Paolo Cugini
- Non potete servire Dio e
la ricchezza
- Perciò io vi dico: non
preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il
vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e
il corpo più del vestito?
- Di tutte queste cose
vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete
bisogno.
- Cercate invece,
anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno
date in aggiunta.
- Non preoccupatevi dunque
del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno
basta la sua pena». (cfr. Mt 6, 24-34).
È impossibile ascoltare queste parole e non sentire un
brivido dentro di sé. È il brivido della verità, che entra nella nostra coscienza
e la scuote, e le mostra i cammini errati nei quali si è persa. Parole come
poesia, la poesia del Vangelo che viene al nostro incontro e ci risvegli dal
torpore della nostra vita materiale, sotterrata dalle nostre scelte istintive,
travolta da ciò che non avremmo mai voluto fare, ma che invece facciamo.
Matteo 6 viene al nostro incontro come un soffio di vita,
delicato, ma allo stesso tempo deciso, provocatorio, ma vero. Ne percepiamo la
forza perché quello che Gesù ci dice ci coglie nei nostri gesti quotidiani,
nelle nostre scelte, in altre parole nella nostra realtà. E allora, siamo
costretti ad ascoltarlo, a confrontarci con la sua proposta.
Cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia. Si parte da qui. È il discorso delle priorità. È questo il
problema. Se vuoi metterci dentro tutto nella tua vita non ci sta. C’è sempre
qualcosa che rimane fuori. E quando la tua vita non è stata pensata, non è
frutto di verifiche, la prima cosa che rimane fuori – puoi starne certo – è
Dio. Se non c’è stato il tempo in cui hai deciso che il Regno di Dio era prima
di tutto, che veniva prima di tutto, puoi starne certo, amico mio, che è
proprio lui il primo a finire fuori dalla tua vita. È difficile, infatti,
sistemare la vita quando è in corsa. È difficile non lasciarsi travolgere dalle
cose da fare, dalla violenza comunicativa dei mezzi di comunicazione, dalla
quantità delle cose, se prima non si è deciso che quello che conta nella
propria vita è l’essere e non l’avere, la qualità e non la quantità. Se non
siamo noi ad anticipare gli eventi con lo stile che decidiamo d’imprimere,
saremo noi ad essere travolti dalla storia, al punto da non capire più che
cos’è essenziale e cosa non lo è. Per
vincere la pressione che il mondo con le sue seducenti proposte esercita su di
noi, è necessario un passo previo verso la nostra anima, è necessario
conoscersi, sono necessarie giornate di riflessione sul senso della vita, su
ciò che desideriamo essere, sulla direzione che vogliamo imprimere alla nostra
esistenza. Se intendiamo essere persone generative di qualità, di significati,
dobbiamo poter abitare il significato, dobbiamo aver scelto la direzione della
nostra vita. Ancora. Se non abbiamo posto dei punti di riferimento qualitativi,
la nostra libertà sarà pregiudicata dalla quantità che ci sommerge. Se non
vogliamo traballare, se non volgiamo essere persone indecise e trasmettere,
così, la nostra indecisione, dobbiamo aver deciso verso dove dirigere la nostra
esistenza.
Il problema, allora, è capire che cosa significano le parole
di Gesù, che cosa intende con il Regno di Dio e la sua giustizia.
Che cos’è il Regno di Dio? È quello spazio in cui è Dio stesso a regnare. È quel pezzo
di umanità in cui è Dio che domina la scena. Questo Regno di Dio è ben visibile
nella vita di Gesù: tutta la sua umanità è guidata dal Padre. Gesù vive la sua
vita come una relazione d’amore costante e quotidiana con il Padre. E allora è
chiaro che è Lui il Regno di Dio, è Lui che dobbiamo cercare e imitare.
Che cos’è, poi, la sua giustizia? È la giustizia di Gesù, che è il contrario della giustizia
degli uomini. Se infatti, la giustizia degli uomini è meritocratica, allora
quella di Gesù è gratuita, nel senso che tutti ne hanno accesso. Siamo giusti
quando accogliamo la pace che viene da Dio nel suo Figlio Gesù e viviamo di
conseguenza. Siamo giusti quando cerchiamo nella nostra esistenza di fare
unicamente la volontà del Padre e la cerchiamo con tutte le nostre forze,
proprio come ha fatto Gesù.
C’è un’altra intuizione che è centrale nel discorso di Gesù,
ed è la sua concezione del tempo, la sua idea del rapporto tra passato,
presente e futuro.
Non preoccupatevi dunque
del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno
basta la sua pena.
È nel presente della nostra vita che incontriamo il Signore.
È la mentalità del mondo che ci fa spostare la nostra attenzione in avanti,
spostandoci dal punto di passaggio del Signore, distraendoci, così, per non
permetterci di vederlo e d’incontrarlo. Vivere pianificando il futuro significa
non aver fede nel Signore e nella sua provvidenza. Vivere nel presente
significa vivere con i piedi per terra, significa vivere nella realtà e
affrontare ciò che le situazioni mi pongono dinanzi. Solo la vita reale
costruita con il Signore ci permette di sciogliere le illusioni che si formano
nella nostra mente per distoglierci dal presente della nostra vita.
Le parole di Gesù sono un chiaro invito a mettere tutte le
nostre forze per vivere a pieni polmoni il presente, fuggendo dalle facili e
deleterie visioni nostalgiche sul nostro passato, ma anche evitando quelle
fughe eccessive in avanti, sintomo di un presente che non ci soddisfa appieno.
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