nessunissima incidenza sulla vita reale e, spesso e volentieri, non dice più nulla alla vita concreta che viviamo tutti i giorni. E, infatti, i presepi che costruiamo e che visitiamo nelle chiese, sono esattamente la rappresentazione religiosa di come stiamo guardando il mondo, di come stiamo guardando quel mondo, quell’evento che è la nascita di Gesù: come un evento del passato, come una fiaba per bambini, come la narrazione di una storia che non ha più nulla da dire a noi.

Se invece cambiamo di prospettiva, se un giorno decidiamo di guardare quello stesso presepio, se decidiamo di osservare quell’evento da un’altra prospettiva, da quella giusta, e cioè dalla prospettiva di come è venuto fuori, di come è apparso nella storia, di come è stato pensato da Dio, di come è stato annunciato dai profeti sin dal quattordicesimo secolo, ci accorgeremo che c’è qualcosa che non va, che il presepio è tutto sbagliato, un vero e proprio obbrobrio. E infatti, ci possiamo tranquillamente chiedere: se Dio ha preparato l’ingresso del messia nella storia con tantissimo tempo d’anticipo, se lo ha profetizzato con secoli di anticipo, perché allora è entrato nella storia così male, in questo modo così brutto, come se nessuno lo aspettasse, come se fosse un intruso, come se nessuno lo sapesse? E’ davvero molto strano il presepio visto dalla parte della storia. Se Dio aveva iniziato a parlarne sin dai tempi della Genesi, sin dalla benedizione di Giacobbe e aveva continuato a parlarne al tempo di Davide e poi aveva mandato diversi profeti che avevano annunciato la venuta del messia, perché una volta che decise di venire, venne in quel modo veramente disastroso? Avrebbe avuto tutto il tempo a disposizione, anche perché se l’era preso per fare nascere il messia in una casa decente, in una città decente e potremmo aggiungere, da una famiglia decente. E invece no. Nasce a Betlemme, a 11 Km da Gerusalemme e una volta arrivato a Betlemme non c’è nemmeno una casa per accoglierlo al punto da dover nascere in una mangiatoia. Il messia sembra nato in fretta, di sorpresa, senza nessuna preparazione, mentre noi sappiamo benissimo che era stato preparato, che era stato annunziato per tempo, anzi, per molto tempo. Forse riusciamo a capirci qualcosa se poniamo attenzione ad un dettaglio, che è molto più che un dettaglio, ma una vera e propria sorpresa. E infatti, in tutte le profezie non era mai stato detto che a nascere, che a venire al mondo, che ad entrare nella storia non sarebbe stato semplicemente il messia, ma Lui stesso! Questa è la cosa sbalorditiva: Dio stesso si è fatto presente, e cioè quel bambino nato nella mangiatoia è Dio stesso. E’ sbalorditivo perché non l’aveva mai detto nessuno, non l'aveva mai profetizzato nessuno. Nelle tante profezie che leggiamo e abbiamo ascoltato nel tempo di avvento dove si annuncia la nascita di un messia, un salvatore, mai era stato detto e annunciato che questo messia sarebbe stato Lui stesso, Dio.

Si capisce allora, che se è Dio ad essere in quella culla, tutto ciò che lo circonda, il modo nel quale è venuto al mondo, non è casuale. E’ strano per come sono state preparate le cose e cioè in modo minuzioso, non è più strano il perché sia entrato in quel modo. E’ una vera e propria rivelazione. Se Lui è Dio, se Lui è la Vita, se Lui è il Significato di tutto allora il suo ingresso nella storia diventa, si trasforma in un giudizio implicito e impietoso di quella vita costruita indipendentemente da lui nella quale viviamo; la Sua presenza nella storia manifesta il vuoto nel quale l’umanità vive. E allora, il bambino Gesù con la sua presenza discreta si trasforma in un processo di smascheramento delle menzogne nella quale il mono è avvolto. La sua presenza inquieta tutti coloro che fanno della loro vita uno spazio di tranquillità, che hanno fatto della loro vita una terra di riposo, un anestetico contro ogni forma di dolore, di sofferenza, di tragedia. 

Se il bambino nella culla è Dio allora tutto ciò che realizza è il senso della storia. Se appena pone i suoi piedini nel mondo la sua vita è costellata di drammi, ciò significa che il dramma, la tragedia, sono elemento costitutivo della vita umana. E’ questa, forse, una delle primissime rivelazioni del Natale, anzi la più grande e profonda rivelazione della nascita dal salvatore. Gesù ci salva dalla vita artefatta e ci apre gli occhi sul senso autentico della vita che è tragica, drammatica, piena di problemi. Gesù rivela all’umanità che il senso della vita non è fuggire dalle tragedie, schivarle, nasconderle, mascherarle, ma assumerle, viverle, berle fino in fondo. Gesù è nato per bere il calice amarissimo della croce. Ha iniziato a prepararsi a questo dal primo vagito. Gesù a Natale c’insegna che l’uomo, la donna è colui, colei che apprende ad abitare il dramma, ad abitare la tragedia e non a fuggire.

C’è anche un insegnamento spirituale nel presepio, ed è questo. Sin dal primo passettino sulla terra, sin dalle prime mosse il bambino Gesù, il Dio fatto uomo, o meglio, bambino distrugge la religione degli uomini, la destruttura dal di dentro. Se, infatti, valgono le considerazioni fatti poco sopra, e cioè che Dio venendo al mondo mostra che il dramma, la tragedia fanno parte della condizione umana, allora Gesù, il Figlio di Dio, abitando la tragedia umana c’insegna che la vera religione, non insegna a fuggire ai problemi, ma a viverli, a portare il peso delle tragedie. Tutta quella religione, quelle preghiere, quelle devozioni, quelle candele, processioni e roba simile, fatte con l’esclusivo scopo di togliere i problemi, di risolvere i problemi, sono la negazione del Natale, vanno per la strada opposta di quella che Dio ha scelto e mostrato venendo al mondo. L’uomo e la donna religiosi, la vita religiosa che apprendiamo dal presepio è quella che c'insegna a vivere nel dramma, ad abitare la tragedia: è questo il vero miracolo. Solitamente si spaccia per miracolo quando avviene qualcosa che ci toglie il dolore, che ci toglie un peso, che ci risolve un problema. Il presepio c’insegna che il vero miracolo si trova esattamente dall’altra parte, dalla parte opposta, e cioè che il vero miracolo che Dio compie per l’uomo, il vero miracolo che Di fa alla donna, non è quello di risolvergli i problemi, di togliergli dei pesi, ma di aiutarlo a portarli con dignità, di portarli senza cercare fughe, sotterfugi, senza nascondersi. Questo è il Natale,il senso profondo del Natale, il messaggio autentico del Natale. Provarlo a vivere è il nostro compito.



