martedì 31 dicembre 2024

SGUARDO




Paolo Cugini


Ora voi avete ricevuto l'unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza (1 Gv 2,20).

 Il riferimento del versetto è al Battesimo e alla Cresima, che nella chiesa primitiva avvenivano nella stessa notte di Pasqua, dopo un percorso formativo che durava tre anni. L’unzione dello Spirito s’inseriva dunque, nella vita di una persona che aveva già fatto delle scelte, già orientato la propria vita in Cristo. Oltre a ciò, durante tre anni, il neofita aveva assimilato contenuti, fatto conoscenza del Vangelo e dei principali punti fondamentali della Chiesa. Come ci ricorda il Vangelo di Giovanni, “il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,28). Il cammino cristiano è fatto di conoscenza, prodotta dall’amore a Lui: più lo amiamo, più desideriamo conoscerlo. 

C’è, allora, un desiderio di conoscenza del Mistero che dovrebbe animare la nostra vita, un desiderio che ci porta a cercare, approfondire, a voler conoscere sempre di più il mistero che è venuto verso di noi donandoci vita, luce, giustizia e pace. In che modo Gesù ha vissuto la sua conoscenza del Mistero con noi? Mostrando ad ognuno di noi gli aspetti positivi della vita e, in questo modo ci ha trasmesso il valore della nostra vita, ci ha donato dignità. Più conosciamo il Mistero che si è manifestato nella persona di Gesù, più ci dirigiamo alle persone che incontriamo aiutandole a vedere il bene che c’è in loro, toccando, cioè, quelle corde umane che possono risvegliare la dignità della persona. 

Del resto, è proprio questo che Gesù ha fatto con i suoi discepoli e le sue discepole e continua a farlo con noi: non ha guardato ai loro e nostri peccati, ma ha mostrato ad ognuno e ognuna la possibilità di amore e giustizia che vedeva nelle loro anime e nelle nostre. Chi viene accolto da uno sguardo di amore e speranza inizia un cammino che non si fermerà mai. 


lunedì 30 dicembre 2024

IL MONDO PASSA

 




Paolo Cugini


Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo - la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita - non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno! (1 Gv 2,12s).

 Versetti che rivelano la profondità del cammino spirituale evangelico. È autentico quel cammino che non sente l’attrazione della proposta del mondo, non viene disturbato dalle sue sollecitazioni. La concupiscenza è la prevalenza della materia sullo spirito, che provoca la passione irresistibile. La proposta del mondo agisce sui sensi che, in un’anima protesa verso il Signore, ne coglie i benefici e rimane libera dalle sue pretese. Il mondo esige risposte immediate, mentre la vita spirituale apprende a orientarsi nel tempo. 

La dinamica del mondo è la fretta, quella dello spirito è la pazienza. Il mondo passa, lo spirito rimane. Allenare la propria vita interiore alla dimensione spirituale della vita, significa apprendere a non perdersi nelle dinamiche del mondo. Abitare nel mondo pur non essendo del mondo: è questa la dinamica della vita spirituale, che è la forza della persona che ha scoperto la vita interiore. Vivere nel mondo senza lasciarsi dominare da esso: è il proposito quotidiano di una persona che cerca il bene nella propria vita. 

Il mondo di cui parla Giovanni, non è il cosmo, ma è tutta quella realtà materiale, che non s’interessa della dimensione spirituale e che si alimenta con la schiavitù delle persone, Per questo, per poter ottenere ciò che vuole, vale a dire, il potere sulle persone, fa leva sugli istinti facendo pressione con l’apparenza, esigendo risposte immediate, che non prevedono la mediazione della ragione. Al contrario, la vita spirituale, che lavora sugli obiettivi proposti dal Vangelo, esige tempo, pazienza, riflessione, meditazione. In questa prospettiva risulta chiara l’opposizione mondo e spirito: sono due proposte diverse, che prospettano visioni antropologiche opposte. La persona che ha scoperto la vita interiore e la bellezza della vita spirituale, ha il compito di non vivere sui risultati raggiunti, ma d’impegnarsi ogni giorno a rivolgere il proprio sguardo verso ciò che dura nel tempo. Il contatto quotidiano con il Vangelo, la sua interiorizzazione e l’applicazione nella vita quotidiana di ciò che si medita, sono gli strumenti necessari per vivere in modo differente, per dare un sapore alla vita e puntare tutto su ciò che rimane per sempre.



martedì 24 dicembre 2024

NATALE: MESSA DELLA NOTTE

 




