sabato 18 maggio 2024

CHE COSA TI ASPETTAVI?

 



Lc 7, 31-35: anche tu, Gesù sei rimasto sconvolto. Anche Tu ci sei rimasto male per aver incontrato l’uomo, l’umanità così distratta, senza voglia di niente, così immersa nell’egoismo. Pensavi che fosse differente, che fossero bastate due parole ben dette, alcuni gesti eclatanti per chiamare la loro attenzione. E invece ti sei trovato dinnanzi questo popolo chiuso, questa gente accecata dall’orgoglio, questa umanità senza vita, senza speranza, senza la volontà di camminare, di crescere.

La fede in Te, allora si manifesta con il desiderio di camminare, di cercare. Tu non sei nelle persone pigre, accomodate, arroganti. Per questo oggi Ti stupisci per quella mancanza di vita, di gioia, di ricerca che hai incontrato nella gente. Mi chiedo però, che cosa ti aspettavi? Pensavi, forse, che fosse facile risuscitare dei morti? È più facile resuscitare Lazzaro che un indifferente, uno che dalla vita non si aspetta più nulla e che per di più frequenta la Messa. Ci sono mille contraddizioni in questa umanità dispersa, in cui l’egoismo e l’orgoglio la fanno da padroni. Solamente un amore enorme come il tuo, può svegliare questo popolo avvelenato dall’egoismo. Solamente un amore che non indietreggia dinnanzi a nulla può distruggere le resistenze dell’ignoranza e dell’indifferenza. Solamente un amore così, può diventare quella luce che sconfigge le tenebre.

E allora se è stato così duro e difficile per Te, puoi comprendere che cosa significhi per me annunciarti. Tu mi insegni che per questo cammino non si può confidare con nessuno. Mi insegni che il lavoro da compiere, lo sforzo enorme da fare è mantenere pulita costantemente la propria anima, la propria coscienza, affinché lo Spirito Santo possa agire. Mi insegni che in questo cammino durissimo si può confidare solo con il Padre, che occorre tenere lo sguardo fisso su di Lui, che è questo sguardo che purifica la coscienza, la libera, la rende coraggiosa e piena di volontà. 

(dai diari)

DOMENICA XXVIII B

 






Mc 10, 17-30

 

Paolo Cugini

 

C’è un aspetto della proposta di Gesù, che in queste ultime domeniche viene posto in evidenza nei brani di Vangelo di Marco che ascoltiamo, ed è il modo d’interpretare la Bibbia. In questo senso Gesù esercita il suo ruolo di Maestro, perché non solo insegna contenuti che fanno riferimento al testo Sacro, ma indica il modo d’interpretarlo. Anche nel brano di oggi, infatti, Gesù propone in modo velato, una sua personale interpretazione della legge mosaica. Dinanzi alla richiesta del giovane ricco: “Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”, Gesù risponde proponendo i comandamenti dati da Mosè al popolo d’Israele. Il dato interessante è che nella proposta dei comandamenti, Gesù presenta solo quelli che hanno a che fare con la relazione con gli altri e ignorando i primi, che riguardano la relazione con Dio. Vengono in mente le parole dell’evangelista Giovanni quando nella prima lettera afferma: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4,20). Con questa proposta è come se Gesù indicasse al giovane ricco che il cammino della vita eterna passa attraverso la relazione con i fratelli e le sorelle, più che con la partecipazione a riti religiosi. Del resto, su questo punto Gesù riprende lo stile profetico quando, nel vangelo di Matteo, per ben tre volte ripete: “Voglio misericordia e non sacrifici” (Mt 9,13).