venerdì 6 dicembre 2024

ABITARE LA CONTRADDIZIONE

 





Paolo Cugini


Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore,

i più poveri gioiranno nel Santo d'Israele.

Perché il tiranno non sarà più, sparirà l'arrogante,

saranno eliminati quanti tramano iniquità,

quanti con la parola rendono colpevoli gli altri,

quanti alla porta tendono tranelli al giudice

e rovinano il giusto per un nulla (Is 29,19s).

Tempo di avvento, tempo di speranza: speranza per cosa? Ce lo suggerisce il profeta Isaia, che esprime il desiderio dell’umanità afflitta, che anela ad un mondo di giustizia, in cui non ci saranno più tiranni che maltrattano i poveri. C’è sete di giustizia nei poveri, perché è dura passare la vita umiliati, maltrattati dagli arroganti di turno. I versetti di Isaia esprimono la conoscenza e l’esperienza di una malvagità che pensa il male, pensa inganni e come rovinare il giusto. È terribile quando nella nostra vita incontriamo persone così, senza scrupoli. Isaia ci ricorda che, nonostante tutto, c’è speranza, vale la pena aspettare e lottare per un mondo più giusto. È come se ci fosse un equilibrio spezzato, che lentamente si ricompone. 

Abitare il disequilibrio provocato dall’arroganza dell’uomo è il segno di una grande spiritualità. Abitare le contraddizioni, resistere nelle situazioni di ingiustizia, non permettere al male di attingere l’anima: è questo il senso di una vita che coltiva l’interiorità, che fa spazio alla luce dello Spirito. Infine, è proprio questo il senso profondo della spiritualità dell’avvento che incontriamo nei brani del profeta Isaia di questi giorni. 


venerdì 22 novembre 2024

IO, GIOVANNI, UDII

 




Paolo Cugini


Io, Giovanni, udii una voce dal cielo (Ap 10,8). 

C’è un udito che va ben al di là del dato fisico. Quelle, infatti, che Gesù ascolta non sono parole umane, che esigono l’attenzione di un orecchio fisico, ma parole che vengono da altrove. Il testo pala di cielo come provenienza dei suoni che Giovanni capta. Senza dubbio si tratta di una metafora che allude ad una realtà che sfugge ai dati sensibili. Perché, infatti, solo Giovanni capta questi suoni, questa voce che viene dal cielo? C’è un udito che dev’essere allenato ad un certo tipo di suono e di voce. È l’orecchio, per così dire, di una coscienza allenata ad orientare il proprio udito verso significati non sensibili, che dicono di qualcos’altro, che ricercano qualcosa d’altro: la voce del Mistero. 

Una voce così profonda e dalle qualità indicibili che attrae coloro che la cercano. Era quello che, solo per fare un esempio, accadeva con Gesù. Dice, infatti, il Vangelo: “tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo” (Lc 19,48). Perché il popolo pendeva dalle labbra di Gesù, dalle parole che lui pronunciava? Perché avevano un significato profondo, che rivelava qualcosa di vero alle persone che lo ascoltavano, cioè, a quelle persone che erano alla ricerca di parole significative. Perché i farisei che ascoltavano le stesse parole, non ne erano attratti? Esattamente per il motivo detto sopra, perché non ricercavano parole nuove, perché erano già soddisfatti delle parole che avevano e trovavano nelle loro tradizioni. 

Solamente chi ricerca contenuti nuovi, più veri e autentici riesce ad udire suoni nuovi, che richiedono un udito affinato dalla ricerca e pronto all’ascolto. 


giovedì 21 novembre 2024

ESULTA FIGLIA DI SION!

 



Paolo Cugini


Rallegrati, esulta, figlia di Sion,

perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te.

Oracolo del Signore (Zc 2,14). 

Quanto bello è questo versetto! Esprime un desiderio profondo del Mistero di incontrare l’umanità e, questa umanità è felice per questo annuncio, perché percepisce il Mistero come una benedizione. Questa profezia di Zaccaria si realizza con Gesù che, di fatto, come ci ricorda il Vangelo di Giovanni: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). La cosa strana è che invece di essere un’esperienza positiva, questo venire del Mistero ad abitare in mezzo all’umanità si è trasformato in un dramma. “I suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11). Quello che i profeti avevano annunciato come un evento carico di gioia, si trasforma in una tragedia. Come mai? Il Mistero manifesta il senso della vita e ella storia, il significato profondo dell’essere creati a sua immagine e somiglianza.

 La sua presenza in mezzo a noi mostra in modo eclatante la deformazione della nostra umanità e la distanza rispetto al progetto iniziale. La luce che il Mistero porta nel mondo illumina la realtà di tenebre nella quale l’umanità è immersa. Chi si abitua a vivere nelle tenebre odia la luce, gli dà fastidio: non la sopporta. Per questo il mondo ha fatto di tutto per spegnerla alla svelta. Come sappiamo, la luce del Mistero non si spegne mai ed è passata dall’esterno all’interno. Tutti coloro che la desiderano la possono accogliere gratuitamente. “Io vengo ad abitare in mezzo a te”. 

