SOLENNITA’
DELLA SANTISSIMA TRINITA’
Pro
8, 22-31; Sal 8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15
Paolo
Cugini
La
solennità della Santissima Trinità ci conduce all’interno del Mistero di Dio.
Un Mistero grande che, sin dai primi secoli, la Chiesa ha cercato di spiegare,
di comprendere, facendo aiutare anche dalla cultura del tempo, la filosofia
greca. Quello che ne è venuto fuori è un insieme di definizioni non sempre di
facile comprensione e, senza dubbio, l’omelia non è il luogo in cui addentrarsi
in questo meandro di reticoli concettuali. Ci affidiamo, dunque, alla Parola
del giorno.
quando disponeva le fondamenta della
terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre (Proverbi 8,30).
Affidarsi
alla Parola significa credere che, all’interno di discorsi che provengono anche
dalla cultura di un popolo e di un’epoca, c’è anche un soffio misterioso,
divino, un contenuto che rimanda a qualcosa d’altro, che non può essere
racchiuso nel semplice dato umano. C’è un di più che, se ascoltato, rivela
contenuti che smontano le nostre costruzioni concettuali o devozionali su Dio
che, con il tempo, formano pregiudizi, concetti indistruttibili. Che cosa ci
dice, dunque, la Parola sul mistero di Dio? La pagina del libro dei proverbi
che abbiamo ascoltato ci rivela che all’inizio di tutto non c’è un peccato, uno
sbaglio, come sosteneva Agostino quando parlava di peccato originale, ma un
gioco. “giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre”.
All’inizio di tutto c’è lo sguardo sorridente di Dio Padre e Madre verso la
figlia, bambina (la sapienza è al femminile), che gioca. All’origine di tutto
c’è un gioco, un sorriso di vertente, che sgorga dalla relazione gioiosa del
Padre-Madre con la figlia, che di nome fa Sapienza che, come ci ricorda il
versetto iniziale del capitolo 8 del libro dei Proverbi, è stata creata dal
Signore come inizio della sua attività. Nel cammino di fede il Mistero si
rivela nel gioco: ama guardarci mentre giochiamo. È nel gioco che si sprigiona
la Sapienza che viene dal Mistero.
La
Sapienza che viene dal Mistero gioca davanti a Lui: che cosa significa questo
giocare? Non è un caso che nel Vangelo di Giovanni, la vita pubblica di Gesù si
apre con una festa di nozze, realizzando in questo modo la profezia di Isaia
24-27. Il Vangelo è gioia, festa. L’idea di gioco, infatti, espressa dal
bellissimo passaggio del capitolo 8 del libro dei proverbi, apre la porta ad
una serie di significati che solitamente vengono lasciati fuori dai discorsi
religiosi. Il gioco significa allegria, gioia, creatività, passione, piacere, libertà,
amicizia. Situazioni esistenziali che segnano profondamente la vita quotidiana
della gente, ma che la religione non considera tali, perché troppo abituata a
chiudersi in sé stessa e ad identificarsi con una parvenza di serietà
posticcia, ipocrita. Diceva il teologo protestante Bonhoeffer nel bellissimo
libro Resistenza e resa, che bisogna imparare a riconoscere Dio non solo nelle
situazioni di sofferenza, dolore, malattia, come siamo abituati a fare, ma
anche e soprattutto, nelle situazioni in cui la vita si manifesta come gioia,
nell’arte, ad esempio, in una bella musica o, perché no, in una festa tra
amici.
Vengono
in mente le scene del Vangelo in cui ci sono i bambini che giocano davanti a
Gesù e i discepoli, infastiditi, li vogliono scacciare via. Non solo. Gesù
gioca con le nostre dottrine. Abbraccia i lebbrosi pur sapendo della legge sull’impurità,
che non permetteva agli impuri, come i lebbrosi, di accostarsi al tempio che,
da un punto di vista semplicemente logico, è assurdo. Lo stesso si può dire nel
caso in cui Gesù tocca la donna che da 14 anni aveva un’emorragia. Anche in
questo caso, chi tocca una donna che perde sangue e che, per questo, diventa
impura, lui stesso è impuro. Gesù gioca con le nostre dottrine rigide, che ci
rendo persone rigide e, spesso, disumani. Ancora. Gesù gioca spesso e
volentieri con il perno delle leggi della Torà, la legge per eccellenza, che
regge tutte le altre: il sabato. Sembra farlo apposta, ma spesso e volentieri
Gesù compie miracoli nel giorno in cui è proibito fare qualsiasi cosa, al punto
che un capo fariseo gli chiede se non poteva far quel miracolo un altro giorno.
Gesù, invece, compie i miracoli proprio nel giorno di sabato per giocare con la
nostra rigidità, con le nostre tradizioni umane, che abbiamo avuto la sfrontatezza
di scambiarle, metterle al posto della Parola di Dio (Mc 7,2s).
La
Santissima Trinità ci prende oggi per mano per farci giocare, per fare un
girotondo, per scrollarci di dosso l’apparente serietà dottrinaria, che ci fa essere
persone cupe, rigide, per entrare nel cammino dell’umanizzazione, che non è
fatta solo di ragione, ma anche di passione, sentimenti. Entrando in questo
gioco nel quale il Mistero della Trinità ci invita ad entrare, sarà più facile
cogliere i segni della sua presenza e, in questo modo, abbandonare le fantasie
religiose per lasciarci abbracciare dalla realtà di vita che Lui ci dona.