sabato 30 agosto 2025

HO AVUTO PAURA

 




Paolo Cugini

 

Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo” (Mt 25, 14s).

 

Il centro di tutta la parabola dei talenti è questo versetto. Non a caso la parabola è rivolta ai discepoli, a coloro che ascoltano la parola del Signore, lo conoscono, convivono con lui, condividono i pasti con lui. La conoscenza del Signore e della sua Parola non serve per essere archiviata, ma vissuta. Perché uno deve aver paura della parola ascoltata? Perché contiene una proposta che esige il cambiamento, la conversione, il deporre i propri progetti. La Parola è una semente di eternità, come ci ricorda l’apostolo Pietro che trasforma la morte in vita, il deserto in torrenti d’acqua. È possibile ascoltare questa Parola, partecipare al banchetto del Signore, ma con la paura nel cuore di stravolgere i propri piani. E allora si entra nel cammino di fede come se fosse una religione, in cui c’è posto per tutto: per me e per Dio.

C’è un principio di trasformazione vitale e radicale che è entrato dentro la storia con Gesù che si realizza nella vita di coloro che l’accolgono. Ci vuole il coraggio per fare spazio alla vita proposta da Gesù: solo così si riesce a scoprire la verità della proposta contenuta nella Parola.

È la paura di perdere sé stessi, i propri sogni e progetti, che non permette alla Parola ascoltata di entrare e produrre frutti.  

mercoledì 6 agosto 2025

OPPRESSI DAL SONNO

 




Paolo Cugini


Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui (lc 9,30). 

In quel sonno di Petro e i suoi compagni c’è molto di più di una stanchezza fisica. È, infatti, un sonno che dice di una incomprensione, una difficoltà a comprendere le scelte del Maestro, le sue parole, i suoi gesti. Gesù sta conducendo i suoi discepoli e le sue discepole all’interno della nuova realtà del Regno di Dio, i cui criteri si trovano agli antipodi dei criteri assimilati dai discepoli e discepole sin dall’infanzia. Anche la salita al monte è molto di più di una salita fisica: rivela, infatti, una salita contemplativa. Passare dal piano materiale al piano spirituale, non è facile, perché mette in moto dinamismi ai quali solitamente, nella vita quotidiana, non accediamo. Gesù chiama tre dei suoi discepoli e, attraverso questa salita al monte, vuole aiutarli a scoprire la dimensione interiore delle cose, della realtà, quella dimensione che permette di vedere il mondo con occhi diversi, gli occhi del cuore, gli occhi della vita interiore, in altre parole, gli occhi di Gesù. È un passaggio che crea confusione, stanchezza, difficoltà a mettere ben a fuoco quello che sta avvenendo. 

C’è dunque, un sonno che ci opprime tutte le volte che tentiamo di entrare dentro la nuova dimensione proposta nel Vangelo da Gesù. Per questo il Maestro esige dai suoi discepoli e discepole scelte radicali, che dicono di una rottura definitiva con il passato, con il modo di vedere ereditato dal mondo. Chi riesce a compiere queste scelte entra nella dimensione del Vangelo e abbandona i vecchi paradigmi. Paolo, nella lettera ai filippesi, esprime la fatica e, allo stesso tempo, la gioia di questo cammino dichiarando che considera il suo passato come spazzatura, 

Pietro, Giacomo e Giovanni saliti sul monte dietro al Maestro non hanno ancora compiuto questo salto radicale e, per questo, sono oppressi dal sonno: non ci stanno capendo nulla.