La profezia si realizza nello Spirito Santo, in linea con l’altra profezia di Geremia (Ger 31,31s) che annunciava una Nuova Alleanza, non più scritta nella pietra, ma nei nostri cuori, nelle nostre coscienze. Non siamo soli nel cammino di fede, perché il Mistero abita in noi, la luce irradia le nostre coscienze. 


mercoledì 20 novembre 2024

IO, GIOVANNI, VIDI

 





Paolo Cugini 


Io, Giovanni, vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: «Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito (Ap 4,1). 

È interessante questo “vedere” di Giovanni, che lo pone in linea con le visioni dei profeti. Che cosa significa questo vedere? In primo luogo, rivela un’anima aperta verso il Mistero. Non tutti, infatti, sono in grado di vedere al di là dei dati materiali, al di là del presente. Solo una coscienza abituata a cercare il senso delle cose riesce a penetrare al di là del tempo, a vedere quello che umanamente è impossibile vedere, perché l’anima è intorbidita dai residui istintuali, che ne bloccano lo slancio in avanti. In secondo luogo, il vedere di Giovanni dice della relazione di amore con il Maestro, Gesù. Del resto nel Vangelo, Giovanni è chiamato il discepolo amato. Giovanni vede il Maestro ovunque Lui si trovi: lo ama così tanto che non ci sono barriere che tengano. Ci sono amori tossici, che chiudono gli individui in circoli chiusi e angoscianti, al punto da provocare la rottura con le relazioni parentali e amicali, giungendo al soffocamento interno; ed esistono amori che aprono il respiro all’infinito, che accendono luci, che aprono ponti. È questo l’amore che provoca Gesù in coloro che lo incontrano con il cuore aperto e disponibile al cammino con Lui. Un amore non soffocante e protettivo allo sfinimento, ma un amore che, per chi l’accoglie, diventa cammino di libertà, di possibilità infinita. Un amore, dunque, quello di Gesù e per Lui, che non chiude lo sguardo piegandolo sul proprio ombelico, ma lo rivolge al futuro permettendogli di vedere cose straordinarie e, soprattutto, di percepire la dimensione eterna della propria vocazione alla vita. Quello che Giovanni vede e comunica nella pagine del libro dell’Apocalisse è il cammino dell’amore, che tutti siamo invitati a percorrere. 


sabato 9 novembre 2024

XXXIII DOMENICA TEMPO COMUNE B

 




Dn 12,1-3; Sal 16; Eb 10, 11-14.18; Mc 13,24-32



Paolo Cugini


Ci avviciniamo alla fine dell'anno liturgico e le letture ci offrono la possibilità di fare un bilancio del cammino di fede di quest'anno. Il Signore deve diventare sempre più il nostro rifugio, la nostra eredità, il nostro destino, come ci ricorda il Salmo 16, che proclameremo. Forse, non tutto questo è frutto del nostro pellegrinaggio, ma deve essere presente almeno lo sforzo di mettere il Signore e il suo disegno d'amore al centro dei nostri desideri. Solo così potremo guardare al nostro passato non con l'orgogliosa rigidità che ci porta a detestare noi stessi, a causa della nostra incapacità di seguire il Signore, ma con quello sguardo misericordioso che è frutto dello Spirito Santo, che dona pazienza e, allo stesso tempo, una grande forza per continuare il cammino. E questo è ciò che conta.

 «Allora vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (Mc 13,26).

La pagina del Vangelo di oggi è una di quelle che più facilmente vengono fraintese. Quante volte abbiamo ascoltato sermoni che, basandosi su questi versetti, proclamano la fine del mondo, la morte di tutti, provocando negli ascoltatori sentimenti di panico e disagio. In realtà, questi versetti, letti con il desiderio di penetrare i misteri del Regno di Dio, più che suscitare curiosità malsane, rivelano una Parola piena di conforto e di speranza. Dio non vuole gettare nel panico nessuno; al contrario, esprime tutto affinché nessuno vada perduto (cfr Gv 17). Per le persone che amano il Signore, che hanno goduto e assaporato la Parola di Dio per tutta la vita, che si sono sforzate di partecipare alla realizzazione del Suo Regno, non c'è niente di meglio che sapere che il Figlio dell'Uomo verrà con grande potenza e gloria. Il suo arrivo non è motivo di stupore, ma di grande gioia. Inoltre, la sua potenza e la sua gloria indicano un’indicibile pienezza di vita. Non si tratta, infatti, del potere e della gloria umana che, per manifestarsi, sopprime gli altri. La gloria di Dio si è manifestata in Gesù che, affinché potessimo avere la vita eterna, si è lasciato massacrare. È da questa vita che vogliamo rifornire la nostra anima, affinché anche noi possiamo dare la vita ai nostri amici, che il Signore metterà sul nostro cammino. La potenza del Signore non è fatta di armi che uccidono, ma di una Parola che dona la vita. Il Vangelo, infatti, è la forza di Dio «per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,16). Se la potenza e la Gloria di Dio manifestano la qualità della Sua vita, nella Sua Parola e nel Suo modo di essere, che senso hanno i cataclismi che il Vangelo annuncia come manifestazioni esterne di questo evento?

Ancora una volta, chi si accosta alla Parola di Dio in modo materiale e istintivo, non potrà raggiungere la profondità del messaggio di Gesù. Infatti, con queste espressioni di carattere apocalittico, Gesù unisce le grandi predicazioni profetiche dei secoli passati nella storia di Israele, predicazioni che si preoccupavano di ammonire il popolo a non allontanarsi dalla via della Legge, con il desiderio di vedere il popolo di Dio appassionato del proprio Creatore e non perso nel fango del peccato, come purtroppo spesso è accaduto. È da questo sfondo apocalittico di carattere profetico che Gesù usa per avvisare i suoi “Eletti” della sua futura venuta. Niente, dunque, di così sorprendente e terrificante, come molti ancora oggi amano presentare il messaggio di Gesù che, al contrario, è pieno di comprensione e di misericordia verso di noi. Inoltre, vale la pena notare che Gesù non ha mai fatto la testa a nessuno e non ha mai spaventato nessuno inducendolo a seguirlo. Al contrario, la sua unica arma era una proposta libera, basata sul dialogo e sulla testimonianza personale.

