
Il termine alleanza in ebraico si dice berith,
e sta a significare esattamente “tra due”; alcuni la fanno derivare dalla
parola barah, che significa mangiare e anche decidere, impegnarsi. Questi
riferimenti ci fanno capire che l’Alleanza è qualcosa che avviene tra due
soggetti, che però ha attinenza anche con un pasto e con una decisione e un
impegno. Ma che cosa noi sappiamo della fattualità dell’alleanza nell’antichità
? Sicuramente che era un accordo tra due partner, che potevano essere molto
diversi (uomini, re, un re e un vassallo o anche un uomo e una donna). Ciò che
qualifica l’alleanza è l’accordo tra due parti, a prescindere dal fatto che
abbia una ricaduta nella vita personale (nozze) o nella vita sociale o a
livello politico: in ogni caso è berith, alleanza. Ciò che è importante
evidenziare è che l’alleanza è possibile solo dove c’è un contesto di fiducia,
di fede, da non intendere quest’ultima come fede in Dio, ma come
quell’atteggiamento inerente a ogni uomo, che in ogni persona è la spinta vitale,
che si ritrova anche negli animali. Dal momento in cui l’essere vivente (uomo o
animale) è proiettato nel vuoto, fuori dall’utero materno, quest’essere ha
forze sufficienti per vivere. Ciò è possibile perché il nascituro ha questo
sentimento di fiducia dentro di sé: è pur vero che questo sentimento di fiducia
è così mescolato alle fibre della vita che certamente muta molto a secondo
della vita che analizziamo. Un atteggiamento che nell’uomo evolve verso la
ragione e negli animali resta a livello di istinto. Se non ci fosse questa
fiducia non ci sarebbe la vita: se un bambino non avvertisse quando nasce
questo sentimento di fiducia, morirebbe. Ecco perché è importante che sin dalla
nascita il bambino possa aver fiducia in qualcuno a cominciare da chi l’ha messo
al mondo. La fiducia è qualcosa di molto importante, che permette la vita, la
relazione, l’alleanza; un processo questo che ho analizzato con più profondità
nel mio libro Fede e fiducia, ma è importante ricordare che le nostre storie
d’amore, di relazione sono storie che hanno bisogno di fiducia. Lo stesso
termine fidanzamento significa mettere fiducia nell’altro, un’espressione che
purtroppo oggi trova poca rispondenza negli atteggiamenti che sono alla base di
una relazione iniziale di coppia, motivata quasi sempre a livello verbale
dall’espressione “stiamo bene insieme”, con la precarietà che tale espressione
comporta. L’alleanza nasce quindi da un contesto di fiducia: se questa c’è, i
due partner possono entrare in relazione perché l’uno è per l’altro
“affidabile”. E’ evidente che le espressioni fiducia, fede, fedeltà, sono tutte
collegate all’alleanza.
Aspetto storico
documentale. Tutti i documenti del II e I millennio
a.c. del Medio Oriente richiamano spesso queste alleanze, che erano la maniera
attraverso cui gli uomini si umanizzavano (v. alleanze tra tribù per interessi
vari o per difendersi da un nemico più grande). Solo Israele però è arrivato a
pensare ad un’alleanza con Dio, circostanza che non si ritrova in nessuna delle
religioni contemporanee d’Israele. All’interno di quest’alleanza Israele ha
trovato un’origine, un momento di preparazione, una celebrazione ma ha dovuto
registrare la rottura dell’alleanza tramite l’infedeltà, ha dovuto pensare ad
un rinnovamento dell’alleanza fino a ipotizzare un’alleanza nuova. Ma in questo
tragitto che va da Abramo fino al Nuovo Testamento, c’è un mutamento grande,
che quasi svuota l’alleanza: voglio dire che s’è l’alleanza è bilaterale, se
contiene delle clausole per cui i due sono alleati e richiede la fedeltà ed è
l’alleanza che Dio ha fatto con Abramo, con Mosè, con Davide, arrivando al
Nuovo Testamento quest’alleanza è svuotata della sua bilateralità, diventa
un’alleanza unilaterale, già annunciata dal profeta Ezechiele: anche se uno dei
due partner viene meno nella fedeltà, l’alleanza resiste, continua, è
un’alleanza divenuta eterna, definitiva. Nel Nuovo Testamento anche se l’uomo
tradisce l’alleanza, Dio resta fedele: può sembrare inaudito ma è il cammino
che fa l’alleanza dall’Antico al Nuovo testamento. Dio attraverso il perdono
mantiene l’altro partner infedele all’interno di un’alleanza sempre valida. Un
altro degli errori che spesso si fa è quello di pensare che ci sono due
alleanze, in greco due testamenti, e quando Paolo arriva a parlare di un
Testamento antico, dopo che Gesù aveva parlato di nuova alleanza, di nuovo
testamento, noi cristiani abbiamo finito per dire, c’è l’antica alleanza,
quella stretta tra Dio e il suo popolo con Mosè, e c’è la nuova alleanza,
definitiva, quella fatta con Cristo, nella sua morte e resurrezione, per cui la
l’antica alleanza è passata. Per gli Ebrei l’antica alleanza resta ancora
efficace e la Chiesa non sostituisce Israele, non succede a Israele che resta
il popolo dell’alleanza e delle benedizioni, un’alleanza che Dio con loro non
ha mai revocato e la nuova alleanza cristiana è la pienezza, la
concretizzazione della prima, che resta ancora in vigore.
