venerdì 5 aprile 2024

X DOMENICA TEMPO ORDINARIO/C

 




1Re 17, 17-24; Sale 130; Gal 1,11-19; Luca 7, 11-17

 

Paolo Cugini

 

Ascoltando le letture di oggi ci si rende conto che il tema centrale è la vita. Infatti, sia nella prima lettura che nel Vangelo, assistiamo al miracolo della risurrezione di qualcuno che era morto. Evidentemente, come sempre, la liturgia ci chiede di andare oltre il dato materiale che i testi offrono, per ricercare il senso nascosto, il senso profondo che solo lo Spirito può rivelarci. Possiamo allora chiederci: cosa possono rivelarci queste letture sul senso della vita? Siamo disponibili a mettere in discussione i nostri stili e le nostre vite? Il cammino di conversione, che è l'obiettivo dell'annuncio della Parola di Dio, ha bisogno di essere attivato da un'anima disposta all'ascolto, a mettersi in discussione, a dubitare delle proprie verità presunte. Solo così lo Spirito del Signore trova uno spiraglio per entrare e immettere il suo respiro, la sua forza vitale.

Quando giunse alla porta della città, videro qualcuno che trasportava un morto (Lc 7,12).

È un versetto dall’incredibile potere paradossale. Gesù è venuto nel mondo e cosa aveva da offrirgli il mondo? Un defunto. È un quadro estremamente drammatico e rivelatore, rivela cioè molto sul senso della venuta di Gesù nella storia. Gesù, durante tutta la sua vita, ha incontrato costantemente un’umanità morta, perché ciò che ha trovato era proprio quella, un’umanità immersa nell’oblio di Dio. Questa pagina, allora, ci arriva con una domanda devastante: come si manifesta la morte nella nostra vita? Che volto presenta la morte nella nostra esistenza? Se tutti hanno il peccato, come sostiene Paolo (cfr Rm 3), la morte è entrata nel mondo a causa del peccato, allora, in ogni caso, la morte agisce nella nostra esistenza. Quello che proponiamo non è pessimismo apocalittico, che guarda solo al lato negativo delle cose, ma è il modo della Bibbia di vedere la realtà. Se Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, questa identità rimane autentica anche quando la vita dell'uomo è orientata verso Dio; altrimenti, quando l’uomo si allontana da Dio, la sua vita non è più un riflesso dell’immagine di Dio, ma del suo egoismo, del suo orgoglio. Dio attraverso il suo Figlio Gesù entrando nel mondo si imbatte in un cadavere: chi è questo cadavere? Solo chi avrà l'umiltà di identificarsi con il cadavere potrà accogliere il soffio di vita che Cristo ha portato. Al contrario, saremo per sempre immersi nella nostra piccola meschina vita, che non sfugge alla chiusura narcisistica, che cerca solo di apparire e cerca questo perché dentro è vuota, morta.

Giovane, ti comando: alzati (Lc 7,14).

È abbastanza sintomatico che le due persone morte e resuscitate nelle due letture di oggi siano un bambino e un giovane: che cosa vuol dire? Forse la Parola di Dio vuole sottolineare il fatto spirituale, che sono le giovani generazioni a rischiare più degli adulti di abbandonare la strada di Dio. Un bambino è molto fragile, ha bisogno di molte cure affinché impari a camminare con sicurezza. La stessa riflessione si può fare per un adolescente e un giovane: quanto è difficile in questa delicata età seguire la strada che Dio indica! Quanto è difficile per un adolescente resistere ai tentacoli della morte che il mondo offre! Quanto è difficile in gioventù discernere il senso profondo della vita dalle illusioni che rovinano l'esistenza! Il problema a questo punto è: cosa fare? Cosa può fare una famiglia, una parrocchia, un cristiano per aiutare il mondo a trovare la vita vera e a rimanervi? Cosa possiamo fare noi che crediamo in Dio affinché i giovani possano incontrare il Signore della vita?

Quando Gesù la vide, ne sentì compassione e le disse: non piangere. Si avvicinò, toccò la bara e quelli che la trasportavano si fermarono. Allora Gesù disse… (Lc 7,14).

Il primo movimento che la Chiesa è chiamata a compiere, di fronte all’umanità immersa nella morte, è provare compassione. È un sentimento profondo, che nasce dalla partecipazione alla visione di Dio sull'umanità, partecipazione che possiamo solo ricevere. Non si tratta di organizzare, progettare, pianificare, ma di sentire, di compassione. È di un cuore compassionevole quello di cui la Chiesa ha bisogno per incontrare l’umanità sofferente. È questo sentimento profondo che produce i due movimenti successivi: avvicinarsi e toccare. L’inerzia di tante comunità e di tanti cristiani è un chiaro sintomo di mancanza di compassione. Chi prova compassione condivide il cuore di Gesù e si sente spinto ad agire, ad avvicinarsi. Questi due verbi menzionati nel testo evangelico, cioè, avvicinarsi e toccare, indicano il cammino che ogni cristiano deve percorrere ogni volta che incontra persone lontane da Dio. È necessario sospendere ogni giudizio negativo e fare di tutto per avvicinarsi e toccare, cioè per formare legami personali. Solo così è possibile pronunciare la Parola di vita. È importante, infatti, sottolineare che Gesù, prima di parlare, si avvicina e tocca il morto. Ciò significa molte cose. Innanzitutto, l'annuncio della Parola ha bisogno delle relazioni umane, infatti la stessa relazione spesso precede e spiega in anticipo il significato della Parola. In secondo luogo, non possiamo fare della Parola un talismano, come se bastasse pronunciarla per avere effetto. Gesù è la Parola di Dio incarnata e questo significa che la Parola di Dio è entrata nella storia, ha assunto la nostra condizione umana e necessita di un tuffo nell'umanità per essere annunciata. La vita cristiana dovrebbe, quindi, aiutarci a diventare più umani, più sensibili alle sofferenze di questo mondo e ad annunciare la Parola come annuncio misericordioso di amore.

Tutto questo è chiaramente visibile nella vita di Paolo. Nella seconda lettura di oggi ascoltiamo il grande cambiamento di vita avvenuto a Paolo dopo l'incontro con il Signore. Una vita che ha prodotto altra vita, avvicinandosi e toccando l'umanità per annunciare a tutti la Buona Novella. Così anche noi, che siamo qui attorno a questa tavola perché il Signore ci tocchi con il suo Corpo, possiamo diventare annunciatori della vita in questo mondo. Sta a noi trasformare questa Eucaristia in un nuovo stile di vita che coinvolga tutti e tutti quelli che incontriamo durante la settimana.

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