Paolo Cugini

Dipende sempre da dove vediamo le cose, con che occhiali le guardiamo, che punto di vista scegliamo. Così è anche per il presepio. Se infatti, lo guardiamo da dove siamo adesso, dal nostro presente, e scegliamo come punto di osservazione il nostro oggi, allora il presepio ci sembra una cosa del passato, anzi peggio, una fiaba per bambini che non ha nessunissima incidenza sulla vita reale e, spesso e volentieri, non dice più nulla alla vita concreta che viviamo tutti i giorni. E, infatti, i presepi che costruiamo e che visitiamo nelle chiese, sono esattamente la rappresentazione religiosa di come stiamo guardando il mondo, di come stiamo guardando quel mondo, quell’evento che è la nascita di Gesù: come un evento del passato, come una fiaba per bambini, come la narrazione di una storia che non ha più nulla da dire a noi.

Se invece cambiamo di prospettiva, se un giorno decidiamo di guardare quello stesso presepio, se decidiamo di osservare quell’evento da un’altra prospettiva, da quella giusta, e cioè dalla prospettiva di come è venuto fuori, di come è apparso nella storia, di come è stato pensato da Dio, di come è stato annunciato dai profeti sin dal quattordicesimo secolo, ci accorgeremo che c’è qualcosa che non va, che il presepio è tutto sbagliato, un vero e proprio obbrobrio. E infatti, ci possiamo tranquillamente chiedere: se Dio ha preparato l’ingresso del messia nella storia con tantissimo tempo d’anticipo, se lo ha profetizzato con secoli di anticipo, perché allora è entrato nella storia così male, in questo modo così brutto, come se nessuno lo aspettasse, come se fosse un intruso, come se nessuno lo sapesse? E’ davvero molto strano il presepio visto dalla parte della storia. Se Dio aveva iniziato a parlarne sin dai tempi della Genesi, sin dalla benedizione di Giacobbe e aveva continuato a parlarne al tempo di Davide e poi aveva mandato diversi profeti che avevano annunciato la venuta del messia, perché una volta che decise di venire, venne in quel modo veramente disastroso? Avrebbe avuto tutto il tempo a disposizione, anche perché se l’era preso per fare nascere il messia in una casa decente, in una città decente e potremmo aggiungere, da una famiglia decente. E invece no. Nasce a Betlemme, a 11 Km da Gerusalemme e una volta arrivato a Betlemme non c’è nemmeno una casa per accoglierlo al punto da dover nascere in una mangiatoia. Il messia sembra nato in fretta, di sorpresa, senza nessuna preparazione, mentre noi sappiamo benissimo che era stato preparato, che era stato annunziato per tempo, anzi, per molto tempo. Forse riusciamo a capirci qualcosa se poniamo attenzione ad un dettaglio, che è molto più che un dettaglio, ma una vera e propria sorpresa. E infatti, in tutte le profezie non era mai stato detto che a nascere, che a venire al mondo, che ad entrare nella storia non sarebbe stato semplicemente il messia, ma Lui stesso! Questa è la cosa sbalorditiva: Dio stesso si è fatto presente, e cioè quel bambino nato nella mangiatoia è Dio stesso. E’ sbalorditivo perché non l’aveva mai detto nessuno, non l'aveva mai profetizzato nessuno. Nelle tante profezie che leggiamo e abbiamo ascoltato nel tempo di avvento dove si annuncia la nascita di un messia, un salvatore, mai era stato detto e annunciato che questo messia sarebbe stato Lui stesso, Dio.

Si capisce allora, che se è Dio ad essere in quella culla, tutto ciò che lo circonda, il modo nel quale è venuto al mondo, non è casuale. E’ strano per come sono state preparate le cose e cioè in modo minuzioso, non è più strano il perché sia entrato in quel modo. E’ una vera e propria rivelazione. Se Lui è Dio, se Lui è la Vita, se Lui è il Significato di tutto allora il suo ingresso nella storia diventa, si trasforma in un giudizio implicito e impietoso di quella vita costruita indipendentemente da lui nella quale viviamo; la Sua presenza nella storia manifesta il vuoto nel quale l’umanità vive. E allora, il bambino Gesù con la sua presenza discreta si trasforma in un processo di smascheramento delle menzogne nella quale il mono è avvolto. La sua presenza inquieta tutti coloro che fanno della loro vita uno spazio di tranquillità, che hanno fatto della loro vita una terra di riposo, un anestetico contro ogni forma di dolore, di sofferenza, di tragedia. 