 «Egli manderà gli angeli ai quattro angoli della terra e radunerà gli eletti di Dio da un'estremità all'altra della terra» (Mc 13,27).

Per Dio siamo noi gli eletti che vuole proteggere da ogni pericolo, per questo invierà gli angeli ai quattro angoli della terra per venirci a prendere. Eletto è ogni uomo, ogni donna che risponde alla chiamata di Dio proposta da Gesù nello Spirito Santo, con una vita dignitosa e senza peccato (cfr Ef 1,1-15). Ciò significa che queste parole spesso presentate come “stupefacenti” sono in realtà un invito implicito di Gesù a prendere più sul serio la sua Parola, il nostro Battesimo, affinché possiamo vivere sempre con Lui, insieme al Padre e allo Spirito Santo, perché non ci lasciamo confondere dalle parole deboli del mondo, dalle sue proposte illusorie, e così camminiamo sempre con fermezza, con lo sguardo fisso su Cristo, che è morto e ha dato la sua vita per noi. Così ci ricorda oggi la lettera agli Ebrei: «Cristo, dopo aver offerto un solo sacrificio per i peccati, si è seduto alla destra di Dio per sempre. Non gli resta altra scelta che attendere che i suoi nemici siano messi sotto i suoi piedi» (Eb 10,12-13).

 Non è qualcosa di fantastico sapere che Gesù ci aspetta? Ha creato il cammino dell’amore affinché tutti potessimo percorrerlo con più determinazione. È un'attesa non rassegnata, ma piena di speranza, perché il Verbo di Dio si è fatto uomo e ha sperimentato in una carne come la nostra non il peccato, ma le sue conseguenze. Possiamo, dunque, ora fidarci della sua proposta, della sua Parola, accogliere il suo Spirito, per affrontare con coraggio il cammino della luce in questo mondo di tenebre, nella certezza che, con il tempo, impareremo a vivere nella luce. È Lui, infatti, che ha sconfitto le tenebre e solo accogliendo la sua luce possiamo vivere come figli della luce (cfr Ef 3).


«Le mie parole non passeranno» (Mc 13,31).

Solo chi si metterà umilmente sulle orme del Signore, lasciandosi guidare dallo Spirito, potrà assaporare la verità di questo stupendo versetto. L'Eucaristia di questa XXXII domenica dell'anno B ci aiuti a scoprire il mistero dell'eternità della Parola di Dio.


lunedì 28 ottobre 2024

COME UN FARO NEL BUIO - Preghiera in Canto

 






Presentazione:

Francesco Venturini e Gloria Bedocchi sono, rispettivamente, un bancario e una farmacista, due amici che hanno sempre condiviso, oltre ai valori della Fede Cristiana, una grandissima passione per la musica, rispettivamente lui come autore di testi e lei come compositrice (in passato, ha fatto parte come cantante di diversi cori polifonici).

Durante un periodo della vita per loro non facile, hanno deciso di provare a coltivare la loro Fede Cristiana in modo ancora più attivo e, facendo leva sulla loro passione per la musica, è nata così il loro canto “Come un faro nel buio” (successivamente anche approvato dall’Ufficio Liturgico Diocesano dell’Arcidiocesi di Bologna), un canto con cui hanno voluto rendere grazie al Signore, che ha sempre per loro rappresentato una guida sicura per seguire per la giusta via da percorrere.

 

Come un faro nel buio

(testo di Francesco Venturini, melodia di Gloria Bedocchi, elaborazione e armonizzazione di Alessandra Mazzanti)

 
A Te, Signore, ci rivolgiamo,

con tutto il cuore noi Ti chiediamo

di perdonare i nostri peccati,

e grazie a Te saremo salvati…

 

Rit.

Come un faro nel buio sei per noi, Signore,

che ci illumina sempre nelle notti più oscure…

Quando noi Ti preghiamo vieni con la Tua luce

a indicarci la strada e a donarci la pace…

 

La Tua Parola è fonte di vita

di verità e di gioia infinita…

A chi la osserva Tu sei vicino,

In ogni istante lungo il cammino…

 

Sei Tu la sola via da seguire,

che non dobbiamo mai abbandonare…

Senza di Te noi siamo perduti:

vaghiamo disperati e smarriti…

 

martedì 22 ottobre 2024

SIATE PRONTI

 



Paolo Cugini

 

Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese (Lc 12,35).

Il senso di un cammino di fede: non addormentarsi, ma rimanere svegli, attenti. Ciò significa che un autentico cammino spirituale aiuta la persona a mantenere lo sguardo sull’obiettivo della propria vita, in altre parole, su Gesù Cristo. Ci addormentiamo quando ci facciamo prendere da altri obiettivi, quando ci lasciamo trasportare dall’apparenza, da ciò che colpisce i nostri sensi, ci adagiamo su ciò che arriva a noi in modo immediato e non lottiamo, ma ci lasciamo sopraffare. In questo modo ci addormentiamo, ci dimentichiamo chi siamo e da dove veniamo e, il grande rischio, è perdere la nostra identità, distruggere la nostra esistenza.

Essere pronti significa mantenere la nostra coscienza sveglia in modo tale da percepire i pericoli ed essere pronta ad intervenire, a tagliare dov’è necessario, prendere provvedimenti, in altre parole, mantenere sempre nelle mani le redini della propria vita per impedire ad altri di farlo. Questo è il grande lavoro della vita spirituale, un cammino quotidiano di viaggio nell’anima, con lo strumento del Vangelo per interiorizzare una Parola che Parla al cuore e orienta il nostro cammino nell’amore, nella giustizia e nella pace.

