giovedì 12 giugno 2025

LA SAPIENZA GIOCA DAVANTI AL PADRE CHE E' ANCHE MADRE

 




SOLENNITA’ DELLA SANTISSIMA TRINITA’


 

Pro 8, 22-31; Sal 8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15

 

Paolo Cugini

 

La solennità della Santissima Trinità ci conduce all’interno del Mistero di Dio. Un Mistero grande che, sin dai primi secoli, la Chiesa ha cercato di spiegare, di comprendere, facendo aiutare anche dalla cultura del tempo, la filosofia greca. Quello che ne è venuto fuori è un insieme di definizioni non sempre di facile comprensione e, senza dubbio, l’omelia non è il luogo in cui addentrarsi in questo meandro di reticoli concettuali. Ci affidiamo, dunque, alla Parola del giorno.

quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre
(Proverbi 8,30).

Affidarsi alla Parola significa credere che, all’interno di discorsi che provengono anche dalla cultura di un popolo e di un’epoca, c’è anche un soffio misterioso, divino, un contenuto che rimanda a qualcosa d’altro, che non può essere racchiuso nel semplice dato umano. C’è un di più che, se ascoltato, rivela contenuti che smontano le nostre costruzioni concettuali o devozionali su Dio che, con il tempo, formano pregiudizi, concetti indistruttibili. Che cosa ci dice, dunque, la Parola sul mistero di Dio? La pagina del libro dei proverbi che abbiamo ascoltato ci rivela che all’inizio di tutto non c’è un peccato, uno sbaglio, come sosteneva Agostino quando parlava di peccato originale, ma un gioco. “giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre”. All’inizio di tutto c’è lo sguardo sorridente di Dio Padre e Madre verso la figlia, bambina (la sapienza è al femminile), che gioca. All’origine di tutto c’è un gioco, un sorriso di vertente, che sgorga dalla relazione gioiosa del Padre-Madre con la figlia, che di nome fa Sapienza che, come ci ricorda il versetto iniziale del capitolo 8 del libro dei Proverbi, è stata creata dal Signore come inizio della sua attività. Nel cammino di fede il Mistero si rivela nel gioco: ama guardarci mentre giochiamo. È nel gioco che si sprigiona la Sapienza che viene dal Mistero.

La Sapienza che viene dal Mistero gioca davanti a Lui: che cosa significa questo giocare? Non è un caso che nel Vangelo di Giovanni, la vita pubblica di Gesù si apre con una festa di nozze, realizzando in questo modo la profezia di Isaia 24-27. Il Vangelo è gioia, festa. L’idea di gioco, infatti, espressa dal bellissimo passaggio del capitolo 8 del libro dei proverbi, apre la porta ad una serie di significati che solitamente vengono lasciati fuori dai discorsi religiosi. Il gioco significa allegria, gioia, creatività, passione, piacere, libertà, amicizia. Situazioni esistenziali che segnano profondamente la vita quotidiana della gente, ma che la religione non considera tali, perché troppo abituata a chiudersi in sé stessa e ad identificarsi con una parvenza di serietà posticcia, ipocrita. Diceva il teologo protestante Bonhoeffer nel bellissimo libro Resistenza e resa, che bisogna imparare a riconoscere Dio non solo nelle situazioni di sofferenza, dolore, malattia, come siamo abituati a fare, ma anche e soprattutto, nelle situazioni in cui la vita si manifesta come gioia, nell’arte, ad esempio, in una bella musica o, perché no, in una festa tra amici.

Vengono in mente le scene del Vangelo in cui ci sono i bambini che giocano davanti a Gesù e i discepoli, infastiditi, li vogliono scacciare via. Non solo. Gesù gioca con le nostre dottrine. Abbraccia i lebbrosi pur sapendo della legge sull’impurità, che non permetteva agli impuri, come i lebbrosi, di accostarsi al tempio che, da un punto di vista semplicemente logico, è assurdo. Lo stesso si può dire nel caso in cui Gesù tocca la donna che da 14 anni aveva un’emorragia. Anche in questo caso, chi tocca una donna che perde sangue e che, per questo, diventa impura, lui stesso è impuro. Gesù gioca con le nostre dottrine rigide, che ci rendo persone rigide e, spesso, disumani. Ancora. Gesù gioca spesso e volentieri con il perno delle leggi della Torà, la legge per eccellenza, che regge tutte le altre: il sabato. Sembra farlo apposta, ma spesso e volentieri Gesù compie miracoli nel giorno in cui è proibito fare qualsiasi cosa, al punto che un capo fariseo gli chiede se non poteva far quel miracolo un altro giorno. Gesù, invece, compie i miracoli proprio nel giorno di sabato per giocare con la nostra rigidità, con le nostre tradizioni umane, che abbiamo avuto la sfrontatezza di scambiarle, metterle al posto della Parola di Dio (Mc 7,2s).

La Santissima Trinità ci prende oggi per mano per farci giocare, per fare un girotondo, per scrollarci di dosso l’apparente serietà dottrinaria, che ci fa essere persone cupe, rigide, per entrare nel cammino dell’umanizzazione, che non è fatta solo di ragione, ma anche di passione, sentimenti. Entrando in questo gioco nel quale il Mistero della Trinità ci invita ad entrare, sarà più facile cogliere i segni della sua presenza e, in questo modo, abbandonare le fantasie religiose per lasciarci abbracciare dalla realtà di vita che Lui ci dona.

 

mercoledì 4 giugno 2025

UNA DONNA DI NOME DAMARIS (At 17,36)

 



 

Paolo Cugini

Dàmaris è una donna citata alla fin della narrazione della predicazione di Paolo ad Atene. È una predicazione che rappresenta un’ottima testimonianza della capacità di Paolo di inculturare il Vangelo nei più svariati contesti culturali. In questo caso Paolo si trova ad Atene, la patria della filosofia, culla della cultura occidentale e, per questo nella sua predicazione inizia citando autori della cultura locale. È un ottimo esempio di inculturazione: l’annuncio in un contesto culturale nuovo esige un aggancio per attirare l’attenzione I

n ogni modo, come sappiamo dalla narrazione, Ad Atene Paolo ebbe scarso successo eccetto il caso di alcune persone che abbracciarono la fede e, tra queste, una donna de nome Dàmaris. Un piccolo accenno che, però, apre varchi enormi. Là dove il mondo si chiude dinanzi alla predicazione del Vangelo, lo stesso Vangelo trova spazio nel cuore di coloro che nella società non valevano nulla: le donne. Questo picco accenno, dunque, di un nome di donna, Dàmaris, che aderisce alla fede e diviene credente, è l’indicazione della rivoluzione culturale e sociale che il piccolo seme del Vangelo sta producendo.

Basta solamente lanciarlo, che primo o poi, in modo insperato e in luoghi impossibili per il mondo, viene accolto e produce frutti sconvolgenti. La donna di nome Dàmaris è lo spazio teologico in cui avviene l’impossibile. Sono questi i miracoli del Vangelo, che apre nuovi orizzonti, squarcia i cieli ed entra una nuova luce.