La vita eterna passa attraverso l’amore tra fratelli e sorelle e la condivisione con i più poveri: è questo il grande insegnamento di Gesù che vale ancora oggi. La dimensione relazionale e sociale della nostra esistenza, del nostro stile di vita manifesta e rende opaca la presenza di Cristo nella storia. Parole semplici e vere, ma che mettono in discussione il cammino di tante comunità cristiane che concentrano i loro interessi religiosi sull’efficienza delle celebrazioni, l’attenzioni alle regole cultuali, più che alla bontà delle relazioni nella comunità e l’attenzione ai poveri e agli esclusi. Dinanzi alla proposta di Gesù il giovane ricco “si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni (Mc 10, 22). È per questo motivo, per questa reazione negativa che, alcuni padri della Chiesa, tra i quali Origene, sostenevano che, in realtà, questo giovane ricco era un grande bugiardo. Come si fa, infatti, a dire di aver osservato i comandamenti e poi non condividere i beni con i più poveri? Che amore ai fratelli e le sorelle è quello che non passa dalle mere parole alla pratica? Come Gesù aveva dimostrato nella narrazione del capitolo 7 del Vangelo di Marco, c’è una proposta religiosa che non corrisponde alla volontà di Dio. Per questo motivo è importante seguire e capire come Gesù interpreta la Bibbia. Non tutto ciò che c’è nel testo Sacro è Parola di Dio. Anzi ci sono parole, affermazioni che allontanano il popolo dall’incontro con Dio, perché lo inducono al compimento di precetti religiosi dimenticando la responsabilità con i propri fratelli e sorelle. In questo cammino di vita nuova proposto da Gesù la ricchezza, l’acculo dei beni è un problema, anzi, un impedimento, perché chiude il cuore dell’uomo e della donna in un cieco egoismo, che non permette di vedere e sentire compassione per chi è nel bisogno.

La pagina del Vangelo di oggi offre una chiave di lettura profonda sul cammino di disuguaglianza prodotto dal modello economico neoliberale, adottato da decenni dal mondo Occidentale, un modello che aumenta ogni giorno il fossato tra pochi ricchi e moltitudini di poveri, fossato visibile non solo nei così detti paesi del Terzo Mondo, ma anche nelle nostre città occidentali. Seguire la proposta di Gesù, vivere il Vangelo significa la disponibilità a lasciarsi trasformare, a cambiare mentalità, per passare da una vita incentrata su se stessi ad una vita di condivisione donazione di sé.

 

 

XXVII DOMENICA TEMPO COMUNE B

 




Mc 10, 2-16

 

Paolo Cugini

 

Ci son argomenti nella Bibbia che si sono prestati e tutt’ora si prestano ad essere utilizzati e manipolati dai loschi giochi dalla cultura dominante. Questo vale quando la posta in gioco vede relazioni di potere e, si sa che il potere fa gola. La relazione uomo-donna ha sempre fatto fatica e anche oggi lo fa, ad imporsi sul piano della relazione di uguaglianza. La cultura patriarcale, presente in modo massiccio sin dalle prime pagine della Bibbia, ha modellato le tradizioni religiose e ha sempre fornito argomenti al mondo maschile per suffragare la propria pretesa di superiorità nei confronti del mondo femminile. Questi giochi di forza disuguali, che tanto male hanno fatto e continuano a fare a livello sociale, li troviamo presenti anche nel Nuovo Testamento. È interessante allora, a questo riguardo, capire che cosa Gesù ha detto a proposito del matrimonio, quell’istituzione che più di ogni altra è stata modellata dalla cultura patriarcale e che ha fornito fior di argomenti per mantenere la donna soggiogata al marito. Fiumi di inchiostro sono sgorgati da testi di padri della chiesa e da documenti ufficiali della Chiesa per giustificare la sottomissione della donna rispetto all’uomo, e il suo ruolo di custode della casa ed educatrice dei figli.

Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione (Mc 10, 5-6). Dinanzi alla provocazione dei farisei sul tema della liceità o meno di un uomo ripudiare la propria moglie, Gesù offre una stupenda lezione di ermeneutica biblica. In primo luogo, prende le distanze dalla legislazione mosaica, mostrandone i limiti e reiterando le affermazioni fatte dallo stesso Gesù qualche pagina anteriore, vale a dire il capitolo 7 sempre del Vangelo di Marco. Sempre, infatti, in un contesto polemico con i farisei, Gesù mostrava come spesso i capi religiosi avevano sostituito la Parola di Dio con le loro tradizioni umane (cfr. Mc 7, 8s), affermando in questo modo che non tutto quello che è scritto nella Bibbia e che è stato detto da Mosè può essere identificato con Parola di Dio. Gesù compie la stessa operazione interpretativa anche nel caso del testo di oggi a riguardo del matrimonio affermando che l’atto di ripudio emanato da Mosè e che si incontra nel libro del Deuteronomio non fu elaborato dalla volontà divina, ma dall’esigenza indicata da Mosè per rispondere alla durezza del cuore degli uomini. Ci sono cose che sono state scritte nella Bibbia a riguardo del matrimonio che sono state dettate dalle esigenze maschiliste della cultura patriarcale e per giustificare logiche di potere.