Il sonno spirituale è il sintomo di un abbandono, di un cedimento nella lotta quotidiana, di un adagiamento nei confronti di ciò che colpisce i sensi. Dormiamo quando, ad un certo punto della vita, abbassiamo la guardia, pensiamo che ormai niente può distarci e, mentre pensiamo in questo modo, veniamo sopraffatti, portati via, addormentati.

Lampade accese, allora, e vesti ben strette per orientare il nostro passo nella strada scelta, camminando con lo sguardo fisso verso l’unico Signore della nostra vita: Gesù Cristo.

 

lunedì 21 ottobre 2024

ARRICCHIRE PRESSO DIO

 



 

Paolo Cugini

 

Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede (Lc 12,14).

Difficile da vivere questo consiglio per chi vive nell’abbondanza. Chi nasce nell’abbondanza ed è abituato ad uno stile di vita per cui basta pochissimo per fare ciò che vuole è difficile che abbracci uno stile sobrio che conduca alla condivisione. La vita non dipende da ciò che si possiede: è questo il messaggio del Vangelo, che invita a impostare la propria vita su ciò che dà senso autentico all’esistenza. Il rischio di una vita impostata sui beni materiali è quello di perdere di vista il bene autentico. Infatti, nella parabola raccontata subito dopo queste parole, l’uomo ricco che fa di tutto per godersi i propri beni è considerato uno stolto. È condannata quella ricchezza finalizzata solamente al bene di e stessi e che non s’interessa del prossimo. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Lc 12,21).

Arricchire per Dio è il cammino proposto. Che cosa significa questa espressione? Arricchire per Dio significa orientare la propria vita nel Vangelo, seguire le sue parole, fare ciò che lui dice. È, dunque, l’indicazione di un cammino spirituale, l’indicazione di una priorità, per dire che la materia se non è fondata sullo spirito è morta. La ricchezza deve trovare un senso, non può essere fondata su se stessa, per soddisfare solamente il ricco. Vale ciò che è condiviso.

Per questo anche il ricco deve imparare a mettersi in cammino verso il Mistero per dare un senso alla propria vita e ai suoi beni.

 

domenica 6 ottobre 2024

XXVIIa DOMENICA

 



(Gn 2,18-24; Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16)

 

Imparare a riconoscere lo stile di Gesù è importante per una lettura e una comprensione di quello che dice e realizza nelle strade della Palestina. Non si tratta, infatti, d’interpretare parole o detti, ma di cogliere l’essenza del suo modo di fare, che rivela un modo di pensare e, soprattutto, un modo nuovo di stare al mondo. Ogni frase e ogni azione di Gesù vanno collocati all’interno del suo modo di pensare estremamente coerente. La logica dell’amore che viene declinata da una parte dalla misericordia a trecentosessanta gradi nei confronti di tutti e di chiunque e, dall’altra, dalla fame e sete di giustizia che lo conduce sempre e comunque dalla parte dei poveri e degli esclusi, è l’essenza del pensiero di Gesù, vera chiave di lettura delle sue scelte e delle sue decisioni. Queste considerazioni inziali sono importanti per cogliere in profondità il testo di oggi.

 alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova.

Nel Vangelo di Luca in cui si narrano i quaranta giorni che Gesù trascorse nel deserto prima d’iniziare l’attività pubblica, Satana viene presentato come il tentatore, colui che cerca di mettere alla prova la fedeltà di Gesù al Padre. Ebbene, l’evangelista marco introduce il brano con un riferimento e questa situazione esistenziale, affermando che i farisei si avvicinarono a Gesù per metterlo alla prova. Siamo al capitolo dieci e ormai il conflitto tra Gesù e i farisei si sta consumando. I farisei sono coloro che osservano tutti i dettami della legge e per questo si separano (fariseo significa proprio questo: seprato) dal resto del popolo e non accettano che una persona come Gesù, che si fa passare da Maestro, interpreti i dettami di Mosè in modo così liberale. Per questo intendono smascherarlo in mezzo al popolo con una delle questioni più chiare della legislazione mosaica, vale a dire il tema del ripudio della donna. Mentre Gesù parla di Dio come Padre che manifesta il suo amore per tutti, per i farisei Dio è potere e le sue leggi servono a loro per esercitare un potere oppressivo sugli uomini.

domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?».

Interessante osservare il metodo di procedere di Gesù che, prima di rispondere direttamente, procede con una domanda agli interlocutori per permettere loro di esporre il problema e la soluzione. In questo modo Gesù si fa consegnare dagli interlocutori il materiale su cui imbastire il dialogo. Altra osservazione importante è sulla domanda di Gesù. Non dice: che cosa ci ha ordinato, ma che cosa vi ha ordinato. In questo modo Gesù prende le distanze da una legislazione che, a suo modo di vedere, non deriva dal Padre, ma sono legge di uomini, modellate sulla cultura patriarcale. Infatti, il caso in questione, vale a dire, la possibilità di ripudiare la propria moglie, è tutto a favore degli uomini, mentre le mogli sono considerate alla stregua di cose di appartenenza al marito e, per questo, possono essere ripudiate senza troppi scrupoli. Il testo che i farisei citano è preso dal libro del Deuteronomio al capitolo 24. Lo stesso precetto viene ripreso dal Talmud, che contiene i commenti più prestigiosi dei rabbini alla legge mosaica, il quale sostiene che: “la donna può essere ripudiata lo voglia o no”, ma la donna non può ripudiare il marito. Rabbi Hillel, che era il rabbino più seguito al tempo di Gesù, sosteneva che l’uomo poteva ripudiare la moglie per qualsiasi motivo. Gesù è venuto a portare sulla terra il Vangelo dell’uguaglianza tra uomo e donna, e i farisei vogliono fargli ammettere che c’è un’eccezione a questo suo insegnamento, eccezione a favore degli uomini. La risposta di Gesù è impressionante:

«Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

Per Gesù la legge scritta non riflette sempre la volontà del Padre e quindi non ha valore duraturo; per Gesù non tutto quello che è scritto nella legge ha autorità divina, perché si tratta a volte d’interpolazioni umane. Quando nella Bibbia si trovano affermazioni che esaltano una parte a scapito di un’altra, soprattutto se la parte lesa è indifesa o una minoranza allora significa che non è volontà di Dio, ma intromissione degli uomini, una manipolazione della cultura patriarcale. Ecco perché Gesù, nella sua risposta, non si rifà a Mosè, ma al piano del creatore, andando, dunque, all’origine della questione. All’epoca di Gesù non era più come era stato pensato all’inizio della creazione, come una scelta libera, ma erano i genitori che decidevano e stabilivano il matrimonio dei due.

Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto.

Quando si è due si può dividere, ma quando si è uno non si può dividere, altrimenti diventa una mutilazione.

 «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Mentre nella legge mosaica e nel Talmud il tema del matrimonio era trattato solamente dal punto di vista dell’uomo, Gesù lo amplia prendendo anche in considerazione il punto di vista della donna. Gesù si pone sempre dal lato dei più deboli, delle vittime delle situazioni. 

mercoledì 25 settembre 2024

LA BELLEZZA CHE SALVA

 




 

Paolo Cugini

 

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi (Lc 9,1).

Come punto di partenza, c’è un giudizio negativo sul mondo, la società degli uomini e delle donne. C’è la lettura di un mondo avvolto dal male e malato e, per questo, Gesù dà potere ai dodici sui demoni e di guarire. C’è, dunque nel Vangelo, una visione antropologica negativa, che motiva l’azione redentrice di Cristo. C’è un mondo indemoniato che dev’essere esorcizzato e il Vangelo non passa e non penetra in un mondo in preda al demonio, che annichila l’essere umano e lo rende schiavo di se stesso. Discepolo, discepola, allora, è colui e colei che entra in un cammino di liberazione dal male, dalle forze del male, da tutto ciò che ferisce la dignità umana e la abbruttisce. Gesù è venuto mostrando la bellezza dell’essere figli di Dio, della libertà dei figli, che vivono senza sotterfugi, senza voler ingannare il prossimo, ma nella trasparenza e nell’autenticità.

Gesù ha mostrato la bellezza della vita, che attrae tutti coloro che sono in cammino verso l’autenticità e si rendono conto che da soli non riescono a scrollarsi di dosso la forza del male che devasta l’umanità, imbruttisce l’essere umano, lo schiavizza.

È la bellezza di Gesù che salverà il modo.

 

martedì 24 settembre 2024

MIA MADRE E MIEI FRATELLI

 




Paolo Cugini

 

Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 8,21).

La sequela a Gesù conduce verso una nuova umanità, a nuove relazioni. C’è un passaggio significativo che la sequela produce in coloro che vivono ciò che ascoltano: una nuova famiglia. È questo che Gesù sperimenta nella relazione con i suoi discepoli e discepole e che indica anche per coloro che, in ogni tempo e in ogni epoca si mettono in cammino ascoltando la sua Parola. È questo un dato molto significativo, perché rivela la verità comunitaria della sequela a Gesù, che inizia in una relazione personale, per entrare in una nuova umanità, all’interno di dinamismi relazionali non determinati dal sangue o dalla razza, ma dalle modalità che sorgono dal vivere la Parola di Gesù.

Questo dovrebbe essere il senso di una comunità cristiana, vale a dire, il segno nel mondo di una possibilità nuova di vivere le relazioni umane, non più segnate da determinismi di sangue, ma fondate sulla relazione con la parola di Gesù. Si tratta, dunque, di un cammino di uscita da un modo naturale di vivere le relazioni umane, per uno entrare all’interno di uno stile nuovo, tutto da scoprire e da sperimentare.

 

lunedì 23 settembre 2024

VITA COME LAMPADA

 


Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. (Lc 8,16).

A che lampada si riferisce Gesù? Probabilmente alla lampada della Parola di Dio e il riferimento sono le parole del salmo che dice: Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino (Sal 118,105). Gesù sta dicendo alla folla che, quando accendiamo con la lampada della Parola di Dio la nostra vita, non può essere nascosta, perché brilla, fa luce con un’intensità tanto grande da non passare inosservata. Per questo, diventa importante a come ascoltiamo la Parola, alla sua comprensione, Per non rischiare di ascoltare una Parola che poi rimane lettera morta, nel senso che non produce nessuna scelta. Illumina, infatti, quella Parola che, ascoltata in profondità, genera un livello di comprensione tale da modificare i criteri abituali di scelta, inserendone nuovi.

 È a questo livello che le nostre azioni umane assumono un significato tale da brillare, da fare luce, nel senso che diventa visibile una provenienza non umana dei criteri adottati. Fate attenzione, dunque, a come ascoltate (Lc 8,18): il segreto della vita spirituale sembra essere tutto qua, vale a dire, lo spostamento di accento che conduce la persona dalla pratica religiosa attenta alla forma, alla quantità di riti, all’attenzione alla qualità della relazione con il Mistero, che esige una concentrazione, una libertà interiore tale da permettere alla Parola d’incontrare spazio per poter generare qualcosa di nuovo con noi e attraverso di noi. 

mercoledì 28 agosto 2024

SEPOLCRI IMBIANCATI

 




 

Paolo Cugini

 

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità (Mt 23, 27-28).

 Versetti pesantissimi come, del resto, tutto il capitolo 23 di Matteo. Gesù colpisce duramente il modo di fare dei farisei ma, più in generale, colpisce in modo durissimo l’atteggiamento religioso. Qual è il cuore della religione? È la ricerca dell’apparenza per salvare la propria mediocrità, per non dovere cambiare e continuare la propria vita. Gesù entra nel cuore della questione.

C’è una religione che allontana da Dio, perché invece di produrre un cammino di conversione interiore, si muove alla ricerca di garantire se stessi, di proteggersi da Dio e dalla sua Parola. La verità dell’uomo religioso, smascherata da Gesù in questa durissima invettiva, è che non vuole cambiare, vuole rimanere così e, in questo modo, usa letteralmente la religione per darsi un tono, per apparire quello che non è. I gesti che compie la persona religiosa sono pura esteriorità, sono parole che escono dalla bocca, ma che non provengono dal cuore.