Perché molte alleanze? Da una lettura
attenta della Bibbia si evince che Dio ha fatto più volte alleanza con l’uomo.
Una prima alleanza è quella noatica, con Noè dopo il diluvio: 22Finché durerà
la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non
cesseranno». (Gen 8,22) 3Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno
dell'alleanza tra me e la terra. 14Quando ammasserò le nubi sulla terra e
apparirà l'arco sulle nubi, 15ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e
ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il
diluvio, per distruggere ogni carne. 16L'arco sarà sulle nubi, e io lo guarderò
per ricordare l'alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne
che è sulla terra». (Gen, 9,14) Quest’alleanza è con tutta l’umanità, anzi ha
una natura cosmica tant’è che il segno (l’arcobaleno) sta tra la terra e il
cielo, non è un segno impresso nella carne dell’uomo: un’alleanza che coinvolge
anche il cielo e la terra nel rinnovamento, con l’assicurazione che la terra
non sarà più distrutta e l’umanità non sarà più minacciata da Dio. In questa
descrizione dell’alleanza, non ci sono clausole evidenziate nel testo; secondo
i rabbini queste clausole sono nella seconda tavola della Legge data a Mosè (nella
prima l’iconografia ne raffigura tre nella seconda sette) e sono precetti dati
a tutti e riguardano la vita intra umana.
1 Il Signore disse ad
Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò. 2Farò di te una grande nazione e ti
benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione.
3Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in
te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». (Gen.12,1)
Abramo riceve da Dio
l’offerta dell’alleanza a condizione che sia credente in lui, un patto siglato
nel sangue tramite la circoncisione: se l’arcobaleno era il segno dell’alleanza
di Dio con la natura, quando stringe l’alleanza con Abramo, il padre degli
ebrei, allora il segno diventa la circoncisione di ogni figlio maschio, una
mutilazione incisa nella carne definitiva, irreversibile per cui l’ebreo nella
sua carne porta il segno di essere un alleato con Dio. C’è poi la terza
alleanza: nel libro dell’Esodo c’è stata la liberazione dall’Egitto
secondo la promessa fatta a Mosè al roveto ardente:
[12] Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per
te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo
dall’Egitto, servirete Dio su questo monte». Esodo 3,12. Nella seconda
apparizione al Capitolo 6: “7Vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro
Dio”
(Esodo 6,7)
Questa è già una formula
d’alleanza che riecheggia quella delle nozze, che conferma come l’alleanza sia
una forma molto umana semplice, che richiede questo possesso reciproco, questo
legame fortissimo. Dio mantiene la sua promessa liberando il popolo dall’Egitto
e quando quest’ultimo giunge alle falde del Sinai, giunge il momento
dell’alleanza o nozze, come dicono i rabbini. Nell’immaginario del popolo ebreo
Dio abitava sul monte Sinai e di là parlava e faceva sentire la sua voce,
dicendo queste parole: 4«Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto
e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me.
(L’aquila è l’unico degli uccelli che trasporta i piccoli sulle ali) 5Ora, se
darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una
proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! 6Voi
sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa». Queste parole dirai
agli Israeliti». ( Esodo 19,4) In queste parole, come messaggio c’è gia’ tutto,
anzi c’è più che quello che poi si capisce dalla celebrazione. Gli elementi
costitutivi di questa alleanza:
1) i due partner, l’uno
di fronte all’altro (io vi ho fatti venire fino a me)
2) l’ascolto (se voi
ascolterete la mia voce) ecco perchè Shemà Israel (ascolta Israele) diverrà la
preghiera principale per gli Israeliti, mentre noi in maniera errata
continuiamo a pensare che il rapporto con Dio si realizzi nel dire noi qualcosa
a lui ( anche nel Nuovo Testamento ritorna l’invito di Dio “Questo è mio Figlio
ascoltatelo!”); l’ascolto prima ancora delle 10 parole è il contenuto
dell’Alleanza, l’unica clausola dell’Alleanza, tenuto conto che in ebraico il
termine ascolto significa anche obbedienza.
3) la promessa (“sarete
per me una proprietà particolare (un tesoro) tra tutti i popoli”) . L’elezione
d’Israele non è però un privilegio (come spesso Israele ha inteso), ma comporta
responsabilità.
