Paolo Cugini
Non è facile ascoltare questo brano e cogliere
quello che vuole dire, visto che è stato brutalmente deturpato da secoli di
predicazione faziosa, di predicazione clericale che si è indebitamente impossessato
di questo testo attribuendogli significati che non sono suoi. Come se la
chiamata riguardasse solamente i preti e le suore, come se la vocazione
appartenesse solamente a coloro che entrano in seminario. Questa lettura
distorta dei brani che narrano la chiamata di Gesù nei primi discepoli rivela l’idea
di Chiesa che c’è sotto, vale a dire la chiesa che s’identifica con la
gerarchia, con il clero, in una parola la Chiesa clericale. Ascoltare questo
brano senza cadere nelle trappole dello spiritualismo vuoto, necessita di uno sforzo
di studio e di attenzione. Proviamoci.
Quando Gesù
seppe che Giovanni era stato arrestato, si
ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao , sulla
riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò
che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di
Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!(Mt 4,12)
perché è così importante questa indicazione
geografica per la storia della salvezza? È da dove viviamo che si formano le
nostre idee, la nostra concezione del mondo. Una cosa è guardare il mondo da un
castello. Tutta un’altra visone la si ha se si vive in una casetta povera o in
una grotta, nell’indigenza. La realtà precede l’idea. Questo pensiero che il
papa Francesco ha espresso nella Evangeli Gaudium offre una chiave di lettura
della scelta che sta dietro al fatto che Dio ha deciso di trascorrere i primi
trent’anni della vita in Galilea. E allora che posto è questo? Nazareth era
talmente un non-luogo che anticamente non si trovava nella lista dei villaggi
di Zabulon Ebbene, la cosa misteriosa e, allo stesso tempo straordinaria, è che
Gesù ha trascorso i suoi primi trent’anni proprio in questo non-luogo, in questa
terra dimenticata e ricolma d’ingiustizie. La
Galilea ai tempi di Gesù era una terra estremamente feconda e, allo stesso
tempo e paradossalmente pieni di poveri. Infatti tutto quel ben di Dio era nelle
mani di pochi latifondisti. Tranne qualche piccolo proprietario terriero la
maggior parte della popolazione andava a lavorare a giornata o era mendicante.
Nelle parole di Gesù sentiremo i frutti di questa esperienza dura che lui
stesso visse e vide di persona. E poi c’era la pressione fiscale sia dei romani
che dei politici locali e, soprattutto del tempio, Anche i piccoli agricoltori
soffocati da questa pesante pressione erano costretti a vendere i loro terreni
e rimanere così schiacciati dalla morsa dei debiti. Gesù ha respirato a pieni
polmoni quest’aria piena d’ingiustizie e oppressione e ne ha fatto tesoro,
desiderando ricostruire il mondo di giustizia del Padre
Da allora
Gesù cominciò a predicare e a dire:
«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino»
Che cos’è il Regno dei cieli? È Gesù stesso.
Nell’umanità di Gesù non è la terra che conta, ma il cielo. Gesù ha trascorso
la sua adolescenza e la sua giovinezza in ascolto della realtà circostante e
verificandola alla luce della Parola di Dio e del suo rapporto con il Padre. Il
regno dei cieli è il progetto di amore del Padre, quello che è stato creato
all’origine del mondo, che l’umanità ha deturpato a causa dell’egoismo e che
Gesù ha ricostruito lasciandosi guidare dall’amore del Padre. In Gesù non c’è
un atomo di terra, ma tutto è cielo. Ecco perché la prima predicazione è un
invito alla conversione, al cambiamento, che consiste nel fare spazio al cielo
nella nostra vita.
Mentre
camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro,
e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.
E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito
lasciarono le reti e lo seguirono.
Che cos’è un pescatore nella terra di Zabulon
se non un poveraccio? Gesù chiama una coppia di fratelli pescatori, che senza
dubbio ne sapevano qualcosa della vita, della vita segnata dall’ingiustizia.
Certamente non poteva chiamare i figli di Eroe, o i figli dei nobili della
Galilea, i figli di coloro che erano la causa del disastro sociale d’Israele.
Solo chi ha nella carne i segni dell’ingiustizia sente il desiderio della
giustizia. Gesù questo lo sapeva bene e per questo chiama questa coppia di
poveri pescatori per aiutarli a ricostruire il mondo così come l’aveva pensato
Dio all’inizio.
Ho molto apprezzato l'omelia di oggi, grazie don Paolo!
RispondiEliminaMaria Luisa
di niente
RispondiEliminaEu também gostei muito da homilia de hoje. Mais do que uma ajuda para a reflexão é uma boa provocação para discernirmos o nosso papel na realização do Reino.
Eliminamuito obrigado!
Eliminailluminante, grazie!
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