Era questa, del resto, l’accusa che i profeti facevano al popolo d’Israele e, soprattutto ai capi religiosi, che avevano portato alla distruzione il popolo proprio perché invece d’insegnare la Parola di Dio insegnavano le loro tradizioni. C’è tutto un percorso religioso che serve per imbiancare l’esterno e mantenere inalterato l’interno: è il cammino dell’ipocrisia e dell’inautenticità. Gesù, invece, è venuto per liberarci dalla falsa religione per divenire persone autentiche.

lunedì 26 agosto 2024

L’AMORE STA CRESCENDO

 




 

Paolo Cugini

 

Dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli, come è giusto, perché la vostra fede fa grandi progressi e l’amore di ciascuno di voi verso gli altri va crescendo (2 Ts 1,2).

Avere lo sguardo positivo di Paolo sul cammino delle comunità. Che cosa Paolo osserva? Due elementi su tutti: la fede e l’amore. La fede, come ci ricorda nella lettera ai Romani 10,17 dipende dalla predicazione della Parola di Dio e, di conseguenza, quello che paolo osserva nella comunità di Tessalonica, è una predicazione costante della Parola che sta producendo una conoscenza sempre più profonda dei misteri di Dio manifestati nella vita di Gesù. In secondo luogo, l’amore nella comunità, che si manifesta nelle relazioni che avvengono nel vissuto quotidiano e che manifestano l’autenticità della fede. Se è vero, infatti, che per Paolo la fede è un dono gratuito di Dio che nessuno può meritare, ma solo accogliere (cfr. Rom 1-3), è altrettanto vero che l’autenticità della fede nel Signore risorto si manifesta nel cambiamento di atteggiamenti nei confronti dei fratelli e delle sorelle della comunità.

Paolo con queste parole, sta verificando il Cammino che lo Spirito del Signore sta realizzando nei cuori delle persone, che va oltre le manifestazioni apparenti, oltre gli atteggiamenti esterni. È questo il pericolo delle liturgie celebrate che, se non sono ben fondate nella Parola di Dio, possono rischiare di divenire rappresentazioni esterne, in cui si cerca più l’effetto che la possibilità di passare il messaggio evangelico.

Ancora una volta le parole di Paolo vanno nella direzione della profondità, della spiritualità, del cammino interiore, l’unico capace di trasformare le nostre coscienze e produrre scelte in linea con il Vangelo ascoltato e interiorizzato.

 

venerdì 23 agosto 2024

POTRANNO QUESTE OSSA RIVIVERE?

 





Paolo Cugini

«Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: "Ossa inaridite, udite la parola del Signore (Ez 37, 3-4).

Bellissima immagine che permette di riflettere su diverse situazioni. Prima di tutto, è una rivelazione sullo sguardo del Mistero sull’umanità, per lo meno un primo sguardo. Non siamo altro che un mucchio di osso inermi, senza vita,

Del resto, è lo stesso sguardo dell’autore della seconda narrazione del libro della Genesi: un mucchio di polvere. Siamo questo, niente di più. Siamo questo sino a quando non viene soffiato in noi lo Spirito di Vita, che dà senso alla nostra inerzia, che provoca il movimento, la vita, in altre parole: una storia. È interessante la narrazione di Ezechiele perché ci dice come arriva a noi lo spirito vivificante: attraverso la parola, la parola profetica. Questo aspetto dà valore al dialogo, all’attenzione alle situazioni che sembrano di morte esistenziale, ma che in realtà rivelano solo la necessità di una parola, un incoraggiamento, qualcuno che mostri una via d’uscita ad una situazione che sembra finita: appunto, una profezia.

Avere parole profetiche per le donne e gli uomini che incontriamo privi di vita, di voglia di vivere, che si sono persi nei meandri della vita, forse per ricorrere ideali troppo alti o semplicemente perché non hanno trovato nulla da rincorrere e si sono seduti, addormentati. A volte, come in questo caso, basta una parola, una parola profetica e ciò che sembrava morto riprende vita, acquisisce un senso, si rimette in cammino.

mercoledì 21 agosto 2024

CERCHERO’ LE MIE PECORE

 



 

Paolo Cugini

 

Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. (Ez 34, 11).

Leggo e rileggo il capitolo 34 di Ezechiele. Capisco il contesto storico e le problematiche da lui sollevate. Non si può prendere questo testo come critica generalizzata al ministero pastorale. Ci sono delle responsabilità oggettive per coloro che assumono il compito di pastore, de leader di una comunità. Responsabilità religiose, che si traducono nella possibilità di alimentare spiritualmente i fedeli, con la conoscenza della Parola, la vita sacramentale e la vita di carità. Il problema evidenziato anche da Ezechiele è che, alla distanza, il pastore può stancarsi e concentrarsi su di sé. Esercitare, infatti, il ministero di pastore esige un costante cammino spirituale, perché la relazione con i fedeli alla distanza svuota l’anima. Si tratta di una relazione ad una direzione, di richiesta, di necessità che non sempre trova il pastore disponibile. Occorre, infatti, considerare anche la situazione del pastore, uomo tra gli uomini, con tutto il suo bagaglio di problemi umani da risolvere in modo diverso dagli altri. La sua condizione celibataria, lo pone in una situazione di solitudine e di carenza di relazioni parentali, che non va trascurato.

C’è, senza dubbio, la forza della vita spirituale e anche delle relazioni della vita pastorale che costituiscono uno stimolo positivo. Il problema è che alla distanza, la situazione di non normalità della vita del pastore si fa sentire e appesantisce la vita. È vero che ci sono pastori, come ricorda il profeta Ezechiele, che utilizzano il ministero per curare i propri interessi e approfittare delle persone a loro affidate. Senza dubbio, questo è un dato che va tenuto conto. Ciò che invece non emerge quasi mai quando si parla della realtà del ministro di Dio, è la loro umanità, le problematiche legate al modo in cui è richiesto lo svolgimento della loro funzione.