Proprio per questo motivo Gesù risponde alle obiezioni dei farisei utilizzando due versetti di Genesi di due tradizioni diverse. “Dio creò l’uomo a sua immagine a immagine di Dio li creò: maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). C’è in primo luogo un’affermazione che pone il dibattitto della relazione dell’uomo e la donna sul piano dell’uguaglianza. Interessante è la scelta di Gesù di non citare il versetto successivo, vale a dire il 28 e invece citare il versetto 24 del capitolo successivo. È una scelta rivelativa perché mostra che il cuore del matrimonio non è la fecondità (è il versetto 1,28 che Gesù non cita), ma l’unione dei due affinché divengano una sola carne (Gen 2,24). Il principio di uguaglianza dell’uomo e della donna è un invito a percorre il cammino della comunione, manifestando che il senso dell’amore che sfocia nel matrimonio è un progetto la vita che ha come obiettivo l’unità. Non è un caso che alcuni biblisti, teologi e teologhe (Forcades, Migliorini, Piana, Fumagalli) prendono come punto di riferimento il fine unitivo del matrimonio per aprire cammini di significato positivo nel dibattitto sulle unioni omosessuali.

Quando al centro delle nostre preoccupazioni di fede ci sono le persone prima dei precetti tutto diviene più semplice e il cammino più leggero.


mercoledì 1 maggio 2024

COME ANNUNCIARE IL VANGELO?

 




 

Paolo Cugini

 

Is 42, 1-7: esiste un modo, una modalità che è inconfondibile per annunciare il Regno di Dio e questa modalità la trovo non solo in Gesù Cristo, ma anche in tutti colore che prima di Lui lo hanno profetizzato con le parole e la vita. Ciò significa che il Regno di Dio non può essere annunciato in qualsiasi modo e da chiunque. Occorre essere preparati da Dio. Infatti, annuncia il Regno colui nel quale Dio pose lo Spirito. C’è una scelta da pare di Dio ed è una scelta misteriosa e per certi aspetti inquietanti. In altre parole non è l’uomo che decide di essere ministro per annunciare il Regno: è Dio che decide, perché è solo Lui che pone lo Spirito e lo pone su colui “nel quale si compiace la mia anima”. Non possiamo annunciare il Regno di Dio se prima non si coglie questa elezione di Dio, questa scelta che Lui ha fatto su qualcuno. Questo aspetto è fondamentale. Di fatto, se dipendesse dalla nostra volontà, l’annuncio del Regno di Dio dipenderebbe dalle qualità, dalla soggettività umana. E invece no: dipende da una scelta di Dio e di conseguenza da una risposta che ogni giorno deve essere rinnovata in un ascolto che deve diventare sempre più attento e profondo.

E poi c’è il modo dell’annuncio del Regno, che solamente chi è posseduto dallo Spirito di Dio può esprimere, solamente chi si lascia modellare da questo Spirito può vivere. Ed è il modo di Gesù, che andava di paese in paese, di strada in strada annunciando il Regno senza gridare, senza spezzare la canna incrinata o spegnere il lumicino. Che cosa significa questo? Che se c’è umanità la cui fede è in pericolo, chi possiede lo Spirito di Gesù si mette in cammino delicatamente perché quell’umanità non si spezzi, quell’anima non si perda, quella fede non si spenga. C’è un amore per l’altro, un’attenzione per l’altro che diventa fratello e sorella, un amore che non è nient’altro che il frutto dello Spirito Santo che riceviamo. Un amore che diventa delicatezza, attenzione all’umanità del fratello, alla sua storia, al suo cammino, un’attenzione che si trasforma in solidarietà, bontà, misericordia.

E poi colui che riceve lo Spirito di Dio e si lascia plasmare e guidare da questo Spirito non si disanima e non si lascia abbattere da alcun ostacolo. È la perseveranza; è il Segno che davvero nella nostra vita non sono le forze che contano, l’intelligenza, la volontà: è lo Spirito Santo di Dio. La perseveranza è, allora, il Segno più evidente di una fede plasmata dall’abbondanza e questa obbedienza il segno che il dialogo con Dio sta diventando maturo, autentico [dai diari-2002].