domenica 12 febbraio 2017

GESÙ, IL COMPIMENTO DELLA PAROLA


Paolo Cugini

Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà (Sir 15,16-21.

È l’esperienza di chi ha fatto della propria vita una ricerca della volontà di Dio che, vedendo i frutti di questo cammino, lo può comunicare agli altri con fiducia. È questo il messaggio che ci arriva oggi dal libro del Siracide, che fa da introduzione alla lunga pagine del Vangelo. È un messaggio importante perché è un duplice appello alla nostra volontà e alla nostra libertà. Essere liberi significa volere liberare il campo della nostra vita da ciò che oscura la volontà di Dio. È un impegno e, allo steso tempo, l’indicazione di possibilità di una vita differente, di una vita autentica. Ascoltiamo alcuni passaggi del Vangelo.

Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento (Mt 5,17).
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Che cosa vuole dire che Gesù è venuto a dare pieno compimento? Mentre leggo questo brano così forte e radicale mi viene in mente l’episodio di Gesù dodicenne a Gerusalemme a discutere con i saggi d’Israele. Penso alla sua delusione ascoltando ai giri di parole di questi saggi, o presunti tali, per tentare di giustificare i motivi della scarsa presa della Parola sulla vita della gente. Perché una Parola così chiara, non riusciva a formare una società nuova, modellata sull’amore e la giustizia? Un ragazzo come Lui, ascoltando, leggendo i testi della Legge, i testi dei profeti, si era accorto che c’era qualcosa che toccava, che c’era qualcosa che non funzionava. Gesù si era accorto che tra le parole ascoltate nella sinagoga e la pratica di coloro che le pronunciavano, che avrebbero dovuto esprimere con la loro vita, c’era troppo distanza, c’era un abisso. Gesù, giovane ragazzo della Galilea, aveva capito che c’era qualcosa che toccava, che puzzava d’inganno. E allora, tra le due cose, una: o la Parola di Dio era sbagliata, oppure erano sbagliati gli uomini che le pronunciavano, ma non le vivevano. È stata l’attenzione a questi due estremi, la teoria e la pratica, le parole e la vita, che hanno condotto Gesù, questo ragazzo della Galilea, così diverso dagli altri, così profondo, così intelligente -dove l’intelligenza in lui si capisce che non è un voto a scuola, che non è una qualità innata, ma una pratica, un’attenzione che si risolve in un gesto concreto- a mettere in discussione il modo di spiegare la Legge degli scribi d’Israele.  Che cosa Gesù avesse capito di questa sproporzione tra teoria e pratica, di questa incoerenza, lo dice in vari testi che troviamo nei vangeli. Ne viene in mente uno, soprattutto, quel passaggio nel quale Gesù critica i farisei perché hanno annullato la Parola con le tradizioni umane (Cfr. Mc 7). È questo che è avvenuto: un annullamento. È stata questa l’operazione messa in atto da coloro che avrebbero dovuto mostrare all’umanità il senso autentico della Parola, che è una strada, un cammino, un modo di vivere e no una prigione. E allora Gesù, trascorrendo giorni e notti in solitudine nella sua adolescenza, nella sua giovinezza a leggere e a meditare quelle parole, leggendo e rileggendo le pagine dei profeti, ad un certo punto percepisce che il problema non era nella Parola, ma nell’uomo, nel suo cuore malato. E così un giorno, decise che avrebbe mostrato all’umanità il senso di quelle Parole, di quel cammino, di quel modo di essere nel mondo. Lo mostrò con la sua vita, le sue scelte, il suo modo di essere.

Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (ivi).
L’uomo è giusto quando sta al suo posto, quando vive la propria vocazione, quando in definitiva vive fino in fondo una vita alla presenza di Dio. In questo cammino i cristiani devono superare la giustizia dei farisei, perché la loro giustizia era più apparente che reale. Era per così dire una giustizia di facciata, non nasceva, cioè, dal desiderio di fare la volontà del Padre, ma dal piegare la volontà del Padre ai propri desideri. Una giustizia ingiusta, dunque, una giustizia fatta di sotterfugi, per coprire le proprie incoerenze. In questa giustizia, la religione serve come paravento sociale, per nascondere la verità della propria esistenza che, lungi dall’essere una ricerca di Dio, non è altro che una soddisfazione dei propri egoismi. Ecco perché Gesù indica come condizione necessari il superamento di un modo di vivere il rapporto con Dio falsato dall’egoismo umano, che produce solamente ipocrisia. La bontà della Parola del Padre sta nella possibilità di realizzare una vita autentica. Affinché ciò avvenga, La Parola di Dio ha bisogno di trovare spazio nel cuore dell’uomo, nell’anima della donna.

Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna (ivi).


È per questo che Gesù chiede a coloro che desiderano seguirlo nella via della giustizia, nel cammino di ricerca di una vita autentica per fuggire il pericolo di una vita vuota, un gesto radicale. Se vogliamo che nella nostra vita germogli l’amore, dobbiamo con tutte le forze estirpare l’odio dalle nostre scelte. Se desideriamo percorrere il cammino del bene, non abbiamo altro scelta che togliere il male della nostra vita. Dio ci offre una possibilità di vita autentica, ci offre la possibilità di uscire dai cammini falsi che il mondo presenta: sta a noi fare tesoro di questo cammino, per vivere con pienezza.

3 commenti:

  1. Não é fácil libertar-se de si mesmo!
    Penso que seja um caminho, diário, qual diamante a ser lapidado.
    O Espírito que tudo perscruta vai nos moldando, mas esse processo exige reconhecer todos os dias, a todo momento que nenhum ídolo, nenhum deus há além DEle: abnegação das suas vontades, quer tarefa mais difícil(?), deixar de fazer aquilo que se pretende, livremente, por amor!
    Esse é o caminho autêntico da liberdade do homem que entende a sua capacidade de escolha nas mãos de Deus, como compromisso, porque de fato somos dEle.
    Somente quem fez essa descoberta profunda e pessoal começa a libertar-se, aceitar percorrer um caminho para começar a assumir a face do próprio Deus.
    A escolha do Eclesiástico: ao ler vejo uma escolha entre o eu, egocêntrico, e Deus. Quando faço o que quero é a mim mesma que sirvo, sou eu mesma o deus que sirvo.
    Já dizia o salmista "não sermos qual animais sem razão que precisam de freio e cabresto para amansar seus impulsos".
    Que nessas semanas em que estamos na montanha, no coração do Evangelista São Mateus, o Senhor nos ajude a fazer essa experiência de libertação DIÁRIA, de escolha autêntica DELE como objetivo das nossas vidas.
    Abraço fraterno: Sara.

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    1. Meu Pai do Céu, quem è esta menina tao ilumnada? Muito obrigado Sara pela linda e profunda partilha. Que Deus te abençoe. Pe Paolo

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