C’è troppa disumanità nelle condizioni attuali di vita del pastore e questa situazione genera conseguenze negative. Il problema sta anche nel tempo. Tutta una vita celibataria in queste condizioni nell’attuale situazione culturale è disumana. Forse sarebbe meglio pensare ad un periodo, che potrebbe essere rinnovato dopo un attento esame. Non è reale risolvere il dibattito rimandando la problematica esclusivamente alla dimensione spirituale, come se il pastore che esercita male il proprio ministero sarebbe carente di spiritualità.

C’è molto di più in gioco. C’è tutta la dimensione affettiva e sessuale che non è mai menzionata, ma che esiste e nessuno prende in considerazione. Come rendere il ministero pastorale più umano: è questo il problema che va affrontato con coraggio, uscendo dalle pastoie spiritualistiche, che non fanno altro che allontanare il problema per non doverlo affrontare.

 


martedì 20 agosto 2024

Maria madre di Dio 1° gennaio

 




(Nm 6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21)


Paolo Cugini 

 Iniziare l’anno nel nome di Maria. È un’indicazione che andrebbe presa sul serio, soprattutto considerando la situazione sociale in cui viviamo, in cui aumentano in modo esponenziale il numero di femminicidi, segno di una cultura patriarcale che non smette di riprodurre una misoginia che non dà tregua. Alcune teologhe italiane come Selene Zorzi e Cristina Simonelli, ci ricordano spesso nei loro interventi, che la situazione sociale in cui viveva Maria non era certamente favorevole alle donne. Pensare alla Maria reale e non quella idealizzata spesso divinizzata da una certa devozione distorta, potrebbe aiutarci a rivedere il nostro modo di relazionarci con le donne anche dentro la comunità cristiana. Nonostante, infatti, Gesù ci abbia mostrato la possibilità di creare comunità di discepoli e discepole uguali, l’atavica tentazione maschile di sentirsi superiore e di creare dinamismi di disuguaglianza e di potere è sempre alle porte. Invocare Maria, in questa prospettiva, potrebbe aiutarci a proci in quell’atteggiamento d’ascolto che ci potrebbe permettere di cogliere segni nuovi dell’universo femminile, così deturpato dalla cultura machista e, in questo modo, poter intraprendere cammini nuovi di uguaglianza da porre dentro la comunità.

Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace (Nm 6,26).

È anche di pace che abbiamo bisogno in un mondo divenuto sempre più violento. Ce lo ricorda anche il Papa ogni anno proprio in questo giorno dichiarato Giornata Mondiale della pace. Iniziare l’anno nel segno della pace, nel proposito di seminare pace e di divenire noi stessi strumenti di pace è un grande regalo che possiamo fare a noi stessi e alle persone che ci sono vicine. Portare pace con il metodo che ci ha insegnato Gesù, non distruggendo il nemico, ma attirando l’odio su di noi (cfr. Ef 2,14), per distruggere i conflitti con l’amore (cfr. Rom 12,21) Parole profonde che richiedono una spiritualità non indifferente, una forza interiore capace di dominare l’istinto di vendetta, di farsi giustizia con le proprie mani. È sempre nella comunità cristiana che abbiamo la possibilità di sperimentare lo stile nuovo inaugurato da Gesù con i suoi discepoli e le sue discepole, quel modo di stare al mondo fatto di attenzione e di cura dell’altro, che crea relazioni autentiche capaci di modellare un’umanità nuova, segno della pace di Dio in noi e in mezzo a noi.

quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli (Gal 4,4-5).

La doppia nascita di Gesù, espressa in questi versetti di Paolo e ancor meglio in Rom 1,3-4 ci ricordano un dato significativo da prendere como ulteriore augurio all’inizio di quest’anno. Paolo, infatti, ci ricorda che con l’incarnazione del Verbo siamo invitati a vedere la divinità attraverso l’umanità di Gesù. Sono i gesti umani di Gesù, il suo modo di relazionarsi con le persone, la sua attenzione ai poveri, l’accoglienza alle donne in una cultura patriarcale, il suo modo di accogliere e abbracciare gli esclusi della società, come i lebbrosi: sono questi spazi umani che ci permettono d’ora innanzi d’incontrare dio. Iniziare l’anno con questa presa di coscienza evangelica, ci permetterebbe di entrare nelle nostre liturgie con occhi e attenzioni diversi. Probabilmente smetteremmo di concentrarci sui detriti pagani del sacro – pontificali, pizzi, candelabri, turiboli, ecc.- per concentrarci su ciò che può renderci più umani. Del resto, se ci pensiamo bene, Gesù venendo al mondo in quel modo strano narrato anche dal Vangelo di oggi, ci ha allertato che d’ora innanzi non abbiamo più bisogno di cercarlo tra le stelle, perché è venuto in mezzo a noi. In questo modo, non abbiamo nemmeno bisogno di offrire chissà quali sacrifici per ottenere i suoi favori, perché attraverso il suo Figlio Gesù, si è donato gratuitamente ad ognuno di noi.

[i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia (Lc 2,16).

È un cammino di ascolto e attenzione che siamo invitati a compiere all’inizio dell’anno. Cammino che dovrebbe condurci ad una mentalità nuova, un pensiero nuovo o, come ci ricorda san Paolo, ad avere il pensiero di Cristo (1 Cor 2, 16). Di che pensiero si tratta? Il pensiero del dono gratuità di sé, che non esige particolari meriti, ma solamente la disponibilità ad accoglierlo, Non a caso nel brano di oggi, sono i pastori che si dirigono alla mangiatoia per incontrare Gesù. Cammino di ascolto che dovrebbe condurci ad un atteggiamento umile nei confronti del Mistero, per abbassare l’arroganza delle nostre argomentazioni e, così, fare spazio alla verità del Mistero che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.