Se il bambino nella culla è Dio allora tutto ciò che realizza è il senso della storia. Se appena pone i suoi piedini nel mondo la sua vita è costellata di drammi, ciò significa che il dramma, la tragedia, sono elemento costitutivo della vita umana. E’ questa, forse, una delle primissime rivelazioni del Natale, anzi la più grande e profonda rivelazione della nascita dal salvatore. Gesù ci salva dalla vita artefatta e ci apre gli occhi sul senso autentico della vita che è tragica, drammatica, piena di problemi. Gesù rivela all’umanità che il senso della vita non è fuggire dalle tragedie, schivarle, nasconderle, mascherarle, ma assumerle, viverle, berle fino in fondo. Gesù è nato per bere il calice amarissimo della croce. Ha iniziato a prepararsi a questo dal primo vagito. Gesù a Natale c’insegna che l’uomo, la donna è colui, colei che apprende ad abitare il dramma, ad abitare la tragedia e non a fuggire.

C’è anche un insegnamento spirituale nel presepio, ed è questo. Sin dal primo passettino sulla terra, sin dalle prime mosse il bambino Gesù, il Dio fatto uomo, o meglio, bambino distrugge la religione degli uomini, la destruttura dal di dentro. Se, infatti, valgono le considerazioni fatti poco sopra, e cioè che Dio venendo al mondo mostra che il dramma, la tragedia fanno parte della condizione umana, allora Gesù, il Figlio di Dio, abitando la tragedia umana c’insegna che la vera religione, non insegna a fuggire ai problemi, ma a viverli, a portare il peso delle tragedie. Tutta quella religione, quelle preghiere, quelle devozioni, quelle candele, processioni e roba simile, fatte con l’esclusivo scopo di togliere i problemi, di risolvere i problemi, sono la negazione del Natale, vanno per la strada opposta di quella che Dio ha scelto e mostrato venendo al mondo. L’uomo e la donna religiosi, la vita religiosa che apprendiamo dal presepio è quella che c'insegna a vivere nel dramma, ad abitare la tragedia: è questo il vero miracolo. Solitamente si spaccia per miracolo quando avviene qualcosa che ci toglie il dolore, che ci toglie un peso, che ci risolve un problema. Il presepio c’insegna che il vero miracolo si trova esattamente dall’altra parte, dalla parte opposta, e cioè che il vero miracolo che Dio compie per l’uomo, il vero miracolo che Di fa alla donna, non è quello di risolvergli i problemi, di togliergli dei pesi, ma di aiutarlo a portarli con dignità, di portarli senza cercare fughe, sotterfugi, senza nascondersi. Questo è il Natale,il senso profondo del Natale, il messaggio autentico del Natale. Provarlo a vivere è il nostro compito.



venerdì 6 dicembre 2024

ABITARE LA CONTRADDIZIONE

 





Paolo Cugini


Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore,

i più poveri gioiranno nel Santo d'Israele.

Perché il tiranno non sarà più, sparirà l'arrogante,

saranno eliminati quanti tramano iniquità,

quanti con la parola rendono colpevoli gli altri,

quanti alla porta tendono tranelli al giudice

e rovinano il giusto per un nulla (Is 29,19s).

Tempo di avvento, tempo di speranza: speranza per cosa? Ce lo suggerisce il profeta Isaia, che esprime il desiderio dell’umanità afflitta, che anela ad un mondo di giustizia, in cui non ci saranno più tiranni che maltrattano i poveri. C’è sete di giustizia nei poveri, perché è dura passare la vita umiliati, maltrattati dagli arroganti di turno. I versetti di Isaia esprimono la conoscenza e l’esperienza di una malvagità che pensa il male, pensa inganni e come rovinare il giusto. È terribile quando nella nostra vita incontriamo persone così, senza scrupoli. Isaia ci ricorda che, nonostante tutto, c’è speranza, vale la pena aspettare e lottare per un mondo più giusto. È come se ci fosse un equilibrio spezzato, che lentamente si ricompone. 

Abitare il disequilibrio provocato dall’arroganza dell’uomo è il segno di una grande spiritualità. Abitare le contraddizioni, resistere nelle situazioni di ingiustizia, non permettere al male di attingere l’anima: è questo il senso di una vita che coltiva l’interiorità, che fa spazio alla luce dello Spirito. Infine, è proprio questo il senso profondo della spiritualità dell’avvento che incontriamo nei brani del profeta Isaia di questi giorni.