4) La caratteristica del
sacerdozio, secondo la corretta traduzione che non è “un regno di sacerdoti” ma
“voi sarete per me dei sacerdoti e una gente santa”. Subito dopo la promessa
c’è la grande celebrazione dell’alleanza: tre giorni di preparazione (digiuno e
astinenza sessuale), seguiti da una teofania (manifestazione di Dio, con
linguaggio immaginario, fuoco, fumo, nube). Però in Deuteronomio così l’autore
sacro commenta:
“11Voi vi avvicinaste e vi fermaste ai piedi
del monte; il monte ardeva, con il fuoco che si innalzava fino alla sommità del
cielo, fra tenebre, nuvole e oscurità.12Il Signore vi parlò dal fuoco; voi
udivate il suono delle parole ma non vedevate alcuna figura: vi era soltanto
una voce.”(Deut. 4,11)
Le immagini usata in
Esodo associano alla presenza di Dio immagini maturali che provocano timore,
spavento ma in realtà Dio si manifestava solo in una voce e quelle parole
suonarono come 10, il decalogo. Nell’antichità l’alleanza si celebrava con un
pasto, come accade ancora oggi nelle consuetudini popolari. Il rito prevedeva
che si prendesse un animale, lo si divideva a metà, e ciascuna parte veniva
mangiata dai due contraenti; il rito è descritto nella Bibbia riguardo
all’alleanza di Dio con Abramo. Quindi si passa nel linguaggio simbolico,
dall’arcobaleno, alla circoncisione e con Mosè al sacrificio: i vitelli vengono
uccisi, è costruito un altare, il sangue dei vitelli è raccolto in una grande
conca, Mosè intinge un aspersorio nel sangue e asperge il popolo e l’altare.
Ciò significa che lo stesso sangue è sull’altare in Dio e sul popolo e Mosè
dice “Questo è il segno dell’alleanza che oggi Dio conclude con voi”. La portata
di questo gesto è straordinaria: il sangue delle vittime su Dio e sul popolo,
un solo sangue, una sola vita, quasi a dire Dio e il suo popolo sono
consanguinei. Dopo il rito continua bruciando una parte della carne sull’altare
come porzione per Dio, mentre l’altra la mangia il popolo. L’alleanza viene
stretta con un sacrificio di comunione. La quarta alleanza, l’ultima: Questo
rito continua per 1200 anni e il sacrificio è sempre il segno dell’alleanza tra
Dio e il suo popolo, che andando al Tempio a compiere il sacrificio cerca di
rinnovare l’alleanza, cerca la comunione con Dio, con sacrifici aventi diversa
finalità ( di espiazione o di comunione).
Tutto l’antico testamento
vive di questa celebrazione dell’alleanza attraverso il sangue dei sacrifici, fino
alla venuta di Gesù Cristo che si pone come elemento di rottura rispetto a
questo modo di vivere l’alleanza. Nei vangeli non c’è traccia di
sacrifici offerti da Gesù al Tempio, anzi secondo il Vangelo di Giovanni Gesù
manda via dal Tempio quello che era disposto da sacrificare e fa cessare il
culto dei sacrifici, volendo far capire che non l’animale, ma ognuno di noi
deve essere la vittima offerta in sacrificio per gli altri attraverso gesti
d’amore. E proprio perché ciò fosse chiaro, la sera prima della passione Gesù
sostituisce quel rito d’alleanza di Mosè col nuovo rito di alleanza, istituendo
l’eucarestia. Finita la cena pasquale Gesù prende il pane, lo spezza, dice la
benedizione a Dio, lo dà e dice mangiate, questa è la mia vita, se voi mangiate
questo pane, mettete in voi la mia vita; e subito dopo, preso il calice del
vino, ripete le stese parole di Mosè, questo è il calice, questo è il sangue,
ma non dice più come Mose questo è il sangue dell’alleanza, ma questo è il
sangue della nuova alleanza, dove nuova in greco non significa nuova ma ultima
e definitiva. Il vino diventa il segno che la vita di Gesù è in noi e che la
nostra vita è in quella di Gesù. Questa è l’alleanza ultima e definitiva,
perché non c’è alleanza più forte, indelebile: è un qualcosa che non è soltanto
impresso nel nostro corpo, come la circoncisione, ma diventa la vita del nostro
corpo. Questo è lo scandalo e l’inaudito dell’eucarestia, che ancora oggi
abbiamo difficoltà a capire dopo duemila anni che la celebriamo. Andando a comunicarci,
dovremmo sempre essere consapevoli che vi andiamo come peccatori, che quel
calice non è per i giusti, non è un premio per i buoni, ma esprime la nostra
richiesta di perdono e la nostra volontà di rimanere nell’alleanza nonostante
le e nostre infedeltà e le nostre debolezze.